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domenica 14 settembre 2014

Cinzia Pellin

Come, ritengo, chiunque gestisca un proprio Blog o frequenti assiduamente un Forum, mi capita spesso di curiosare in Blog e Forum altrui, soprattutto se li ho conosciuti in occasione di confronti, qui, su Trecose, così mi diventano ancora più simpatici. Ultimamente mi sono imbattuta in un ragionamento interessante tra i ragazzi di Finanza OnLine - parlo ovviamente solo del "sottoforum" (oggi vado anche di neologismi internettiani) relativo al Collezionismo/Investimento in arte, perchè F.O.L. è un sito immenso, e decisamente io mi spavento davanti a parole come Trading, Small Cap, Forex e tutti i loro cugini di secondo grado. 
Nemmeno mi ricordo se era una discussione recente o no, ma so che l'avevo trovata estremamente curiosa ed interessante: il loro moderatore si poneva una sorta di Questione Morale, chiedendosi se fosse corretto o meno che gli iscritti potessero "parlar male" molto spudoratamente degli autori che a loro non piacciono. Pur anche anteponendo alle varie opinioni il più classico dei "secondo me". Questo perchè, notava, nemmeno gli appassionati d'arte di F.O.L. sono più i quattro gatti che erano quando sono partiti (famosissimi e citati più di una volta, ad esempio, al "lancio" delle televendite Cagnola, quando sono andati molto vicini a procurare un infarto a Roberto Porcelli), e una cosa è chiacchierare animosamente tra amici al bar, altra cosa è rendere pubblici online pesanti giudizi. Si chiedeva se il rimarcare quanto trovano orribile e sopravvalutato il Tal artista piuttosto che il Tal altro potesse - in un certo qual modo - influenzare il mercato, cosa che a loro non spetta, partendo dal rovinare i rapporti tra il Tal artista e i suoi estimatori. L'alternativa resta il parlar bene solamente degli artisti che si amano, lasciando cadere uno sdegnato e pesante silenzio su tutti gli altri (traducendo: se non ne parlo significa che non mi piace). 
Ovviamente la discussione continuava con gli interventi più disparati, ma a me era bastato il primo per rifletterci un po' su, anche se il discorso mantiene sempre e comunque una base più teorica che pratica (come già il loro moderatore premetteva, del resto, visto che se questo fosse un problema reale varrebbe anche il suo contrario, cioè gli autori di cui qui si parla solo e sempre bene dovrebbero valere già milioni...). Anch'io, in effetti, preferisco in linea di massima affrontare l'argomento Arte solo parlando BENE, dando per scontato che il MALE sia "il resto" (cosa che non succede invece con l'argomento Assicurazioni, o peggio ancora con gli Uomini!); potrei ipotizzare che sia un mio atteggiamento inconscio, per preservare tutta la magia che gira attorno a questo mondo così lordato eppure ancora così fiabesco. Oppure, dal momento in cui io d'arte parlo solo col cuore, preferisco egoisticamente non espormi agli strali degli esperti che arriverebbero se mi permettessi di dire "il Tal artista mi fa proprio schifo" (una volta ad un Evento Orler un gallerista non-Orler mi ha quasi sbranato, perchè ho osato dire che "non capivo" Calzolari... e tuttora penso che sia un gran furbacchione). 
L'arte (nel gusto...) è cosa così personale, così privata, così soggettiva! 
Se devo fare la precisina e sottolineare in rosso e in blu posso farlo senza incertezze con le Assicurazioni, dove tutto è molto più inquadrabile in Vero/Falso, Buono/Cattivo, e, soprattutto, se dico la mia è fonte di assoluta verità, da oltre vent'anni, insomma, Calzolari doveva ancora presenziare a documenta IX. C'è anche da dire che nella sola Italia i cosiddetti "artisti" pare siano oltre trentamila (l'ho letto una volta su una delle varie riviste specializzate, non so se avessero preso a riferimento la Camera di Commercio piuttosto che le Pagine Gialle, ma era un dato preciso), ed è fisicamente impossibile che ad un'unica persona siano tutti noti (e non parlo dell'assicuratrice veneta, parlo anche dei critici più tosti), quindi chi dovesse sentirsi ignorato può tranquillamente pensare di essere un Emerito Sconosciuto, dispiace ma è sempre meglio di Imbrattatele Incapace.
Poi, l'altra sera, mi è venuto in testa una specie di flash. Mi sono resa conto che non ho mai scritto un post su Cinzia Pellin, e dal momento che non è a me sconosciuta (cosa deducibile dai miei trascorsi con la Galleria Vecchiato, infatti l'ho anche nominata - ma solo come fugace apparizione - nel post "Serata di Stelle" del Dicembre 2012) non voglio assolutamente che si pensi che non intenda parlarne bene. Il flash, per la cronaca, mi è balenato all'interno dell'Oratorio della Beata Vergine del Rosario di Limena, una chiesetta sconsacrata annessa ad una delle nostre belle ville venete in cui - nell'ambito della manifestazione "Il Risveglio dell'Arte" - Cinzia aveva una serata tutta per sè. Parlo di venerdì scorso, e direi che dopo un paio di giorni di balenamento è il caso che mi metta alla tastiera per porvi rimedio.
Non so perchè non l'ho mai fatto prima, ormai in fondo sono passati tre anni da quella straordinaria serata di Firenze (Rabarama e "AntiConforme") durante la quale io e mio marito l'avevamo conosciuta, e trovata simpatica, alla mano, carina ed estremamente sensibile. Probabilmente perchè non abbiamo un quadro suo, sotto sotto l'empatia è più elevata con gli artisti di cui ho qualcosa in casa, è come avere qui anche loro, parlarci a quattrocchi, dialogare con lo sguardo (anche con chi non c'è più, io con Xavier Bueno mi faccio sempre un sacco di discorsi). E di questo la colpa è tutta mia, perchè mio marito ha spesso fatto gli occhioni imploranti come il gatto di Shrek davanti a più di un quadro di Cinzia. A parte il fatto che tendenzialmente sono enormi, e noi siamo collezionisti microscopici con un appartamento di conseguenza (già molto pieno, tra l'altro). A parte il fatto/bis che per ammirarli in tutta la loro forza bisogna starci abbastanza distante, e questo presuppone una certa vastità di spazio non solo sulla parete, ma anche sul pavimento. Io non lo so cos'è esattamente: forse mi turbano un pochino. Mi mettono una lieve inquietudine. Mi scrutano dentro. Non c'entra niente il fatto che siano donne (famose o sconosciute, sensuali o acerbe, aggressive o dolci), come hanno sostenuto venerdì provando a psicanalizzarmi, anzi, forse se fossero uomini la sensazione sarebbe anche più violenta. 
E questo esattamente perchè Cinzia Pellin è brava, mostruosamente brava (mostruosamente in senso buono, ovvio). 
Lei non dipinge volti, dipinge STATI D'ANIMO. Uno stesso viso, infatti (e questo si nota sui ritratti più famosi) può cambiare completamente espressione solo per una pennellata più carica di bianco. Perchè lei dipinge, intendiamoci, sopra a TUTTO il disegno, anche se a prima vista non sembra perchè i suoi soggetti suggestionano e catalizzano immediatamente lo sguardo su quei particolari intensi e così minuziosamente cesellati, che lei fa esplodere fuori dalle tele: le bocche - quasi sempre - gonfie, carnali, tanto reali da sembrare irreali (ed era un contrasto forte, incredibilmente ipnotico, quello di queste bocche come cuori sanguigni, con le pareti e le volte di una chiesa disadorna, quasi che non aspettasse altro che essere rivestita ed arricchita in questo modo tanto inconsueto). Ma anche gli occhi, i capelli, oppure particolari delle vesti: una sciarpa di lana, sulla quale si potrebbero contare i singoli punti, oppure lucidi guanti, o una stola di pelliccia che ancora sembra essere lambita dal vento. 
Il bello delle opere di Cinzia Pellin, la sua maestria, è scoprire ciò che sta OLTRE a questi particolari, il resto del ritratto. Le sfumature lattee, gli infiniti riporti di ghiaccio, il chiaroscuro giocato solo sui grigi, la capacità di trasmettere un'emozione solo con strati di puro bianco. Non è una fumettista alla Milo Manara, per intenderci, gran disegno e sensualità all'ennesima potenza, ma se togli la seduzione casca il palco. Cinzia oltrepassa il concetto di "donna", è un unico soggetto: dalla bambina all'adolescente all'attrice immortale, che non ti vogliono sedurre, ti vogliono solo attraversare con i loro sguardi. Non giocano con te, non ti provocano. Si limitano ad osservare, immobili, magnetiche, eterne in una dimensione fuori del tempo, chi passa loro davanti, silenziose testimoni di un profondo talento.
Di recente ho iniziato ad intrattenere una corrispondenza epistolare via mail con un pittore/letterato/pensatore - non mi piace dare definizioni e mai come nel suo caso sono in difficoltà a farlo - incontrato su Trecose. Sto leggendo alcuni libri scritti da lui, e in molte, moltissime cose non potremmo essere più diversi (io, che pensavo di essere troppo chiusa alla modernità e alla tecnologia, troppo legata ai canoni del passato ed alla tradizione, in confronto a lui sono un'astronauta), ma, come spesso succede, è proprio nella diversità che si scoprono le idee migliori. Una sua frase buttata lì per caso insieme ad altre mi ha acceso una lampadina, ed ora non riesco più a guardare ad un artista senza pensarci. Lui sostiene che ogni artista contemporaneo dovrebbe misurarsi con i grandi del passato prima di aprir bocca, e va oltre, affermando che creare appositi Musei per la sola Arte Contemporanea sia un errore. In questo, sono assolutamente d'accordo con lui, perchè finisce che spesso si riempiono di provocazioni inutili, tutta robaccia che con l'Arte con la maiuscola non ha nè avrà mai niente a che fare. 
La creazione di una sorta di Musei Tematici ove mettere in confronto le opere dei secoli passati con quelle dei sedicenti artisti di oggi permetterebbe di ridurre drasticamente quel famoso numero trentamila (e consacrare definitivamente talenti del nostro tempo: alcuni dei Bianchi più intensi e graffiati del "mio" Antonio Pedretti, ad esempio, forse non reggono perfettamente la "sfrontata vicinanza", per usare le parole del mio Lettore, se accostati a Turner o a Constable in un ipotetico Museo del Paesaggio?). 
Poi, come in ogni cosa, c'è sempre di mezzo il gusto del singolo; tanto per dire, su Gianfranco Meggiato, che era l'argomento del mio ultimo post, non ci siamo trovati d'accordo, visto che a me piace da matti e a lui no. Mi ha invitato a confrontarlo con Boccioni, ad esempio, ma proprio accanto a Boccioni ed alla sua esasperata ricerca di modernità, di movimento, di nuove materie io lo vedo magnificamente! Boccioni - se trasportato ai nostri giorni - l'avrebbe, credo, letteralmente adorato. Una Sfera di Meggiato di grandi dimensioni non sfigurerebbe per nulla a Milano, giusto a fianco di quella "Forme uniche nella continuità dello spazio" che imprigiona anche il respiro di chi le passa accanto, non solo lo sguardo ed il tatto, in un unico filo conduttore. 
Ebbene, mi ha talmente catturato questa idea dei Musei a Tema che adesso metto in "sfrontata vicinanza" chiunque vedo, e vorrei vedere Cinzia Pellin nel Museo del Ritratto. Anche solo dal Rinascimento in qua, tralasciando gli enigmatici sguardi egizi, le statuette elleniche o romane, e al limite anche quel poco che il nostro Medioevo impregnato di religione e paure ci ha lasciato. Vorrei farmi tutto il percorso, lungo, lunghissimo, dai volti di Piero della Francesca e di Antonello da Messina in poi, e trovarla alla fine, con i suoi particolari da primissimo piano, veri, forti, per niente Pop (a gusto mio, molto del "Pop" busserebbe invano, al Museo del Ritratto...). Differenti, certo, completamente, dagli sguardi dei secoli precedenti, ma comunque in grado di trafiggere l'anima dalla loro penombra. Me li andrei a guardare lì, senza neanche bisogno di svuotare tre pareti, e un poco alla volta supererei l'incertezza.

3 commenti:

  1. Buongiorno signora ho saputo che abbiamo un amico comune che adora le opere della Pellin, ho potuto ammirare l'ultimo acqusto dell'amico, un quadro veramente bello, sul serio.
    Ammetto che della produzione della Pellin non tutto mi piace ma credo sia normale, preferisco di gran lunga le opere medio/piccole rispetto alle piu' grandi, comunque grande artista la ragazza!
    Le auguro di raggiungere i risultati per i quali sta lavorando e che merita in pieno, un saluto e alla prossima.roberto.

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    1. Caro Roberto! Ricambio con affetto il saluto, equamente diviso tra lei ed il nostro comune amico così adorabilmente scarmigliato! Se può, gli insegni come inserire i commenti ai miei post perchè mi è giunta voce di una certa incompatibilità informatica :-)
      Tornando a Cinzia, assolutamente normale avere alti e bassi nella propria produzione (da un lato) e negli altrui gusti (dall'altro lato, il nostro...). Pensandoci bene per quanto frettolosamente, non ricordo un solo artista di cui mi piaccia tutto, ma davvero tutto; suonerebbe così finto...
      A mio parere nella grande dimensione, che anch'io in generale non adoro particolarmente, Cinzia riesce ad avere una marcia in più rispetto a molti colleghi. Intendo, sempre e comunque all'interno della ristretta cerchia dei talentuosi è più "facile" realizzare cose spettacolari se si resta sul piccolo, sul raccolto, sull'intimo; la tela grande è ardua, impegna, disperde, confonde... può non piacere, ma è proprio lì che io la vedo particolarmente vincente. A presto!

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    2. Buongiorno MARIQUITA riferiro' allo "scarmigliato" di applicarsi maggiormente sul suo sito, tenga conto che io sono peggio di lui. la vedo dura!
      Anche sul Calzolari abbiamo idee molto simili, e pure io penso sia un gran furbacchione, meglio per lui se riesce nel suo intento.

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