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domenica 9 febbraio 2014

Febbre del Sabato sera

Devo fare una sorta di ammenda intellettuale.
Ma, prima, è evidente che devo spiegare alcune cose, e che l'ammenda intellettuale vera e propria sarà il post che segue. 
I miei post possono avere due genesi opposte: o scaturiscono da un'emozione vissuta profondamente, come lava che spinge ribollendo nella pancia del vulcano, finchè non esplode e si riversa all'esterno. E a dire il vero neanche mi piace più di tanto questa immagine della lava bollente - anche se ammetto che è esattamente così che mi sento in certi momenti, un ribollire violento, un calore ancestrale  - perchè quando la lava esce travolge tutto in un mare di morte e distruzione; meglio allora immaginarmi tutta in un'emozione come polla limpida, come fresca risorgiva, come falda acquifera benefica finalmente liberata che risale dalle profondità più cupe della terra, e si fonde con l'aria e la luce. Molto meglio.
Oppure, possono essere più ragionati, ripensati, giusto perchè c'è un incipit che mi frulla per la testa, che mi ronzzzza attorno come una zzzzanzzzzara molesta, e ad un certo punto la vince lui. Sono tra questi i casi in cui, raramente, io ed il mio primo ed unico correttore di bozze, il fido scudiero che ha l'onere/onore di ascoltare i miei flussi di coscienza prima che vengano condivisi (l'onere di smorzarli, approvarli, negarli, o rovesciarli affinchè una parte forse nascosta appaia alla vista) siamo in disaccordo. Casi in cui - secondo lui - indulgo troppo nel parlare delle stesse cose. O delle stesse persone. Come in un eterno spot pubblicitario. Chi lo sa, magari ha ragione lui. Ma sono settimane ormai che voglio raccontare di questa cosa, e visto che in questo preciso momento lo scudiero si è appisolato io ho deciso che ne approfitto; ora o mai più.
Da qualche mese le mie tratte andata/ritorno a Firenze sono costanti, quindi è già evidente che voglio parlare o di Giovanni Faccenda o di Franco Ristori, due imbevuti di fiorentinità che da un po' popolano la mia vita extra-professionale, ed anche professionale, in un certo senso. In realtà, la cosa riguarda entrambi, anche se Franco si becca la fetta più grande. 
Franco Ristori - lo sanno anche i sassi - fa cornici. Le più belle del mondo, per dirla puerilmente. Cornici fatte a mano, nel senso intagliate dal legno pieno con la sgorbia; oppure assemblate a mano dalle stecche prese in fabbrica, ma con qualcosa di tutto suo sopra che le renda uniche, perchè anche io che sono negata posso spennellarci sopra una qualche vernice comprata pronta in barattolo, e se ci provo una decina di volte magari riesco anche ad incollare gli angoli senza far troppi danni. E finirebbe lì. Lui invece sperimenta ogni anno nuovi effetti tattili e visivi (la ruggine, la pietra, le grinze, i graffi, le impronte), giusto per far capire la differenza tra "fare cornici" (nel senso di "attaccare quattro pezzi di legno tagliati a 45 gradi"), e "creare opere d'arte".
Uno così non si ferma, non si può fermare, infatti tra le cose che fa c'è anche la compravendita di quadri, come recita il suo certificato camerale che ogni bravo assicuratore dovrebbe controllare, di tanto in quanto, per vedere se per caso le Polizze in corso vanno ancora bene oppure no (perchè assicurare il furto del contenuto di una bottega artigianale con dentro quattro Bueno, due De Pisis e tre Sironi non è esattamente come assicurare il furto del contenuto di una rivendita di cornici in kit di montaggio). Ma anche questo, forse, qualche corniciaio lo fa. Magari con le grafiche d'autore invece dei Bueno, i De Pisis e i Sironi, e magari non in Veneto, dove quel tipo di sensibilità artistica neanche ce la sogniamo, sia di qua che di là del banco dei corniciai. 
E quindi lui si distingue anche lì, e fa una cosa che non ho visto nè sentito fare da altri. Perchè lui non è "altri", è Ristori. Un artigiano, certo - e lo ribadisce spesso con un certo orgoglio - ma con una sensibilità umana ed artistica eccezionale (di qua e di là del banco). Ho anche mandato mail a tutti i miei amici e conoscenti, che probabilmente avranno sorriso dandomi della pazza (non necessariamente una pazza criminale, diciamo una pazza buona, a cui perdoni qualche stramberia in più), perchè ammetto che poche persone sane di mente si sobbarcherebbero diverse centinaia di chilometri per passare un Sabato sera in un minuscolo negozio di cornici a bere un tè. Me l'ha detto anche Isabella Bueno, che ho conosciuto di persona proprio durante una di queste serate; mi ha chiesto di dove fossi perchè da come parlavo non sembravo toscana (ragazza deduttiva, la Isabella); sei qui per lavoro? No. Stai visitando Firenze? No. Ci sono venuta apposta, e domani torno su. Accidenti, roba da non crederci. Però alla fine ha convenuto con me: ci sono cose nella vita che fanno stare bene, e perderle quando ti passano davanti al naso è da stupidi. O da pazzi criminali, quindi non è il mio caso. 
Io non so esattamente a chi sia venuta quest'idea del Tè da Ristori, se a lui che ospita le serate nella sua Bottega, con il laboratorio che per l'occasione diventa bancone di leccornie da pasticceria con tanto di macchina professionale per tè e caffè (ed è veramente un'emozione, bere il tè la sera sopra a QUEL banco, sapendo a cosa serve di giorno), oppure a Giovanni, che delle serate rappresenta la versione "parlata", ma una cosa è certa: è ogni volta un'esperienza, e io su certe esperienze mi ci butto a pesce.
Sette serate, una al mese, in cui la Bottega si trasforma in una piccola Galleria con annesso angolo bar; una versione revival dei Caffè Letterari, ma meno intellettualoide e più.... umana, oserei dire. In tutti i sensi concepibili della parola "umanità". Con i quadri appesi alle pareti, perchè il fine è comunque venderli, e con il critico che li spiega, ma con l'informalità data dalle maniche di camicia (ovviamente no, Giovanni Faccenda non si smanica, ma l'atmosfera lo permetterebbe). Con la cena tutti insieme, per gli amici. Con il tè e i pasticcini, per gli amici. E anche per chi legge su La Nazione che c'è un evento chiamato "Un Tè da Ristori" ed entra solo ed esclusivamente per quello (successo davvero: simpatico signore che entra e chiede un caffè, e all'alzata di sopracciglio di Ristori - niente è più fulminante dell'alzata di sopracciglio di Ristori - capisce di aver fatto una gaffe, allora estrae La Nazione, e dice: "C'è scritto qui! Ah no, avete ragione, dice tè non caffè. Allora un tè, grazie", e poi se ne va; li hanno anche in Toscana, a quanto pare...).
In fondo, può sembrare qualcosa di già visto, perchè sono molte le Gallerie d'Arte che intrattengono i loro Clienti e simpatizzanti (effettivi e/o papabili) con eventi particolari, è un meccanismo piacevole e rodato. Può essere fatto in grande oppure in piccolo, esibito o intimo come in famiglia, ma di certo non è una novità; il fatto è però che qui non te lo aspetti. Non te lo immagini. Non hai termini di paragone. E come tutte le cose inaspettate, ha un sapore diverso, tutto da scoprire, gustare, indovinare. E' il PIACERE di scoprirsi, per una volta, stupiti; noi moderni, eternamente connessi, costantemente in movimento, che siamo ormai abituati ad ogni cosa, assuefatti a tutto.
Al di là dell'esperienza di essere presente in un luogo a me caro, circondata da arte e arte e arte, mi solleticava l'idea di osservare, la curiosità da sociologa, l'istinto da marketing: che tipo di persona interviene ad un evento simile (a parte tutti gli annessi e connessi al clan Ristori, tutte persone splendide che ci hanno accolto come una famiglia)? Io se voglio comprare un quadro entro in una Galleria d'Arte, o al limite seguo le principali aste, e poi ci sono sempre i canali televisivi...; chi pensa che in una Bottega artigiana puoi aprire lo scrigno delle meraviglie? A Firenze sì, evidentemente. Perchè a Firenze l'arte si respira. 
Claudio Cionini, l'apripista, e devo dire non troppo pubblicizzato (magari alla fine chiederemo un "Cionini bis" estivo come Numero Otto), poi l'immenso Armodio, e poi una serata tutta sui Maestri del Novecento, e per la prima volta Franco si è preoccupato di chiudere bene la porta prima di andare a fare colazione (tanto la Polizza non te li paga, finchè resti assicurato come rivendita di cornici e basta) perchè era davvero un'esposizione museale mozzafiato. Mozzafiato per amici. 
Un pienone mai visto, quello per il Novecento, che io ho interpretato come un segnale di quanto - ancora, purtroppo - il contemporaneo (inteso come "vivente") soffra il peso di coloro che sono già nei libri di scuola, e non va bene: c'è tanta bellezza, tanta novità, tanta bravura, tanto passato (inteso come grandezza, tradizione, trait d'union con il futuro) anche in chi è PRESENTE. Mi sono anche permessa di bacchettare Franco per la perdita di tanto ben di Dio, e devo essergli sembrata fastidiosamente supponente, ma per me gestire tutto ciò che è vendita (dal pre al post) è un bisogno quasi fisico. Non ha senso avere in negozio centinaia di persone se poi non sai chi sono, che interessi hanno, come poterle contattare, e soprattutto PERCHE' sono lì (e questa era la mia curiosità primigenia): c'è una sorta di passaparola tra gli amanti dell'arte? In Toscana si usa entrare a prescindere nelle Botteghe aperte di Sabato sera, o di Domenica? Erano stati tutti attratti dalla segnalazione sull'inserto di cultura de La Nazione, o piuttosto dalla pura pubblicità a piè di pagina? E' fondamentale capirlo, perchè quando hai trovato il canale di comunicazione giusto sei già a metà dell'opera, che tu venda quadri, pizza, mobili o assicurazioni: il Cliente deve ENTRARE da te per primo (ormai possiamo dimenticarci la prassi di andare noi da lui, quanto meno con il Cliente-famiglia se non ancora con il Cliente-azienda: è roba finita, vecchia, impraticabile). Nove su dieci hanno visto la pubblicità? Bene, investiamo in quella pubblicità (al decimo mal che vada offriamo il suo tè e che sia finita lì). Hanno letto l'inserto di cultura? Vai con nuovi articoli. Entrano a caso perchè è bello alla sera bighellonare per negozi che offrano esperienze d'arte? Non ci credo, ma se fosse chiedo il trasferimento domani perchè ho trovato la mia terra ideale. In ogni caso una persona che sceglie, volontariamente, di entrare nel tuo esercizio commerciale e manifesta un interesse è un bene prezioso che non può essere trascurato. 
Penso al mio lavoro, dove tutto è sempre più proiettato all'auto-informazione, all'utilizzo di internet (e non credo tanto per i prezzi, che sono bassi ma non sempre e non per tutti, quanto per la libertà di collegarsi quando cavolo si vuole e si può, anche alle due di notte, e sentirsi AUTONOMI nelle scelte, anche se sbagliate). Tu entri e fai la RCA con me, magari solo perchè da me adesso costa davvero poco, o per la pubblicità sulle rate con la Brunetta dei Ricchi e Poveri che ti fa tanta nostalgia. Solo la RCA, non ti assalgo sciorinandoti duemila altre possibilità assicurative come vorrebbero i miei Capi-Area (la pensione, la casa, le malattie, così finisce che ti soffoco subito e ti spavento anche). Un po' alla volta, ti coccolerò. Un po' alla volta, ti fiderai di me. Con un sorriso, e non perchè è obbligatorio, capirai che alla casa è meglio pensarci. E se non avrai possibilità di pensarci, per me sarai comunque sempre importante (e forse dopodomani mi porterai tuo cugino o tuo zio). Ma resta fondamentale che io possa CONOSCERTI. Farti capire la bontà del mio prodotto. Perchè le mie cornici sono opere d'arte, non cornici normali. Fatta una, una sola, non potrai più farne a meno e pian piano me le farai cambiare tutte, quelle di casa tua. E dopo un po', mi manderai anche i tuoi parenti. Sto divagando, lo so.
Sabato prossimo la serata sarà un Omaggio a Nino Tirinnanzi, e lui è l'oggetto della mia ammenda intellettuale che segue.
Poi Luciano Pasquini, e già tremo perchè mio marito lo adora, si è anche fatto dedicare un catalogo quando si sono conosciuti, in occasione della prima serata. Poi Antonio Possenti, e questa la aspetto io con ansia perchè il mio percorso personale su Possenti è stato incredibile, nel senso che sono passata dal "non mi piace" più tassativo ed assoluto all'averne più di uno (e se potessi continuerei a prenderne). Non lo so, ci sono artisti con cui hai una folgorazione immediata, tipo un colpo di fulmine, ed altri con cui il sentimento si sviluppa col tempo, come quando scopri di esserti innamorata di un amico che conosci da anni, ci hai mangiato la pizza insieme decine di volte senza che succedesse niente, e poi un po' alla volta ti accorgi che è... speciale. Trovavo Possenti troppo lezioso, troppo strano, troppo fiabesco, troppo onirico, troppo sopra le righe, finchè non sono salita io stessa, sopra a quelle righe, e tutti i "troppo" sono scivolati di sotto lasciandomi immersa in una delizia di colori gocciolati, spalmati, di farfalle, di animaletti, di poesie disegnate anzichè scritte. Osservarlo di persona sarà incredibile.
Poi Lamberto De Vincenzo, su cui mi devo ancora documentare, ma ora di Maggio c'è tutto il tempo. 
Chissà se Giovanni mi farà di nuovo lo scherzetto dell'intervista a sorpresa, come ha fatto durante la serata di Armodio, che è anche andata in televisione, per quanto locale, ma ormai sono fiera di me, perchè ho capito come far sì che la cosa mi diverta anzichè mi spaventi. Basso profilo, comunque, il segreto è quello, anche se ho saputo che c'è stato chi, in altra occasione, non ha gradito la mia improvvisata performance.
Come se non sapessi anch'io usare certi termini! Certe locuzioni, certe frasi fatte, quei discorsi in politichese preconfezionati che vanno bene per tutti (basta cambiare opportunamente il nome proprio dell'artista e quello della città dove si svolge la Mostra, tanto nessuno li ascolta fino alla fine). Ma io sono ALTRO, voglio parlare alla pancia delle persone, e delle persone normali, non degli addetti ai lavori (tanto loro non li comprano, i quadri, li vendono; o al massimo se li fanno regalare). Voglio raggiungere tutte le vostre pance, le vostre anime, i vostri occhi. Trovate il tempo di andare a Firenze quando Franco Ristori offre il tè coi pasticcini a chi entra (suvvia, è gratis, l'ha detto anche La Nazione); magari fatevi un bel weekend a Musei, mica dico di andarci apposta: capitateci casualmente. Ma ascoltare Giovanni Faccenda che fa l'improvvisatore sociale è sempre un piacere (bisogna ammetterlo, è davvero bravo, racconta i pittori come vecchie storie di famiglia davanti al caminetto, e tu ti trovi ad ascoltare come un bambino con la bocca aperta e la punta delle dita che scotta). Ma tanti quadri in pochi (metri) quadri sono una gioia. Ma la condivisione di tanta gente che fa festa apre il cuore. E se vi scappa un acquisto con vestito Ristori, vi assicuro - nel vero senso del termine! - che non ve ne pentirete.


3 commenti:

  1. Articoli così lunghi, zeppi di digressioni, e bellamente partigiani su un giornale non si possono mai trovare. E' il bello di un blog. Potevi dire le stesse cose con un quarto delle parole, eppure sono proprio quegli altri tre quarti, fondamentali al pari dell'acqua per il corpo umano, a conferirne l'essenza vitale.
    Aggiungi la fortuna di poter leggere tutto con l'insolita pace raccolta mentre sono in vacanza da tutt'altra parte e …. bene, ho già deciso che al prossimo giro il muso fuori di casa lo metto per passare da Firenze.
    Ciao - Roberto

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    1. Grande Roberto. Grandissimo.
      Passa pure da Ristori per il caffè e digli che ti mando io.... :-)
      Buone vacanze e grazie!!!

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    2. Un tè, Mariquita. Sul Blog (che la Nazione dalle mie parti non arriva) c'è scritto un tè ... :-)
      Grazie anche a tè ...

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