.

.

martedì 25 giugno 2013

Do ut des

C’è qualcosa che mi sfugge. Sul serio.
Ho già riflettuto in post precedenti di questioni economiche (micro e macro), sempre sottolineando che con tutta probabilità non ne capisco niente: la mia testa lavora per le assicurazioni (mediamente bene), al limite il mio cuore straparla d’arte (quando è in vena), e lì mi fermo. Tuttavia, resta latente quella parte di empirismo data da oltre quarant’anni di osservazione del mondo, dei ragionamenti della gente, degli atteggiamenti verso le questioni pratiche della vita che mi ha sempre affascinato e fatto riflettere. Da oltre quarant’anni, perché in effetti anche da bambina osservavo e ragionavo parecchio. Quando i miei genitori, che facevano parte del Cammino Neocatecumenale, ospitavano a casa i “fratelli di Comunità” per la preparazione delle loro riunioni, dovevano cacciarmi a letto con la forza (e sì che io sono sempre stata una che va a letto prima delle galline) perché tendevo ad accovacciarmi dietro la porta, o dietro qualche mobile, pur di ascoltare i discorsi dei grandi. Alcuni si interrogavano su quanti figli avessero i miei genitori, visto che ne saltavano fuori da tutte le parti.
Comunque sia, l’altro giorno stavo inseguendo dei pensieri con in sottofondo il canale delle news di Sky, e mi ha incuriosito un’inchiesta sul tasso di disoccupazione giovanile (e non, aggiungerei io), che pare abbia raggiunto livelli inimmaginabili, da piena recessione anni Settanta. E la curiosità era stimolata dal fatto che, nel servizio/inchiesta immediatamente precedente, un altro giornalista Sky aveva appena finito di dare tutta una serie di utili consigli alle famiglie italiane per come risparmiare al massimo in questi grami tempi di crisi. Roba semplice, del tipo da farsi l’orto sul terrazzino di casa, al frequentare un corso di bricolage per imparare a aggiustare le tapparelle o il sifone del lavandino. Oltre, ovviamente, al cercare di spendere meno possibile per cose assolutamente inutili, secondo il giornalista, come le assicurazioni, a partire dalla RCA obbligatoria, assurdo e odiato balzello da evitare come la peste.
Buffo.
Io, nella mia ingenuità, avevo sempre creduto che la ricchezza si producesse facendo girare l’economia, non ingessandola in una morsa soffocante. Quando sono diventata imprenditrice di me stessa, mi è balzato subito all’occhio che la riduzione dei costi è indubbiamente una voce importante, ma sterile, che apporta miglioramenti solo per un periodo limitato: per guardare con serenità al lungo periodo l’unica cosa che serve è un modo per incrementare le vendite, e quindi le entrate, o quanto meno per cercare di mantenerle costanti. O il fallimento è già scritto.
Per carità, mi farò l’orto in terrazzino, così poi le fila dei disoccupati si ingrosseranno con qualche fruttivendolo in più, ed innumerevoli suoi dipendenti. Oppure diventerò abilissima a tinteggiarmi le pareti, con buona pace degli imbianchini che dovranno imparare a saltare almeno un pasto: signori, è la crisi, lo dicono anche in televisione.
Poi, e qui vengo al punto, verrà da me in ufficio una bella signora bionda, dicendo che le dispiace tanto ma – anche se con un po’ di timore – ha deciso dopo tanti anni di provare le assicurazioni on-line perché risparmia ben quaranta Euro l’anno (e sottolineo “ben”). E mentre chiacchieriamo del più e del meno, perché io mica mi arrabbio per discorsi del genere (mi limito solo a sottolineare le differenze tra due mondi diversi, ma sotto sotto mi stanno anche simpatiche le Compagnie dirette, perché ci tolgono dai piedi una massa notevole di rompiballe atomici), la bella signora bionda mi chiederà se per caso ho bisogno di un’impiegata, perché la figlia è rimasta senza lavoro ed è veramente un grosso, grossissimo problema, poveri giovani che nessuno li aiuta, se vogliono sposarsi prendere una casa con il mutuo fare tanti bambini non possono più pensare al futuro e chi li aiuta adesso dovrebbero farlo quelli del governo invece di pensare solo alle loro poltrone.
A parte l’accenno alle poltrone del governo, che tutto sommato non è poi una bestialità completa, mi sono morsicata le labbra per non dare alla bella signora bionda una risposta a scelta tra:
a) Oh, mi dispiace, dove lavorava sua figlia, magari in una Agenzia di assicurazioni in difficoltà?
b) Perché non prova a far domanda al Call Center della Compagnia on-line a cui sta dando i suoi soldi?
Invece ho fatto una faccia molto triste ed ho snocciolato le solite frasi fatte, non so se la signora abbia capito l’ironia. Chi assume, chi dà lavoro, chi garantisce il futuro se le imprese – piccole o grandi – saltano? Come si riprende un’economia in cui il denaro non circola? Voglio dire, che la gente abbia paura del futuro, si veda sull’orlo del baratro e cerchi di spendere il meno possibile lo capisco anche; quello che non capisco è quanto manca alla Fine del Mondo quando l’imbeccata a “non spendere” viene incessantemente dai media di ogni colore, quando non dalle istituzioni stesse (governo o chi per esso). Un governo - non intendo questo qui in particolare, intendo in generale tutti quelli che io ricordi - che negli anni ha dimostrato di non saper razionalizzare, risparmiare, economizzare, ottimizzare assolutamente niente (ma solo spendere a sprecare a pioggia), e che viene a dire a me come fare per non arrivare, virtuosamente, pulita pulita a fine mese.
Eccome se mi sfugge.

Nessun commento:

Posta un commento