Durante una delle mie recenti puntatine alla Bottega di Franco Ristori ho scoperto un nome nuovo.
Ammetto che per me quella quarantina di metri quadri in piena Firenze (e già questo basterebbe) è diventata una sorta di sacrario dove andarmi a ritemprare, al bisogno, mente e anima; praticamente mi piazzo lì e mi guardo attorno, naso all'insù, con l'aria estatica che ci si aspetta da un bambino delle elementari davanti ad una vetrina stracolma di torte al cioccolato. Le opere d'arte se ne stanno abbracciate strette strette sulle pareti, confabulano con la pila di cornici rugginose a terra, mentre le cornici appese, vuote ma imponenti, suggestive nella loro perfezione, scrutano dall'alto e mantengono quel contegno da vecchie signore per bene che io perdo, inevitabilmente, man mano che il mio spirito adolescenziale riemerge. Per non parlare del fascino mostruoso che ha su di me il suo laboratorio, dove a volte ho avuto il colpo di fortuna di trovare qualche opera in lavorazione, quieta quieta, addormentata in attesa delle mani del Maestro che le ridaranno un aspetto nuovo ed una vita nuova, con tutte le boccette di vernice che dai loro scaffali commentano, attente e sveglie, sempre vive e un po' petulanti, il risultato, dandosi di gomito. Clinica estetica Franco Ristori, traboccante di oro e legno.
Completamente fuori di testa, ecco cosa sono io in certi luoghi impregnati di una magia senza tempo, nè più nè meno della volta in cui sono andata a trovare Armodio nel suo studio (e ne è nato il post "Tra realtà e incanto", lo scorso Novembre): una droga, un profondo respiro di benessere, amore incondizionato.
Orbene, in una di queste visite ho trovato esposto in vetrina un quadro dalle pennellate ventose, tutto giocato su toni rosacei (forse alba, forse tramonto, più probabilmente sogno o ricordo lontano): una lunga strada d'asfalto che sfuggiva dalla vista, rincorrendo palazzi di nuvole. Quando Franco mi ha chiesto se sapevo chi fosse io ho azzardato Alessandro Papetti, e giuro che per me, nell'incertezza, era un profondo complimento, perchè ritengo Papetti un artista a dir poco straordinario; lui, sempre senza dire niente, ha fatto una delle sue tipiche facce-torve-modello-Ristori particolarmente adorabili e ho capito subito di aver cannato, ma per arrivare a dirmi chi fosse davvero mi ha fatto penare un pochino. Ho volutamente lasciato che la curiosità prendesse il sopravvento, anche perchè trovo normale e tutt'altro che umiliante il fatto che che io non conosca tutti gli artisti toscani esistenti, soprattutto considerando che non è il mio campo (per lo meno, non quello principale).
E' andata così la mia prima volta con un quadro di Claudio Cionini, che per la cronaca ha esattamente vent'anni in meno di Papetti (vent'anni di vita, e di esperienza, di lavoro, di tele, di studio, di esposizioni) ma a vederne i lavori non si direbbe proprio, tanto è già "avanti" (magari giusto tre o quattro, quel tanto che basta perchè la prossima volta un assicuratore in estasi, ammirando un lavoro di qualche giovane nuova leva, azzardi con deferenza che è un Cionini). Esattamente come mi succede con la pasta, il formaggio e le bistecche, la prima volta non mi basta mai, e ho voluto - ingolosita e lievemente bulimica - vederne ancora e ancora, finchè una voce un po' meno torva e più rasserenata non mi ha buttato lì l'idea di scriverci sopra qualcosa. Franco Ristori è un gran dritto, sa perfettamente quali sono le richieste a cui io difficilmente dico di no, tant'è che qualcosa è davvero uscito fuori come da un'ampolla di ricordi, da un'unione spirituale di percorsi, teoricamente destinato (come ultimo, ultimissimo, quasi nascosto) al Catalogo di una prossima Mostra romana. Dico "teoricamente" perchè magari sarebbe meglio che me ne stessi zitta e buona senza divulgare alcunchè, ma sono talmente elettrizzata dall'idea di poter far scoprire Claudio Cionini a chi - come me - non ne conosceva il lavoro e la profonda sensibilità, che posso anche rischiare di bruciarmi la pubblicazione.
L'ho postato qui sotto, sotto questo fresco cappello estivo un po' anomalo; se, leggendo queste mie parole d'anima, ci sarà anche una sola persona - un amico fedele o un navigatore di passaggio, un nome a me noto o uno sconosciuto fugace - che sentirà la curiosità di approfondire un legame con Claudio Cionini nel suo sito, oppure che passerà per Firenze giusto per darci un'occhiatina dal vivo nella Bottega Artigiana di Franco Ristori, o che sentirà sotto sotto il bisogno - lentamente insopprimibile - di vedere appeso, nel proprio studio, nel proprio salotto, qualcosa di suo (forse di rapido, come un lampo in un viale, forse di calmo, come un argano solitario nella polvere), io sarò veramente appagata. E contenta.