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domenica 16 novembre 2014

Febbre (dall'alba al tramonto)

Domenica mattina, sono a casa da sola; sono un po' triste, un po' arrabbiata, un po' demoralizzata, un po' fusa, forse. E direi in parti uguali. Ho la febbre, ho la tosse e la voce mi ha salutato da almeno un paio di giorni, nonostante mi sia scolata un intero vasetto di miele che mi ha fatto sentire tanto Mamma Orsa.
Niente sta andando come pensavo andasse, a parte la settimana lavorativa, ovviamente, quella sì, eccome. Siamo stati bloccati per tre giorni, bloccati da questa fastidiosa migrazione di dati che si è comportata esattamente come sapevo avrebbe fatto: scartando nomi, numeri di telefono, anagrafiche, un bel minestrone (o spezzatino, per chi gradisce il proteico) di ciò che erano i nostri spettacolari archivi informatici. Lunedì ho aperto il computer e poi ho chiuso gli occhi, tanto già immaginavamo. Con i pacchettini delle Condizioni contrattuali delle nuove Polizze che devo/posso vendere ora (così, da un giorno all'altro, azzerato d'un colpo tutto lo scibile precedente) ancora chiusi nei loro scatoloni, tanto è inutile studiarli finchè non sai come far funzionare questi programmi del cavolo. Ci sarà tanto, tantissimo, da fare e da lavorare, ed è frustrante per chi fa il mio lavoro rispondere a chi ti chiede un preventivo "si accomodi, ma mi raccomando tenga conto che dovrà farci compagnia per i prossimi quaranta minuti" (variante pietosa, solo ed esclusivamente per la R.C. Auto) oppure "mi dispiace, non sarò in grado di darle una risposta per i prossimi sette-otto giorni" (variante onesta, per qualunque altra tipologia di Polizza). Figuriamoci, in questi tempi da tutto-e-subito. Uno ringrazia, esce, e si dirige subito dall'assicuratore della porta a fianco sbellicandosi dalle risate, alla faccia nostra, del nostro cazzutissimo Direttore Generale, e del suo mantra "vi abbiamo comprato noi e quindi fate quello che vogliamo noi". Insomma, ho cominciato a vedere una flebile luce in fondo al tunnel (un tunnel che si preannuncia molto, molto lungo, diciamo almeno quattro mesi per rientrare a regime completamente in quanto a professionalità, serietà e conoscenza della materia) più o meno verso giovedì pomeriggio, ma a quel punto la febbre aveva già ampiamente sforato i 38: capita, quando sei sotto pressione dodici ore filate con in pancia solo un panino, ogni giorno, per un'intera settimana. E non ti puoi lasciar andare neanche per mezzo minuto, perchè altrimenti le impiegate si demoralizzano più di te. Grosso rischio per l'impresa, l'impiegato demoralizzato.
Morale: aspettavo questo weekend da un pezzo, e sono bloccata qua a casa con un nervoso addosso da far paura. Da sola, per giunta, perchè non potevo pretendere che il mio ormai famoso "inseparabile scudiero" rimanesse a fissarmi nel mio mutismo. 
Nell'ordine: ieri, niente serata Orler, questo imponente omaggio a "The Responsive Eye" che rappresentava, per me (che non sono propriamente un'amante dell'arte programmata, nonostante la mia  cospicua serie di vestitini e camicette optical), al di là dell'esposizione, l'occasione di rivedere e salutare tanti amici da tutta Italia, e magari conoscere qualche nuovo volto, di quelli di cui conosci solo il nome o la penna, sparsi per i Forum o i Blog su e giù per lo Stivale. 
Questa mattina, niente ArtePadova, la "mia" Fiera, quella in cui gioco in casa perchè ci vado con tutta la comitiva di aficionados, che mi hanno riferito essere anche quest'anno giocosa, effervescente, nel suo piccolo sempre calamita per buongustai locali. Di certo il mega-collezionista che timbra il cartellino a Basilea ride di tenerezza davanti alle mie esternazioni, ma io faccio parte di un mondo diverso, preferisco ancora scambiare due occhiate d'intesa con chi si emoziona davanti alle fiabe innevate di Tino Stefanoni. E a giudicare dal numero di fiabe esposte, mi sa che qui siamo in molti, noi provincialotti emotivi. 
Se per domani non guarisco mi va per traverso lo sciroppo, giuro; spero che tutte queste rinunce servano a qualcosa. Anche non aver visto dal vivo lo Stand di Arte San Lorenzo, dove speravo di beccare Annamaria Brizzi, per poterla finalmente conoscere di persona, e invece niente.
Last but not least, niente stretta di mano a Dario Olivi, visto che una capatina pre-ArtePadova era irrinunciabile, e già avevo l'acquolina in bocca al solo pensiero di un'intera parete da nove metri con una sorta di antologica (per forme, colori e significati) di quel meraviglioso artista qual è Cesare Berlingeri.
Questa a dire il vero è stata solo una mezza rinuncia, perchè mi sono guardata tutto lo Speciale dal divano, anche se non è propriamente la stessa cosa. E poi, tutto sommato, son qua che scrivo, quando non più di due settimane fa avevo sbandierato che mi sarei dovuta prendere una pausa, prima cioè che l'influenza mi regalasse tutto questo bel tempo gratis, un intero weekend di dolce-far-niente inaspettato. Sta a vedere che se aspetto un altro pochino finisce che la devo pure ringraziare. 
Visto che in effetti la testa mi gira più del previsto, cercherò di essere breve e di fissarmi un concetto, uno solo, di tutto ciò che mi è passato per la mente durante le tre ore di Dario. 
E sì che ho pensato parecchio, a bocca chiusa. 
Pensato a Cesare Berlingeri, che avevo incontrato personalmente tre anni e mezzo fa, e a quanto mi aveva colpito come persona per la sua cultura e la sua profonda sensibilità - tipiche, queste, di molti artisti che nel tempo ho conosciuto - unite però ad una incredibile umiltà, cosa, invece, non molto comune tra coloro che vivono d'arte. Artisti e addetti ai lavori. La maggior parte degli artisti con cui, negli anni, sono venuta a contatto tende a sentirsi uno o più gradini sopra gli altri, siano questi "altri" i loro colleghi (tutti, indifferentemente! E' raro sentire un pittore dire di un suo contemporaneo vivente: "Quello si merita tutto il successo che ha, perchè è davvero un genio"), piuttosto che la gente comune. Si sentono diversi, si sentono "speciali", e per molti aspetti è vero e sacrosanto (il talento eleva dalla massa, è indubbio), ma se sei un talentuoso pittore con l'intelligenza di un tubero, e non vedi al di là del tuo naso, non puoi venire a fare il gradasso con me, che sono e resto più sveglia di te nonostante sia una frana con i colori e le tele. Anzi, manco ci provo, conosco i miei limiti, come tu dovresti conoscere i tuoi. 
Ho colloquiato con Cesare Berlingeri in tre diverse occasioni da allora, e tutte e tre le volte mi ha fatto la stessa impressione: un uomo piccino nell'aspetto, con dentro l'immensità. E poi ama raccontarsi, ama condividere, ama metterti a parte del suo percorso, che per un collezionista è una delle emozioni più belle, visto che quando ti appendi in casa un'opera non appendi solo un pezzo di pittura, ma anche un pezzo di pittore. La sua vita, le sue parole, i suoi gesti. Tanta gestualità nei lavori di Berlingeri, gestualità forte, difficile, una pittura che si fa quasi scultura in quel lavorare a tutto tondo, in tre dimensioni, quando la tela dipinta è solo un primo passo verso l'opera finita, perchè poi deve accartocciarsi, ripiegarsi su se stessa ancora e ancora, per celare al suo interno (e per far ciò a volte è necessario schiacciarla, montarle sopra, con fatica) un messaggio arcano, antico quanto il mondo, il segreto stesso dell'anima del pittore.
Per chi - mosso a pietà dal mio stato influenzale - volesse fare una piccola pausa rileggendo uno dei miei vecchi post su Cesare Berlingeri metto qui il link, perchè anche se sono passati un paio d'anni i miei ricordi sono talmente vividi che potrei riscrivere tutto parola per parola: 
Ma torniamo ad oggi, e alla parete di nove metri di Dario. O meglio, di Giuseppe Orler, perchè ho appreso in diretta averla voluta lui, fortemente. Il colpo d'occhio non era come mi aspettavo, perchè era TROPPA ROBA. Quando siamo ad un livello concettuale così alto, in cui ogni sfumatura di colore ha il suo significato, ogni minima forma (dalla piega al cartoccio) ha uno specifico perchè, riempire un enorme muro con quaranta lavori tutti uno diverso dall'altro può far l'effetto contrario: è come un'indigestione. Bum, un colpo allo stomaco. Stramazzi, sei stordito, annaspi. Vorresti soffermarti su tutto, e conseguentemente non ti godi bene niente. Sei come il bambino nella pasticceria, o la signora alle svendite delle griffe: hai solo due occhi e due mani, e non bastano. 
Allora (sarà stata la febbre) ho fatto due passi indietro, cercando ancora una volta l'aiuto in quel concetto di "condivisione", in quell'idea di "emozione comune" che per me sta alla base di tutto, e l'ho trovato; come sempre, l'arte non mi tradisce, mai. 
E' stato un lampo improvviso, guardando quel muro bianco con appesa la vita di Berlingeri, come un rotolo sacro srotolato da sinistra (la piegatura gialla e luminosa dell'alba) a destra (la blu, della notte più cupa e vellutata), vedendo il mini-catalogo nelle mani di Dario stampato in occasione di questa grande, unica installazione. Ascoltando i filmati, con le parole di un Cesare quanto mai semplice e diretto che racconta la sua ispirazione tratta direttamente dalla natura (quale filo conduttore quanto mai impensabile, da un'ape al un blu oltremare!), e ringrazia chi dà ancora queste possibilità agli artisti, perchè quando spariranno le "committenze" (mecenati, mercanti, menti illuminate) sparirà negli artisti la voglia di sperimentare e andare "oltre". Quaranta opere, racchiuse sotto il baffo di Giuseppe Orler, magari un giorno glielo domando, se ci aveva pensato davvero fino in fondo o se è stato un caso, se sono io che mi immagino tutto. 
Un muro intero, troppo per una persona sola; e allora smontiamolo, questo muro, pezzo per pezzo! Ecco la meravigliosa condivisione che ritorna, e un pochino mi turba, perchè anch'io ho tre meravigliosi lavori di Berlingeri a casa, ma me li sono scelti a suo tempo in Galleria, per mio conto, piluccando nei magazzini, senza che facessero parte di un unico progetto... e ora per qualche giorno li vedrò più tristi. Comprendetemi, non è la febbre! Ci sono trenta-quaranta persone (sarà per forza un numero esatto, alla fine, quando il muro sarà stato tutto smantellato) che possiederanno QUALCOSA che ha fatto parte di un TUTTO. Avranno inconsciamente condiviso un'idea comune, una storia, un pensiero. Potrebbero anche decidere di incontrarsi, tra qualche anno, come nelle foto delle famiglie numerose ai matrimoni. Come agli incontri di classe. Potrebbero posare tutti insieme con il mini-catalogo come guida, ognuno con la propria opera, e raccontarsi perchè a me ha colpito quella gialla e tonda come l'interno di una pesca matura, mentre tu hai fortemente voluto quella busta chiusa (e richiusa, e richiusa, e richiusa) in bianco e nero, piena di graffi scuri. Due antipodi, ma sempre e comunque parte di un'idea. 
Una persona che fa parte del MIO, di "tutto", e che ho disturbato per l'occasione mentre lavorava giusto per raccontargli di questa cosa del muro di Cesare che mi stava emozionando parecchio, ha commentato con dolcezza che ho un cuore grande, a pensarla così. E che invece è molto più probabile che chi stava staccando via via i pezzi di vita di Berlingeri dal muro pensasse solamente ad un bell'investimento, o a quanto bene poteva accostare il tal pezzo ad altri tesori in casa propria, piuttosto che a formare uno sgangherato album dei ricordi. Può essere, ma finchè sarò sotto Aspirina preferisco pensarla a modo mio, questa installazione sotto i baffi Orler: tanti piccoli pezzetti di anima di Cesare Berlingeri, nelle case di altrettanti sconosciuti solo sulla carta, a formare un'unica alba ed un unico tramonto senza fine. 
Essere collezionisti d'arte, in fondo, è avere sempre la febbre addosso.

domenica 2 novembre 2014

Coma informatico

Mi sa tanto che dovrò assentarmi per un po'. Motivi professionali. Motivi di quelli che tengono parecchio occupata la mente, oltre che monopolizzare la quasi totalità delle giornate, e delle settimane. Un vero peccato, per me di sicuro, visto che sarà alquanto improbabile rimettermi a scrivere in tempi brevi, e Dio solo sa quanto mi rilassi e mi faccia stare bene scrivere.
Vari amici, che lavorano in Banca (Banche diverse, che nel tempo hanno subito fusioni, acquisizioni, accorpamenti, tutte quelle simpatiche manovre che sulla carta sono semplici operazioni finanziarie e nella realtà invece sono capaci di provocare ben altro, dall'esaurimento nervoso al divorzio), mi guardano con aria tra il complice ed il compassionevole, come se pensassero: "Era ora che toccasse anche a voi". A dirla tutta a noi era già toccata, quando la mia gloriosa Mandante fiorentina fu comprata dalla spregiudicata famiglia di affaristi già proprietari di una nota Compagnia di Assicurazione torinese (giusto per finire di spolparla del tutto in un decennio), ma quella fusione era stata una passeggiata, una bazzeccola rispetto a questa. 
Posso dire che tutto sommato ne eravamo usciti indenni, forse il modo di approcciare le cose, il sistema-lavoro, la filosofia di base erano le stesse, chi lo sa. O forse io ero più giovane, e mi spaventavo meno (anche se ne dubito). Più probabile che fosse il mercato ad essere diverso, anzi per certo lo era, dieci anni fa: giravano molti più soldi, e quindi la gente era molto più tranquilla, meno incazzata ed aggressiva. E poi (io mi scuso se torno sempre lì, ma devo pur incolpare i miei demoni personali di questo stato di cose) non c'era ancora niente di "social", la posta elettronica si usava ma con moderazione, se la tecnologia degli uffici si impallava per qualche giorno si proseguiva con calma e tanti sorrisi scrivendo a mano o usando il telefono. Dieci anni, cioè NIENTE, eppure tutto, da questo punto di vista.
Ora provate ad entrare in un'Agenzia d'Italia a caso degli ultimi nati del Gruppo Unipol (non dovrei far nomi, ma chi conosce un pochino il mondo assicurativo l'ha già capito da un bel pezzo per chi lavoro io) e pronunciare le paroline magiche "Migrazione-a-Essig": poi, preparatevi a scrivere un intero trattato, tutto vostro, sulle manifestazioni principali dell'isteria di massa.
Succede che questi sono tecnologicissimi, e ci tengono ai loro sistemi informatici più che alle loro stesse mamme: non saremo un'unica Azienda fin quando non adotteremo lo stesso sistema informatico, disse apponendo la firma il nostro Direttore Generale. Che poi, detto tra noi, è davvero cazzutissimo (uno dei pochi Direttori Generali di Qualcosa in Italia a non avere il titolo accademico davanti al nome, e già questo la dice lunga: la sua è tutta esperienza, esperienza vera), ha un'aura di idee chiare e spicce che si vede lontano un chilometro, cioè la distanza media da cui lo guardo io alla Mega Riunione Annuale, quella in cui mi appiccico alle pareti sperando che nessuno mi noti (la prima volta le pareti e buona parte delle uscite erano occupate da una sfilza di hostess strafighe giovanissime, di quelle che ti sporgono i pasticcini guardandoti dall'alto del loro tacco dodici, noleggiate in stock per l'occasione; forse poi qualcuno ha fatto notare che, tutto sommato, noi Agenti saremmo stati più felici con meno hostess sulle porte e con qualche soldino in più nelle tasche, perchè la seconda volta non c'erano e io ho potuto piazzarmi in posizione strategica). 
E poi ha quel mantra tutto suo, lo ripete continuamente: "Noi vi abbiamo comprato, noi vi abbiamo salvato dal fallimento, quindi adesso fate tutto quello che vogliamo noi", assunto che fa sorridere, considerando che non è propriamente una frase democratica o "di sinistra", estrazione lontana della quale tutti loro sono così fieri. Sostanzialmente però è la pura verità: loro ci hanno comprato, loro ci hanno salvato dal fallimento. Sarebbe carino - e quanto meno logico - che ci imponessero solo le loro cose migliori, e prendessero da noi le migliori nostre, ma sembra sia più semplice e rapido cacciarci tutti di sana pianta all'interno del loro sistema, anche se per certi aspetti ci riporta indietro di decenni. Semplice, rapido, certamente non indolore. Perchè si dà il caso che le Agenzie che devono "fare tutto quello che vogliamo noi" siano un numero impressionante, e non è cosa da nulla rivoltarle TUTTE come calzini dal punto di vista informatico in pochi MESI. 
Dev'essere andata come nei telefilm americani polizieschi, dove c'è sempre il Capitano di turno, o comunque il Capo del distretto (solitamente donna e di colore, che fa tanto politically correct, quella ormai vintage di Law & Order era anche cicciottella giusto per completare il quadro), che dice ai due detective, quelli che son giorni che si sbattono per trovare i cattivi: "Voglio il colpevole, e lo voglio entro questa sera". Della serie: finora non avete fatto una cippa, ma visto che adesso ve lo ordina il Capo vedete di muovervi alla svelta e risolvere il caso. Nei telefilm è sempre perchè il Procuratore minaccia di far saltare qualche testa, o perche il Sindaco di N.Y. è molto agitato e ha la stampa che lo assedia, ma non credo che i vertici della mia nuova Mandante abbiano questo tipo di pressioni. E' solo che hanno fatto dei piccoli errori di valutazione, ma non voglio spingermi oltre nelle mie considerazioni personali perchè poi finirei per dare a tutta questa storia una connotazione politica, uscendo dal seminato. Però, accidenti, certe similitudini sono davvero inquietanti.
Torniamo a noi. Per ora siamo solo all'inizio. La prima fetta d'Italia che parte con questo travaso massivo è il Triveneto (eccheccavolo, tutte le fortune ci toccano), probabilmente perchè lavoriamo tanto, e se dovremo lavorare ancora di più non ci spaventa. Mi piace pensare che sia perchè siamo i più bravini, e quindi ci fanno fare da apripista per tutti gli altri (oppure è perchè siamo i più bischeri, e non ci lamentiamo). Per installare il sistema che vogliono loro e lavorare con i computer che vogliono loro (che - va ammesso - quanto meno ti passano in comodato gratuito) devi stravolgere quasi totalmente l'impianto di cablaggio dell'Agenzia, a spese tue. Il mio taci che l'avevo pagato nuovo e pronto, visto che ho traslocato qua l'anno scorso (giusto un anno! Certo che Novembre è proprio un mese movimentato, ultimamente). 
Arrivano gli scatoloni con i macchinari nuovi, e non sai quando verrà il Tecnico a montarli, oppure lo sai, ma te lo dicono oggi per domani (alla faccia della paralisi totale del lavoro quotidiano che ne consegue). A me è toccato un Tecnico sveglio: giovane, preparato, e pure un filo carino. Il mio solito c/lo, visto che a tanti Colleghi sono toccate coppie di emeriti rimbambiti assunti per l'occasione dal subappaltatore del subappaltatore del subappaltatore, che non sapevano nemmeno come si accendeva un computer, e in alcuni casi hanno tagliato anche i fili del telefono per sbaglio, lasciando il Collega, oltre che paralizzato, anche isolato dal mondo esterno. Questo bel ragazzotto friulano varca la porta del mio ufficio e come prima cosa mi fa: "Quel portatile lì non fa girare il programma, vai a comprartene uno nuovo subito". Certi addii destabilizzano, soprattutto se il "portatile lì" mi accompagna ormai da anni e al suo interno custodisce gelosamente centinaia di files (testi Word di ogni cosa, dalle clausole delle Polizze Rischi Industriali ai Pdf autorizzati Isvap delle campagne di vendita, alle bozze dei miei post che non hanno ancora visto la luce - e forse alcuni mai la vedranno, dalle scansioni delle autentiche della mia collezione, dei disegni di prigionia del mio nonno Tano, alle tante foto del mio mondo degli ultimi anni) che opportunamente travasati nel nuovo fiammante portatile nemmeno si aprono, perchè di preinstallato non c'è niente, manco uno straccio di Office di prova. Del resto sono cose che capitano, se ti fiondi nel primo Store disponibile (e per fortuna che il nuovo ufficio è in pieno Parco Commerciale), agguanti un commesso a caso e chiedi - indicando altrettanto a caso una catasta di oggetti a forma di PC portatile - qualcosa che sia nuovo, semplice, adatto per una persona che odia la tecnologia e non sa niente di informatica, nemmeno esattamente quali programmi dovrà usare, e possibilmente con dentro Windows 7, perchè l'otto me l'hanno sconsigliato solo guardandomi, pare sia una questione di avversione. 
Il Giovane Commesso Agguantato A Caso dice con sorrisetto di compatimento nei confronti della Povera Vecchia che i computer con dentro Windows 7 non li fanno più da due anni, ti cucchi l'otto e corri in ufficio, visto che nel frattempo il baldo Tecnico ha scoperto che - di tutti gli scatoloni presenti - nessuno contiene il SERVER, il cuore del nuovo sistema, e quindi bisogna correre a prenderne uno in un'altra Agenzia dove ne erano arrivati due, guarda caso (doppio c/lo, in quell'Agenzia c'era stato il medesimo Tecnico, e quindi lo sapeva). Torni indietro di corsa sudando come un animale, così impari a mettere in ferie tutte le impiegate (a cosa serve tenere lì le impiegate, se l'ufficio non è operativo?) quando il pubblico entra comunque. O telefona. O aspetta fuori con faccia torva e minacciosa, dicendoti che non è un bel servizio trovare la porta chiusa con il biglietto "Torno subito. Firmato: Il Tecnico". Cose che dieci anni fa non sarebbero successe neanche in un film comico. Ci avremmo riso su con un buon caffè, visto che la macchinetta funziona ancora, riso del server finito per errore a Palermo, e della mia carta di credito alleggerita del costo di un portatile-al-volo in più, che magari con un po' di preavviso e studiando meglio le macchine presenti nemmeno serviva. 
Ma non potevo prendermela con il Tecnico, in primis perchè lui non c'entra niente, e in secundis perchè si trova anche lui in una spiacevole situazione: è appena stato licenziato, in diretta via telefono. Sono, questi, ragazzi che lavorano dodici ore al giorno da mesi, spesso senza pausa pranzo, lui avanza settecento ore di straordinario, gli dicono alle otto e mezza di sera dove dovrà essere alle otto e mezza di mattina del giorno dopo (sotto casa o a 200 chilometri indifferentemente), il tutto per 900 Euro al mese. Ha osato lamentarsi e al telefono gli hanno dato i dieci giorni, tanto fuori della porta c'è la coda. A parte il fatto che, secondo il mio modesto parere, anche se la storia della coda è vera un imprenditore lungimirante quelli bravi dovrebbe coccolarseli un pochino, la mia mente è andata a chi in questi giorni si indigna e fa casino perchè si vuole negare ai dipendenti pubblici il diritto di sciopero, mentre dell'esistenza di queste giovani bestie da macello nessuno parla. Chiusa parentesi. 
Comprendo che la gentile e preparata bestia da macello a quel punto avesse solo voglia di tornarsene a casa, perchè ha finito il montaggio in fretta e furia senza soffermarsi troppo sulle istruzioni da lasciare a me, per far funzionare i nuovi apparecchi. Soprattutto il portatile nuovo, che non va: ho chiamato la Telecom ma dicono che la loro linea ADSL è a posto, ho chiamato i nostri esperti informatici e dicono che la loro roba funziona perfettamente, e che non possono soffermarsi troppo su questi problemi di secondo piano visto che ci sono già le prime Agenzie totalmente paralizzate (io maligno che non gliel'aveva ordinato il cardiologo, al Direttore Generale, di travasarci tutti entro sei mesi, a blocchi di cinquanta, perchè così facendo il Servizio Assistenza si trasforma in un enorme imbuto di chiamate disperate, e vorrò proprio vedere che succederà a Dicembre, quando arriveranno i numeri grossi). Tuttavia ribadisco che con lo speed test risulta che il fiammante portatore di Windows 8 lavora a 156K, praticamente ho comprato un piccolo bradipo da compagnia. Qualche anno fa andavano di moda i furetti. Carino da morire, ergonomico e leggero, che non mi serve assolutamente a niente. E che, non potendo scaricare Office a 156K perchè ci vuole un mese e mezzo, custodisce i miei sacri file senza permettermi di aprirli, vuoi mai che debba fare una modifica ad una Polizza con clausolario e mi serva un testo specifico: mi tocca mandar via il Cliente.
Io, personalmente, già da un paio di settimane a chi mi chiede un preventivo per una Polizza Casa, o Infortuni, o Condominio, o per un negozio o un'attività, o chi più ne ha più ne metta al di fuori della R.C. Auto più stupida, sono costretta a dire: "Guardi, se ha intenzione di farla subito, e con subito intendo OGGI o domani al massimo, ok ne parliamo; ma se in realtà deve pensarci un po' su oppure ha una scadenza da disdire altrove tra qualche mese, non posso farci niente". Avrò altri prodotti, avrò altri listini. Di cui peraltro ora come ora non so quasi nulla. Alcuni (pochi, pochissimi) li ho già visti, e non grido al miracolo. Dell'enorme mole di tutti gli altri, il nulla. Nessun libretto disponibile, nessun tariffario. 
Sono più che convinta che viviamo in un periodo in cui il mercato (inteso come gli Assicurati e i papabili Assicurati) chiede solo due cose, solo due ma irrinunciabili: prodotti comprensibili, e rapidità di risposte. Solo dopo viene il prezzo basso, e in realtà è richiesta che riguarda più che altro la R.C. obbligatoria. Per il resto (una Polizza Infortuni, ad esempio), quando uno vuole un preventivo, il più delle volte senza neanche avere le idee chiare, si aspetta di sentire tre-quattro garanzie, le relative franchigie, i capitali, e il premio. Basta. E in fretta, in tempo reale, come se fosse lui, davanti al computer, non tu. Imbevuti di tecnologia, si lavora a compartimenti stagni, a schemini e foglietti da comparare. Uno schifo, per me che vorrei far due chiacchiere più che volentieri e illustrare qualcosa di più personale possibile, ma tant'è. Figuriamoci se, oltre a tutto, per rilasciare un preventivo ci metto due ore, con prodotti incomprensibili. O comprensibili, ma che non conosco, e ho diciamo una settimana per studiare di tutto punto (e non sono esattamente due o tre). Finisci per pensare prima ai tuoi problemi, ai tuoi casini, alle tue esigenze, che a quelle del Cliente, ed è un errore tanto madornale quando imperdonabile. 
Mi soffermo su questi pensieri in una domenica sera tipica delle nostre, da Veneto apripista, imbevuta com'è di umidità e di buio, mentre la mia Agenzia è in una sorta di limbo (nuovo hardware, vecchio software), in attesa della Grande Migrazione. La prossima settimana, tre giorni di corso che mi renderanno espertissima, e poi arriverà lui, il Nuovo Sistema Operativo con un nome talmente assurdo (chissà se lo sanno, che vuol dire Aceto in tedesco) che - già sappiamo - nelle Agenzie che hanno fatto da test nazionale ha scartato casualmente Polizze senza preavviso, eliminato tutti i Contatti dalla posta elettronica, mischiato svariate anagrafiche della Banca Dati Clienti, impallato i programmi di contabilità ed altre amenità simili. Credo sarà la mia rivincita, visto il mio livello di informatizzazione pari a sotto zero; i miei brogliacci fatti a mano saranno indispensabili. I rapporti umani prevarranno, lo spero, su macchine inutilizzabili se non inutili. Il sorriso abbatterà la paralisi. Ma ciò comporterà l'ennesima full immersion... 
L'anno scorso sono uscita dal "trauma del trasloco" a Firenze, grazie ad una Mostra a Palazzo Strozzi: dopo mesi in apnea ancora una volta l'arte era stata aria, era stata vento, era stata sole. Non so assolutamente quando e come, ma già pregusto quale sarà la scintilla, quale Mostra porterà in superficie questa nuova bolla che sta solo aspettando di formarsi. Non lo so, ma uscirne sarà di sicuro bellissimo.