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domenica 13 luglio 2014

Essere o non essere

Intendiamoci subito, premetto: io, questo post, non ero così sicura di volerlo scrivere. Non adesso, per lo meno. Non così presto. Volevo lasciar passare ancora un po' di acqua sotto i ponti. Acqua rapida. 
In primis perchè gli avvenimenti sono troppo recenti, e in secundis perchè sono pure un filino delicati, basta una virgola fuori posto per ferire persone a cui tengo molto, e quindi volevo starmene in disparte per qualche settimana ancora. Però c'è un sacco di gente, a quanto pare, che è a conoscenza della mia "improvvisa e delicata amicizia" con Giovanni Faccenda (tanto per citare un incipit da Catalogo a caso), nonchè dell'affetto che mi lega alla famiglia Orler, ed è capitato. 
All'indomani del debutto di Giovanni con una trasmissione tutta sua su Orler TV (tre ore intere condotte da lui, non il suo classico intervento critico di mezz'oretta con sgabellino, tavolino e domandine) è arrivato qualche commento, qualche messaggio, tanto per stimolare la discussione, o provocare una risposta. Commenti nel blog, SMS o Whatsapp indifferentemente. 
Allora scrivo come mi viene, come se fossimo seduti attorno ad un tavolo dopo una pizza, io e i miei affezionati amici punzecchioni. Facciamo che è un lungo post chiacchierata, tanto coloro ai quali non interessa l'argomento lo salteranno a piè pari com'è giusto che sia. Robe nostre. E nessuno si offenda se non vede pubblicati i suoi commenti, perchè con questo tavolo dopo-pizza è come se parlassimo tutti.
Io, a dirla tutta, ne ero venuta a conoscenza con un anticipo relativamente largo, di questa cosa estiva di Giovanni. Bene o male ho le mie corsie preferenziali, tant'è vero che quando mi ha telefonato lui tutto gasato per darmi in anteprima la notizia ci è quasi rimasto male che già lo sapessi (ma non eravamo propriamente in pochi, a saperlo, perchè trattavasi di notizia ghiotta). Abbiamo parlato, in quell'occasione, delle sue idee per qualcosa di nuovo, per qualcosa che non fosse solo "vendita", per qualcosa che fosse un vero ritorno alla bellezza, all'emozione, alla storia dell'arte intesa in quanto tale (una discussione caduta più che a fagiolo dopo il mio ultimo post, intendo quello prima della piccola, dolorosa pausa del 21 di Giugno). Una serie di trasmissioni estive che avessero come sottotitolo "Riflessioni" più che "Televendita", per leggere le opere d'arte anche tramite la musica, la poesia, in una sorta di universale linguaggio. 
Mi piace da morire ascoltare Giovanni quando è così lanciato nei suoi progetti, lo abbraccerei ogni volta. Anche perchè, pensavo tra me e me in mezzo a quel suo fiume di toscanissime acca, se io conosco Giuseppe Orler anche solo un decimo di quello che credo, col cavolo che gli lascerà realizzare una cosa del genere. O meglio, sotto sotto ci speravo, perchè con tutto il bene che voglio agli Orler - tutti, indifferentemente - ultimamente le loro trasmissioni di arte contemporanea mostrano un po' di fiacca. Come dire, sempre le stesse cose, sempre le stesse frasi, e anche sempre gli stessi quadri. Noi, per esempio, che ritengo possiamo essere definiti i telespettatori-medi-Orler per antonomasia, negli ultimi mesi ci siamo concentrati esclusivamente sulle fasce orarie dei tappeti antichi, dove c'è sempre roba da lustrarsi gli occhi, o pulirsi la bavetta (e poi c'è Davide Basilico). Sul resto girava un po' di noia, insomma, e la volta che ti arriva la possibilità di far entrare un nome giovane e nuovo, un nome fresco ma già titolato, particolarmente bravo col pennello e guarda caso con un tipo di pittura che si sposa straordinariamente con il mezzo televisivo, ecco che i sì iniziali alla fine diventano dei no, così, senza spiegazioni particolari (tranne quelle delle orecchie che dovrebbero intendere), e va a finire che se dormiamo ancora se lo frega la Concorrenza, ma non quella ridicola dei mega-sconti che i nomi li brucia: la Concorrenza quella vera, quella che fiuta l'affare, quella seria e galleristicamente organizzata, con la "c" maiuscola non a caso.
L'idea di una trasmissione in cui PARLARE DI ARTE, a prescindere, in mezzo ad opere di artisti della scuderia Orler, certo, ma con la libertà di nominarne anche altri senza timore di finire scaraventati all'inferno, era bellissima. L'idea di uno studioso che si sobbarca tre ore di diretta per favorire il ritorno dei nostalgici, per catturare l'attenzione di chi si limita allo "zapping artistico" o addirittura ne è un patito, per allontanare l'ossessione del prezzo e del coefficiente e riportare al centro del campo l'emozione della bellezza, era direi addirittura POETICA. Ma cozzava un filo con l'immagine che io ho di Giuseppe Orler, la praticità in solida forma umana, lui che agli Speciali domenicali se la mezz'oretta di intervista al critico (quella non produttiva, per intenderci, anche se piace tanto al pubblico) si dilunga di trenta secondi oltre il previsto comincia a friggere, e a fare gestacci con le mani. Sul lavoro, in fondo, anche io sono così: a fine mese i conti devono essere pagati tutti, senza tanta poesia. Mica è colpa sua se quello che per migliaia di noi è passione e sogno, per lui è lavoro. Duro, anche, in un periodaccio economico come questo. 
E quindi, per tornare a noi: non lo so se Giovanni davvero credeva che le sue potessero essere realmente trasmissioni di "non-vendita" e poi si è trovato la sorpresa, oppure se lo sapeva benissimo ma faceva finta nel suo cuore di poter gestire le cose diversamente, fatto sta che sono state nove ore di televendita. Stop. 
Io, per la cronaca, ne ho viste solo sei, perchè Sky mi ha mollato sul più bello. E' evidente che non me le potevo guardare in diretta, visto che le mie quotidiane dodici ore di ufficio ed appuntamenti mi vedono crollare a letto ben prima delle dieci di sera, ma almeno registrandole si possono rivedere con calma (e anche con pignoleria, tornando indietro e analizzando posture, gesti, frasi, come fanno a volte a noi nei corsi di Tecniche di Vendita, e ogni volta ci muoio ma mi tocca). Invece Sky mi ha cannato la registrazione del giovedì, quella sull'astrattismo classico fiorentino, che mi dicono essere andata particolarmente bene in quanto a numeri, ma a me non importa, perchè non ero interessata a quello (quello interessa a Giuseppe), quanto al fatto che Giovanni se la cavasse senza traumi. 
Mi ha fatto una tenerezza-misto-ansia la prima sera, da quanto era emozionato. Grondava a litri. Un Professore molto umano.
Quei primi venti minuti di cardiopalma, mettendo tutto, troppo al fuoco, correndo come un dannato senza ricordarsi che un essere umano deve effettuare almeno una ventina di respiri al minuto, onde evitare che i polmoni collassino. E poi con più calma, ma sempre senza l'abitudine al video, che in effetti non è cosa da tutti. Credo che in quei primi, infiniti venti minuti, sapendo perfettamente che non finivano lì ma che si sarebbero inesorabilmente ripetuti per altre otto volte, lui abbia capito nel profondo cosa significhi fare televendita. E' mostruosamente difficile. Una cosa è parlare ad una platea (anche di centinaia di persone, per carità), altra cosa è parlare ad un attrezzo di metallo che ti fissa. La platea è viva, la VEDI, ne cogli i segnali (ti applaude, o ti fischia, o si distrae, ma comunque ti TRASMETTE qualcosa), puoi adattarti ad essa. In video non vedi che cavolo combina chi sta dall'altra parte: se ti segue, se si addormenta per la noia, se ti sfotte, se ti apprezza, oppure semplicemente se C'E' oppure no. 
La telecamera è terribile ed inesorabile. Tutto ciò che può apparire simpatico dal vivo (il gesto, la camminata, il movimento) in video non va, c'è bisogno di una postura completamente diversa, quasi rigida ed innaturale, ma del resto o fai così o sei fuori dall'inquadratura, e fai venire mal di mare a chi ti guarda. Tre ore sono eterne, spaventosamente eterne, altro che la mezz'oretta di colloquio botta-e-risposta con Dario agli Speciali su Scuffi. Io, personalmente, che ritengo di essere un filino brava a parlare e vendere (del resto un assicuratore è tra i migliori venditori per definizione, visto che non vende nulla di tangibile e fisicamente constatabile, per non parlare di emozioni ZERO bellezza ZERO empatia ZERO), e che posso affrontare senza batter ciglio un'Assemblea condominiale inferocita per spiegare una Polizza Globale Fabbricati (e sono persone ben diverse da chi interviene alle serate nei Villaggi, felice e spensierato), in video non ci andrei neanche sotto tortura. Mi è bastata un'intervista improvvisata di dieci secondi per nascondermi per un anno (anche se, a dire il vero, con un minimo di scaletta in anticipo dieci secondi li reggerei). Inoltre, una televendita ha un contorno che dal divano non si vede, e che può essere la cagnara più totale (gente che ti gira attorno fuori campo, telefoni che suonano, voci che si sovrappongono, amici che passano a salutare), oppure il nulla più totale, nessuna interazione, silenzio e vuoto. Per TRE ORE. E tu devi essere in grado di fissare l'attrezzo di metallo, mantenere l'aplomb, non sudare, continuare a parlare come se niente fosse in entrambi i casi. Infatti da Orler ci sono televenditori con attributi grossi come meloni, tutti. Ed è una capacità ed una preparazione che non si improvvisa, si impara con anni ed anni ed anni di esperienza.
Bene. 
In vari commenti che ho sentito in questi giorni è girato il sostantivo "presunzione". Forse. Ma non dimentichiamo che c'è un confine sottilissimo e labile con un altro sostantivo, che è CORAGGIO. Ho detto prima che io una televendita non la affronterei neanche morta: per questo potrei essere definita pavida, oppure modesta (nel senso che ho perfettamente chiaro il limite delle mie capacità). Eppure chi mi conosce bene sa che io non sono, in realtà, inquadrabile in nessuno di questi due aggettivi. Quanto sono delicate certe definizioni!... 
Giovanni è stato, probabilmente, molto coraggioso. E un po' folle, ma senza coraggio e follia non si parte per una grande impresa. Mi ha ricordato, e gliel'ho raccontato, la prima volta in cui la mia mamma portò me e mia sorella al corso di nuoto per bimbi, nella piscina del Coni. Avrò avuto sette-otto anni. C'era questo gruppetto di bimbi con i loro costumini, c'era l'aria calda dell'estate che arrivava, c'era la piscina grande da 25 metri di un blu profondo che esalava cloro e a me sembrava un mare di pianeti lontani, con tutti i suoi lunghi cordoni di ovali bianchi galleggianti a fare da satelliti, c'era la piscinetta piccola per i bambini, fatta di un mosaico di quadrettini azzurri azzurri. E poi c'era il Terribile Maestro Cianchi, che probabilmente avrà avuto una trentina d'anni ma che io vedevo come un signore di una certa età, tarchiato e peloso, una montagna di muscoli perfetta  e minacciosa, che aveva una tecnica tutta sua per insegnare a nuotare ai bambini che non sapevano farlo: semplicemente, li afferrava e li buttava in acqua. Nella piscinetta piccola, fortunatamente, ma era pur sempre alta un metro e venti, e capitava che qualche bambino restasse sotto per troppo tempo, cosa che lo costringeva a saltar dentro per tirarlo su. Ma lì o imparavi o imparavi. Poi lui ti avrebbe insegnato con calma i vari stili, ma l'impatto era quello: o sotto o sopra. Annaspavi, come una ranocchia triste, come un anatroccolo alle prime armi, come un cagnolino riottoso e bagnato, ma venivi a galla. E ci restavi. Io non ho mai più imparato a nuotare come si deve (le bracciate, le pinnate, il respiro eccetera), ma di certo galleggio che è una meraviglia.
Giovanni ha un po' annaspato, lo ammetto, ma gli va dato atto che Giuseppe Orler ha fatto sembrare il Terribile Maestro Cianchi una mite suorina. Periodo di crisi allucinante, nessuno che scuce soldi per opere d'arte nemmeno durante le migliori domeniche mattina di Novembre, e Giovanni ha debuttato alle dieci di sera di un mercoledì di luglio con i rimasugli di magazzino di Marcello Scuffi.
Va bene, c'erano anche i Mondiali, ma non c'era l'Italia (in quel caso sì, sarebbe stato un suicidio), ed in fondo non credo che i patiti di un'Argentina-Olanda piatta da finire ai rigori siano tutti fini collezionisti. Va bene, si era anche portato dietro quattro nuovi strappi d'affresco giusto per l'occasione. Ma, signori, gli hanno messo  lì la Cattedrale di Amiens!! In assoluto il quadro più orrendo mai dipinto da Marcello, e lo dico senza tema di essere smentita, io che adoro Marcello, la sua tecnica, le sue sfumature, i suoi soggetti senza tempo, e anche sua moglie. Un quadro passato e ripassato in Dio solo sa quanti Speciali (con la cornice, senza la cornice, sotto la luce, in penombra, all'inizio della trasmissione, alla fine della trasmissione...). Enorme, e per questo - se si va a coefficiente - costosissimo rispetto alla qualità (quasi pari allo zero). Roba che dovrebbe essere venduta a farla grande a mille Euro ad un semicieco in qualche Outlet natalizio, o meglio ancora bruciata in piazzale per evitare il ricordo di un vecchio dipinto tanto indecente da parte di un artista così talentuoso. Mi ricordo (e sorrido) uno Speciale in cui Dario Olivi si era lanciato in una spiegazione piena di pathos, perchè sopra alla Cattedrale si vede la famosa scia d'aereo (quasi un marchio di fabbrica per Scuffi, come una seconda firma) e allora vai dicendo che già all'epoca - ben prima delle Darsene e dei Treni - Scuffi pensava al concetto di un tempo-che-scorre-eccetera, all'idea di uno spazio-che-avvolge-eccetera, al mito del viaggio-e-del-ricordo-eccetera, quando Marcello (che era lì presente) se ne esce candido dicendo "no, quella in verità l'ho aggiunta anni dopo, all'inizio non c'era"... Dario è un grandissimo, lo dico sempre, sono queste le cose che ti elevano: non strozzare un pittore in diretta, per esempio. 
E' stata una prima volta difficile, un battesimo duro e in salita, anche la serata sul Novecento, perchè - diciamocelo, dai - degli artisti storicizzati le opere belle, i veri capolavori, ormai sono tutti nei Musei, o nelle grandi collezioni private, o di Istituzioni. Quello che gira nelle Gallerie sono spesso i "poveri resti", ed il venditore non può dire altro che "comprateli lo stesso" anche se ne è perfettamente consapevole.
Le prime volte si chiamano così proprio per questo: sono prime volte. Alzi la mano (o scagli la pietra) chi ha un ricordo stratosferico della propria prima volta. Sì, proprio QUELLA LA'. Oppure dei primi esami. Della prima volta che sei andato in bici senza le rotelle. Oppure guidato la macchina, per la prima volta. Del primo colloquio di lavoro. Del primo giorno di lavoro. A volte sono bei ricordi, dolci, malinconici, diventano belli solo per il fatto di essere lontani. A volte sono ricordi terrificanti, che ci spronano ad essere migliori. Se sono prime volte significa comunque che molte ne seguiranno, ed è questo l'importante. Un percorso.
Io credo, personalmente, che Giovanni abbia buone doti per diventare un buon televenditore: ha un garbo, un'eleganza, una piacevolezza nel parlare che gli sono innati e derivano da quella sua "toscanitudine" che io invidio con tutta me stessa (in senso buono, diciamo piuttosto sconfinatamente AMMIRO , ma ammetto che dal punto di vista professionale un po' di invidia c'è, alla parlata toscana si perdonano molte cose, qui da noi almeno). Intesa sia come modo di porsi, che come profonda cultura, che come conoscenza di storia, di anime e di persone. La tecnica si impara, il mestiere si affina con l'esperienza (del resto, se fosse arrivato lui da zero ed avesse fatto immediatamente una strage, avrebbe voluto dire che gli altri televenditori d'Italia sono tutti dei pirlotti, cosa che sappiamo non essere vera). 
Magari deve far caso che accostare una splendida cravatta Missoni - e parliamo di Missoni, colori su colori su colori! - ad una giacca a RIGHE non è esattamente sinonimo di sobrietà. 
Magari deve dare un drastico taglio al suo abituale uso dell'iperbole: elogiare quattromila volte Franco Ristori durante una trasmissione non va bene, perchè a chi ascolta viene il dubbio che Franco gli abbia dato la mancia per farlo, e vi posso assicurare che non è così. Tra l'altro, non è assolutamente vero che ci mette sei mesi per realizzare una di quelle sue splendide cornici effetto-pietra che vestivano le opere di Scuffi alla Mostra al Chiostro del Bramante (detta così diventa un boomerang!), e men che meno è vero che non ve le voglia fare perchè siete dei comuni mortali e lui lavora solo per i Musei. Anzi, visto che sappiamo tutti che gli Orler spesso corredano le loro opere d'arte di cornici orribili, vi posso assicurare che se le portate da Ristori prendono diecimila punti, e lui sarà ben felice di aiutarvi e consigliarvi. Un bel vestito, studiato e cucito addosso, e non un tanto al metro, cambia l'aspetto di una donna, tenetelo a mente. Vale anche per i quadri, sempre. 
Giovanni ha un cuore grande così, si è buttato a pesce in questa esperienza ed ha fatto tutto in grande, ha esagerato un po' perchè il Terribile Maestro Cianchi l'aveva cacciato in acqua: o sotto o sopra. 
Lo ammetto, ha detto che Alfonso Fratteggiani Bianchi è rappresentato dalle sette Gallerie più importanti al mondo, quando non è vero neanche questo, come la storia dell'inavvicinabile Ristori. E' rappresentato da sette Gallerie internazionali, il che è cosa buona e giusta, e su cui si può effettivamente riflettere per un certo spessore dell'artista, ma non "le più importanti". Questa è una frase che va bene se detta dalla concorrenza televisiva con la "c" minuscola, quella urlata, quella dei mega-sconti, in cui i presentatori dicono con estrema facilità che tutti i loro artisti sono "nei più grandi musei del mondo" perchè nessuno, tra i loro telespettatori medi, si prenderà mai la briga di controllare. I telespettatori Orler invece, oltre ad essere estremamente più attenti e preparati di quelli degli altri, sono anche dei fetenti che non te ne lasciano passare una. 
Notano che l'elogio a tutti i costi sa da finto, così come il bagno di umiltà ricorrente. 
Dopo la terza volta che dici la parola "emozione" mi postano che si annoiano. Che due palle che siete, proprio a me su Trecose, dove la bandiera dell'emozione avvolge da capo a piedi. Indegni. 
Se è per questo, ha fatto anche un paio di peccatucci di ingenuità, tipo mostrare casualmente il cartellino di una presunta precedente esposizione su una grande carta di Antonio Bueno, quando chiunque poteva pensare che lui se lo fosse stampato ad hoc cinque minuti prima del ciak (primo peccatuccio); ebbene, io a quella Mostra c'ero, e vi assicuro che quel quadro è stato effettivamente esposto, ma mostrare il cartellino equivale ad ammettere che almeno una precedente volta è andato invenduto, e psicologia della vendita insegna che il Cliente voglia sempre sentirsi speciale, non ami acquistare cose scartate da altri (secondo peccatuccio). Mai sottovalutare la psicologia. Mai credere che i Clienti siano impreparati o sciocchi, e si bevano tutto ciò che propini loro... per lo meno, non troppo. 
Giovanni è persona acuta ed intelligente, si sta mettendo alla prova e deve sperimentare, comprendere quale può essere il suo stile, trovare una strada da percorrere che sia solo SUA e non una copia di quanto già visto negli altri. Ha le carte in regola per farlo, davvero. Capirà qual è il suo target di riferimento (chi ama Dario e segue le sue trasmissioni, ad esempio, si taglierebbe le vene davanti ai lunghi silenzi notturni di Carlo, e potrei sciorinare almeno un paio di viceversa), e quando hai capito A CHI ti rivolgi, gestire il COME rivolgerti è un attimo. E imparerà ben presto la Regola Fondamentale, quell'universale vangelo che ogni venditore abituale conosce: 

"Non si può piacere a tutti"

E' fisicamente impossibile, sarebbe poco credibile, e tutto sommato direi anche poco divertente.
Io, del mio, ho un solo dubbio, che in verità per me è quasi un cruccio, per tutto ciò che ho vissuto negli ultimi tre anni: che ne sarà del Professor Faccenda, del critico, dello studioso, quello che scrive libri, pubblica saggi nei Cataloghi, e cura importanti Mostre. Quello che tiene conferenze in giro per l'Italia perchè super partes. Amante della bellezza, sostenitore del talento, in grado di dire "questo è un capolavoro, questo invece è una schifezza sovrumana, non compratelo". Se effettivamente questo debutto Orler non si fermerà a qualche comparsata estiva, vedo molto, molto difficile che queste due diverse anime possano coesistere. 
Ma è la sua vita, non la nostra, e noi - da telespettatori punzecchioni e bulimici - non possiamo pretendere di farci i fatti suoi fino a questo punto. Possiamo solo augurargli il meglio, indipendentemente da quello che sceglierà per se stesso, come ad un amico che stacca il gruppo per la salita più importante.

16 commenti:

  1. Gentile mariquita,purtroppo non ho visto le trasmissioni di Faccenda (il canale orler da diversi giorni non si vede più nella mia zona (le Marche del sud) e il satellite non mi interessa perché di televisione ne ho gia fin troppo per sobbarcarmi pure quello, non si vede più e non si sa perché, l'ho comunicato ad Orler ma nessuno mi ha risposto in merito). Come commentare il debutto di Faccenda come venditore? La domanda che mi pongo è un'altra, quella che lei si pone alla fine indirettamente:è necessario che ciò avvenga? che uno studioso, un critico diventi "venditore" senza offesa per questa categoria ma certamente distante anni luce dall'altra...Non so. Oggi non ci si capisce più molto (ed è questa la crisi vera) tutti fanno tutto, si prova, si riesce, si fallisce, indifferentemente.Su questi argomenti e su altri rispondo nel mio libretto diretto a sessanta lettori...Lei non mi ha fatto sapere il suo indirizzo, non si è fidata, e non ha il libro... siccome sono molto tollerante (ma non con tutti particolarmente nel mondo dell'arte),glielo spedirò da Ristori con la copia per lui! Un'altra domanda seria, siamo sicuri di poter parlare di bellezza con quadri come quelli che si vedono in giro, con Nunziante, e compagnia? la pittura è altro, guardi Velazquez, il vero grande maestro di pittura, guardi Tintoretto, Rembrandt etc....non pretendo che gli Orler vendano Velazquez ma sempre e solo gli stessi nomi che ormai sono lisi come una tela al limite come in un pessimo pittore come Emblema..! certo che si batte la fiacca! vuoi pittura vera? ma guardati in giro! vuoi pittura da virtuosi? vogliano mettere Arrivabene con Nunziante? e il cattivo gusto di mezzo dove lo mettiamo? comunque non andare dietro al mercato ma fare il mercato, imporre i nomi nuovi, fa la galleria , il mercante che è camion e non solo rimorchio!Un cordiale saluto come sempre, Antimo Mascaretti

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    1. Egregio Mascaretti, dopo il Suo commento, supponente e fuori luogo, al mio "Oggi parla" del 21 Giugno, mi ero riproposta di non pubblicare più alcunchè di Suo.
      Infrango ora quella promessa sostanzialmente per due motivi. Il primo è per segnalarLe, per correttezza, che il Suo pacchetto con i libri non è ancora giunto presso la Bottega Ristori, magari potrebbe essere utile verificarne la spedizione (a breve la Bottega chiuderà per la pausa agostana).
      Il secondo motivo è perchè questo Suo commento, in fondo, è un riassunto di quanto molte, moltissime voci mi hanno detto e/o scritto nelle ultime due settimane a proposito del debutto del televenditore Faccenda: molti, moltissimi di coloro che stimano il critico Faccenda, lo studioso e lo storico dell'arte, si sono chiesti cosa l'abbia spinto a questa scelta, che senza dubbio condizionerà pesantemente la sua futura credibilità, considerando che, mai come in certi casi, indietro non si torna (o con estrema difficoltà).
      Io ovviamente non ho una risposta (per una maggiore visibilità? per amicizia verso la famiglia Orler? per arrotondare le entrate? per tastare il terreno di una nuova carriera?); a dire il vero non mi ero nemmeno posta la domanda, accettando la decisione quale ormai presa, e cercando piuttosto di capire quali sviluppi avrebbe potuto portare. Probabilmente per me è deformazione professionale...
      Tra l'altro, in mezzo alle molte, moltissime voci che si sono levate in queste settimane, tutte concordi nel notare il mio sotterraneo affetto per il Professore, e la mia caparbietà nel difenderlo, nel "proteggerlo" da giudizi troppo severi, l'unica voce che non ha compreso a fondo (ma nemmeno in superficie, probabilmente) il senso del mio scrivere è stata proprio quella del neo-televenditore. Quella "improvvisa e delicata amicizia" si può quindi dire altrettanto improvvisamente giunta al suo definitivo capolinea.
      Del resto, non mi trovo per nulla a mio agio nei panni di un Genny 'a carogna in gonnella, a dirigere una claque di ciechi e sordi che plaude per abitudine, o, peggio ancora, per tacito assenso, o per contratto. La mia voce, la mia curiosità, le mie idee (che si tratti di Orler quanto di Cagnola, di Giovanni Faccenda piuttosto che di chiunque altro) sono libere. Come le vostre, tutte.

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  2. Cara Mariquita, ho già avuto modo, in un passato ormai abbastanza lontano, di commentare un tuo post sulle televendite e, quindi, non mi considero un estraneo a questo sito. Sebbene con non costante assiduità, nel tempo ho continuato a leggerti.
    Non mi potevano, pertanto, passare inosservate le tue considerazioni circa il “nuovo” mestiere al quale è approdato il Giovanni Faccenda nel contesto orleriano.
    Sono un frequentatore, abbastanza abituale, delle trasmissioni degli Orler i quali, più di una volta, hanno dimostrato di essere in grado di proporre opere di buon livello qualitativo se non, addirittura, pregevoli: ricordo, ad esempio, un o strepitoso Tancredi, presentato dal Carlo Vanoni, e, prima ancora, un Riopelle, entrambi letteralmente da brivido. Nel complessivo becero panorama delle televendite d’arte, una constatazione del genere non è cosa di poco conto.
    Quello di cui, però, volevo parlare è la presenza in trasmissione del Faccenda. Quando ne ho avuto notizia (anch’io in anticipo sui tempi effettivi) ne ho tratto piacere puro: la pia illusione che il valente professore, storico e critico potesse effettivamente porgere a noi appassionati le sue Riflessioni sull’arte moderna e contemporanea è stata veramente bella …. sin tanto che è durata.
    Il risultato, purtroppo, è stato ed a dir poco, deludente: riflessioni poco o niente, ma televendita quanta se ne vuole (peraltro anche malamente condotta da chi non è - e forse mai potrà esserlo – televenditore).
    E lasciamo perdere i non pochi strafalcioni detti (o, più semplicemente, letti su qualche foglietto scritto da altri e sui quali non vi è stata, evidentemente, alcuna “riflessione”).
    Personalmente auguro al professor Faccenda che questa esperienza non si traduca in un boomerang a danno della sua abituale e consolidata attività, ma temo che, oggettivamente, qualche strascico non potrà essere evitato.
    Un cordiale saluto
    Roberto

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    1. Carissimo Roberto, nel ringraziarti per la tua pacatezza e la tua lucida analisi ti confermo che condividiamo molte cose, e non mi riferisco solo alla "Orler-assiduità". Per il mio affetto verso la famiglia Orler e per l'amicizia che c'è stata negli ultimi anni con Giovanni Faccenda non sono più tornata volutamente sull'argomento, dopo quella prima settimana che definirei "sperimentale". Ognuno fa le scelte che ritiene più opportune e ne vive le conseguenze. La mia risposta al commento prima del tuo, comunque, la dice lunga, direi.
      Pare che il Professore stia facendo numeri importanti in quanto a conferme (bisognerà vedere poi se supportati da reali acquisizioni), e di questo la mia testa è felice, come di tutto ciò che fa girare il mercato in generale e quello dell'arte in particolare. La mia anima ed il mio cuore, nel frattempo, sono cadute in soporifero letargo (dopo una corroborante pausa alla Galleria di Campiglio con molte pareti che rinfrancavano dentro, e con Dario Olivi e Davide Basilico in grande spolvero)...

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  3. Buon giorno. Siamo una coppia amante dell'arte. Abbiamo conosciuto il Professor Faccenda alla biennale di Asolo di quest'anno. Indi per cui abbiamo cominciato a seguirlo nella presentazione delle varie opere nel canale di Orler. Dobbiamo far presente, avendo già seguito altre " presentazioni", che quelle condotte dal Professor Faccenda , ci sembrano tutt'altro che televendite. Il Professor Faccenda riesce a far seguire le sue presentazioni in un modo molto piacevole, molto professionale senza, cosa più importante, farci annoiare. Troviamo molto gradevole il fatto che il Professor Faccenda, in modo molto professionale, presenti le opere abbinandole a momenti di pura Poesia e di Musica di gran livello, facendoci riscoprire nuove emozioni. Secondo noi il Professor Faccenda ha dato una nuova forma di presentazione di opere e artisti innovativa e FRESCA.
    Per concludere puntualizziamo che noi non ci soffermiamo ne' "all' accostamento sbagliato di abiti o cravatte o quant'altro" ne' agli " Occhioni Blu" come abbiamo letto in precedenza. Ma semplicemente andiamo oltre a tutto questo.
    Buona giornata
    Collezionisti Asolani.

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    1. Ricevo e volentieri pubblico questa dimostrazione di affetto nei confronti di Giovanni da parte dei "Collezionisti Asolani". Tuttavia, per quanto possa sembrare a prima vista paradossale, non trovo si discosti troppo dal commento di Roberto e da tanti altri interventi.
      Semplicemente, poichè io, Roberto e molti amici conosciamo ed apprezziamo profondamente Giovanni Faccenda da anni, e non da mesi, seguendo il suo lavoro di critico e di storico, ed appassionandoci alla sua verità di studioso, notare questo repentino cambio di direzione ci fa sentire come se avessimo perso qualcosa di importante.
      "Quel qualcosa", per dirlo con parole più poetiche ed importanti delle mie.

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  4. L'unica cosa che mi ha infastidito,é stata quella di non ritrovare il grande Catone Biasioli nel canonico appuntamento del giovedì sera ,appuntamento da me molto atteso,in quanto amante del tappeto antico. E,su basilico, bandiera sventolata su troppe aste preferisco sorvolare grazie francesco

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    1. C'è da dire però che, ad oggi, l'insostituibile nonchè inossidabile Nonno Catone è l'unico dei presentatori Orler ad avere quattro dirette settimanali (in ognuna delle quali tende a presentare per un paio d'ore il contemporaneo e per un'oretta l'antico), alla faccia dell'anagrafe! Circa Davide Basilico, ammetto che io l'ho conosciuto - sia come presentatore che di persona - solo dopo l'approdo da Orler, prima non lo seguivo e quindi non posso esprimermi; tuttavia per me resta un professionista coi fiocchi. Gli riconosco un'onestà intellettuale difficilmente riscontrabile in ambito televisivo, parere ovviamente personalissimo...

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  5. Desidero esprimere anche io il mio parere sull'argomento, ritenendo però opportuno fare qualche premessa. Innanzitutto ho scoperto da pochissimo che il Professor Faccenda (il maiuscolo non è solo lessicale, indica la mia stima nei suoi riguardi) ha intrapreso questa nuova attività; poi devo aggiungere che anch'io ho svolto per molti anni, ed in parte svolgo anche ora, il mestiere di venditore (non di arte), pertanto i numerosi capelli bianchi che ho in testa mi aiutano almeno a non farmi incantare dai vari adulatori o millantatori (e quanti ce ne sono in giro purtroppo ...) di qualsiasi genere. Ed infine preciso che sono un appassionato d'arte, in particolare di pittura, fin da bambino, e pertanto il mio approccio è molto semplice; un'opera mi piace in quanto tale, e non in funzione del suo valore o del suo prezzo di vendita o del mercato o delle opinioni della critica e quant'altro; un dipinto piace perchè genera sensazioni piacevoli, emozioni spesso forti, brividi, gioia e quant'altro. Su quest'ultimo aspetto credo di avere opinioni e sensazioni simili all'autrice di questo blog, da quanto ho letto fin'ora. Ho visto alcune trasmissioni di Faccenda a partire dallo speciale su Armodio di qualche settimana fà, il mio commento non può pertanto riguardare le precedenti.
    Prima considerazione: il tempo scorre via rapidamente, mi ritrovo ancora vigile e sveglio fin dopo mezzanotte quasi senza accorgermene, nonostante la stanchezza delle 13 ore fuori casa giornaliere. Questo vuol dire che non mi annoio, la forte passione non può essere una motivazione, ne deduco che Giovanni conduce bene.
    Seconda considerazione: la presentazione delle opere e degli autori quando presenti in studio si svolge attraverso descrizioni e riferimenti storici più che adeguati. Terza considerazione: l'approccio verso chi telefona e l'interazione con lo staff rendono la trasmissione gradevole a mio avviso. Ho notato che l'esperienza da "venditore" non fà parte del suo DNA, però alcuni passaggi e qualche parola buttata lì - il prezzo non lo dico perchè è "sconcertante"- a me sembrano indovinati. Nutro anch'io il dubbio se questo tipo di esperienza possa in qualche modo intaccare la sua reputazione, al momento non saprei dire di più anche perchè lo seguo da poco; l'idea di trasformare uno storico in un venditore potrebbe essere tuttavia non proprio peregrina. Non essendo un istintivo, ci vuole ancora un pò di tempo per consolidare queste mie opinioni; senza dubbio alcune belle serate con lui le ho passate.

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    1. Carissimo, segnalerò a Giovanni questo suo intervento, non potrà che esserne felice. Al di là delle sensazioni del tutto personali che ognuno di noi ha di fronte a qualunque venditore (alla fin fine, è spesso una questione di pelle... “mi piace/non mi piace”), è indubbio che da quel lontano Luglio il Giovanni televenditore si sia evoluto in fretta, trovando un modo di proporsi molto “suo”, supportato dalla sua indubbia cultura.
      Le mini-polemiche nate tra noi appassionati se fosse più bravo e/o credibile come critico o come venditore non lo coinvolgono più di tanto: lui prosegue dritto per la sua strada, secondo coscienza, e fa bene così (di recente mi ha tirato le orecchie in merito, ricordandomi che anche il critico, per quanto preparato, attento e gradevole, non è mai del tutto super partes, visto che viene comunque pagato per svolgere il suo lavoro... al limite può rifiutare una commissione da qualcuno di cui non ha stima, ma quando accetta di scrivere a pagamento l'elogio è implicito).
      Aggiungo una considerazione sulla sua osservazione circa quanto non sia per nulla peregrina l'idea di trasformare un critico in un venditore: eccome! Su questo, tanto di cappello al baffo sornione di Giuseppe Orler, che ha davvero ereditato lo straordinario fiuto di quel genio che è stato Ermanno. L'”innesto” di Faccenda nel palinsesto, come si vede anche dagli interventi in un blog semisconosciuto e di provincia quale è il mio (e posso solo immaginare le discussioni nei salotti buoni dell'arte) ha comunque dato una scossa all'interno del mondo Orler. Ha portato, forse, più competizione tra i venditori (prima avevamo un gioco di ruolo un pochino congelato, con Carlo di qua seduto in cattedra da professorino, e Dario di là in piedi tutto fuoco ed empatia). Ha portato per certo più attenzione da parte del pubblico, non foss'altro per curiosità. Ha mischiato le carte dei rapporti umani. Della serie: che ne parlino bene o male, basta che ne parlino! Sicuramente una vittoria commerciale.

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    2. Caro Amico, trascrivo qui integralmente il messaggio che mi ha inviato Giovanni dopo aver letto il suo commento:

      "Grazie, dal cuore, al caro signore per ciò che ha scritto e a te per la tua risposta. Se mai riuscirò a parlare, nel modo adeguato, delle emozioni che abitano nella mia anima, ecco, queste, talvolta avranno un nome: quello di chi dedica un po' del suo tempo a me. Ciò mi commuove e mi rallegra il cuore (anche quando qualcuno a ragione mi critica).
      Ma io vivo dietro una nuvola, di sogni e di emozioni, nel mito della bellezza e della verità. Sono un umile viandante - come avrebbe detto il "mio" Rosai - sulla strada dell'irraggiungibile.
      Soffro, fatico e spero: per sentirmi un po' meno solo in questa difficoltosa e, insieme, meravigliosa esistenza. (Se vuoi, puoi pubblicarlo sul blog)."

      Ed eccolo pubblicato!

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  6. Ringrazio Giovanni per il messaggio, e Lei per la pubblicazione. Credo di aver conosciuto qualche settimana fà ad Assisi due amici di Bari del professore, citati anche in una trasmissione; con entrambi ho condiviso le opinioni di cui sopra, eravamo d'accordo su quasi tutti i punti. Stasera non perderemo per nessun motivo lo speciale su Armodio; posso chiederLe un'opinione su Stefanoni e Alberto Sughi (il sommo come detto da Giovanni) ?
    Saluti
    Salvatore (sono colui che avevo scritto come anonimo perchè non mi ero accorto di poter usare l'account g,mail)

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    1. Gentilissimo Salvatore, mi scuso per il ritardo con cui ho pubblicato questo suo intervento (e la conseguente risposta): per me questi sono giorni professionalmente convulsi, che tra l'altro finiscono puntualmente per travolgere e snaturare lo spirito profondo della Festa.
      Mi sento un po' in imbarazzo a rispondere alla sua curiosità; non sono un'esperta, ciò che mi anima è solo la passione! Prenda quindi ciò che scrivo con le pinze... Penso che Sughi rientri nella categoria di quelli che io definisco i Grandi Dimenticati, e nel primo Novecento sono in molti. Del resto, ai posteri si passa non necessariamente per il talento, ma più spesso per giochi di mercato e di potere. Poi io torno sempre lì: se un'opera mi piace, mi ispira, mi coinvolge, la cerco anche se le prospettive di guadagno sono meno di zero. Bravo lo era, questo è fuori di ogni dubbio; personalmente, non amo molto la solitudine che emanano i suoi dipinti, è una solitudine triste, forse cattiva, che fa male. Anche Marcello Scuffi mi porta per mano in un mondo di solitudine, ma mi trasmette pace interiore... tutto dipende dalla sensibilità di ciascuno, da come affrontiamo i nostri demoni più nascosti, le nostre paure e le nostre gioie (l'arte aiuta molto in questo, non trova?).
      Altra cosa invece, per il mio “io” più profondo, è Stefanoni. Posto che è ancora tra noi e quindi non è carino parlare di guadagni e di mirabolanti prospettive di crescita, io lo adoro a prescindere. Mi sconvolge e mi coinvolge la sua ricerca pittorica in senso stretto, come da quel punto di partenza sia arrivato a quel punto di arrivo. E la magia che sprigionano le sue vedute mi imprigiona (perdoni il gioco di parole). E' poesia allo stato puro, è un canto di bambini, è universale. Ne ho uno, ne vorrei una parete intera! Immergersi in un quadro di Stefanoni ti fa venir voglia di essere fienile, di essere prato, di essere neve, di essere blu.
      Buone Feste caro Salvatore!

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  7. Ringrazio Giovanni per il bel messaggio, la sua sensibilità ed il suo carattere schietto stanno emergendo sempre di più durante le sue trasmissioni, ritengo che la sua presenza in TV, al di là degli aspetti commerciali, sia un ottimo canale di comunicazione per la nostra comune passione, ovvero l'arte. Con l'occasione i migliori auguri per un lieto Natale ed uno splendido 2015
    Salvatore

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  8. Mi è capitato soltanto oggi di leggere queste considerazioni, anche profonde e sensate, spero in qualche caso non maliziose, ma francamente non mi hanno entusiasmato. Giovanni Faccenda, senza il professore davanti, è un uomo schietto e generoso, di quelli che faticano, soffrono, sperano e, come lui stesso confessa, considerano la nostra esistenza difficoltosa e meravigliosa. Aggiungo, e lo posso affermare perché Giovanni lo conosco molto bene, è un sorprendente contenitore incontrattabile di emozioni: l'emozione lo alimenta e lui alimenta l' emozione !!! Con il professore davanti, il termine più pertinente forse deve essere ancora inventato, in considerazione delle sue eccezionali prerogative e del suo notevole bagaglio culturale. E' per tutto questo che andare a cavillare nelle scelte e nel futuro dell'uomo, negli atteggiamenti o nei comportamenti, in questo caso dai limiti sottili, quali si vuole sottolineare tra venditore e critico o storico, non lo trovo confortante: l'uomo è onesto e umile, leale con se stesso e con il mondo, annienta con vasta erudizione la venalità, ove si voglia considerare una venalità, in certe sedi di rispetto come questa di casa Orler, presentare e argomentare un opera d'arte. Inoltre, con il suo parlare colto e fascinoso coinvolge lo spettatore, che, acquisti o meno, spesso ne rimane interessato ed anche emozionato. E allora vogliamo essere contemporanei nel ginepraio di questo mondo, e non solo negli ultimi esiti dell'arte? Ci sarebbe da scrivere diecimila pagine per esprimere questi concetti, ma la sintesi ha le sue leggi per chi vuol capire, e io sono dell'avviso che non bisogna mai parlare troppo, specialmente per chiarire alcuni aspetti che toccano la sensibilità. Che, talvolta per giustificare certe posizioni la si va perfino ad offendere richiamando in causa il "coraggio"....Ormai siamo una tribù tecno urbana, e non ce lo nascondiamo, sappiamo bene che il futuro del mondo sta nella spiritualità e nella tecnologia: spiritualità intesa soprattutto come sensibilità, creatività e ingegno! Giovanni Faccenda, con o senza il Prof. davanti, è un contemporaneo, di quelli che con la spiritualità arricchiscono il pianeta !!!. Andrea Gabbriellini

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    1. Per carità, con malizia mai e poi mai, gent.mo Gabbriellini, né da parte mia, né – credo di poterlo affermare per tutti i miei lettori e per chiunque lasci i propri commenti in un blog come il mio – di chi è intervenuto dentro questo post. Diciamo – magari, a volte – oltre a curiosità e sensibilità... diciamo un pizzico di ironia, quella sì: infatti sono stata fortemente tentata di mettere al suo commento il sottotitolo “Vedi alla voce: Sviolinata”.
      Accipicchia! E quando lo facciamo Santo quest'uomo? Caro Gabbriellini, mi creda, anch'io ho una conoscenza fraterna abbastanza intensa di Giovanni (data da fraterni slanci d'affetto e da altrettanto fraterne solenni incazzature), personale nonchè corroborata da aneddoti e racconti vari di chi gli è, o gli è stato, assai vicino (in toscana e non). Ma francamente non mi risulta cammini ancora sulle acque...
      Giovanni Faccenda ha indubbiamente molti pregi (la sua cultura, il suo entusiasmo, la sua capacità di coinvolgere in primis), ma ha anche qualche difetto (e non potrebbe non essere così!) che comunque contribuisce a renderlo più vero ed umano, perchè la perfezione non esiste e, se esiste, a lungo stufa (Armodio a parte, ci mancherebbe, eh).
      Tra l'altro, l'accenno a quello che poteva essere un atto di coraggio – nello spiccare questo salto un po' nel buio la scorsa estate – a lui non era dispiaciuto proprio per niente.
      Pubblico interamente il Suo commento perchè su Trecose funziona così: quando c'è garbo e rispetto, e soprattutto quanto ci si firma – tutte cose che Le sono proprie – la parola non viene negata mai a nessuno. E poi presumo che – sviolinata o meno – a Giovanni possa far piacere leggere i Suoi pensieri, visto che un venditore vive di iniezioni di autostima (io lo so bene).
      Però una preghiera: se Lei è l'Andrea Gabbriellini che penso io, continui talentuosamente a farsi ammirare per i suoi lavori e la sua arte. Lasci stare il violino, con il pennello tutto è più facile.

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