E' arrivata. E' arrivata, infine. Proprio LEI.
E io... sono così felice!
A dirla tutta, ho dovuto riscattare un paio di Polizze Vita che avevo da qualche anno, e non è cosa che dovrei spifferare ai quattro venti, visto che il mio mestiere è continuare a venderne, non invogliare la gente a levarle via. Le Polizze Vita sono un investimento tranquillo e sicuro: sono impignorabili ed insequestrabili (aspetto sempre molto allettante per chi non vuole che altri possano mettere le mani sui suoi soldi), hanno nella quasi totalità dei casi una resa minima annua garantita in partenza, che salvaguarda l'investimento da fluttuazioni del mercato e/o altre sgradevoli sorprese, possono dare - a scelta - tutta una serie di interessanti garanzie accessorie a protezione della mia e della vostra serenità. Quindi, se potete (e con questo intendo se vi avanza qualche soldo all'anno - che non volete lasciare in Conto Corrente - dopo aver pagato il cibo, i detersivi, la bolletta del riscaldamento e tutte le altre spese minime per la sopravvivenza), un pensierino è sempre bene farlo. Magari come alternativa alla classica obbligazione, o al CCT, visto che ora come ora i Titoli di Stato non rendono un tubo.
Io l'ho fatto, più volte, a suo tempo. In fondo, io avrei anche qualche ragione in più rispetto a voi, perchè ogni anno ho degli obiettivi di vendita da raggiungere, e quindi stipulare ogni tanto Polizze Vita a me stessa è anche un modo per raggiungerli (con tutte le piacevoli conseguenze), oltre che un modo semplice e pulito per accantonare denaro in sicurezza.
Però l'ho già detto come in questo periodo io mi senta fuori dal mondo. Voglia di cambiare aria. Voglia di cambiare faccia, e facce intorno a me. Voglia di PRESENTE, oggi.
Dopo tutto, queste Polizze sono così... noiose. Sono solo dei pezzi di carta con una scadenza molto lunga.
Non bisognerebbe mai chiuderle anticipatamente, lo so bene io per prima, soprattutto se stipulate in una formula che, alla fine del percorso, ti dà un bel po' di rendimento extra (ma veramente un bel po', in doppia cifra), ma devi arrivarci dritto come un treno e senza interruzioni, alla fine del percorso, perchè se cambi idea per strada ci smeni parecchio. Ed è giusto così, del resto: se vuoi la doppia cifra garantita devi garantire tu per primo di fare il bravo. Altrimenti, ciccia.
Diciamo che sono formule per chi non cambia idea spesso. Sono formule per chi non è malato d'arte. Sono formule per chi non va a Madonna di Campiglio per festeggiare le dirette estive con gli Orler. Sono formule per chi non si trova davanti al naso la Sfera di Gianfranco Meggiato dei suoi sogni, proprio lei, proprio quella che ti è passata davanti agli occhi per anni e anni mentre tu potevi solo sospirare (e firmare Polizze). Eh, già. Quelli malati d'arte, che vanno a Campiglio per il weekend, che si trovano davanti al naso Meggiato e non solo Meggiato, va a finire che passano la notte immersi in complicati calcoli, e il lunedì successivo riscattano le Polizze perfettamente consci della percentuale di abbattimento del loro investimento finanziario.
Chissenefrega, però. Vi posso assicurare che, mentre dicono addio al cospicuo bonus finale della Polizza Vita, aprono la porta dello spirito ad una delizia che nessun pezzo di carta potrà mai dare. Aprono un portone anche ad un tipo di investimento differente ma ugualmente interessante, se vogliamo essere precisi, perchè Gianfranco Meggiato è un nome ormai consolidato e molto desiderato, e sono certa che le sue opere sono sempre soldi ben spesi, a qualsiasi latitudine. Ma visto che ormai mi conoscete bene, sapete che questo aspetto della questione è per me decisamente secondario.
Nemmeno mi ci metto, a discutere con chi non lo ritiene un Grande, oppure con chi non lo ritiene neanche un artista ma solamente un bravo designer, e mi fa la faccetta di compatimento come se avessi buttato il mio capitale - garantito e impignorabile - dalla finestra. Anzi, un bacio in fronte a chi non lo conosce per niente, non conosce i suoi lavori, e resta con la bocca aperta. Mi piace sentirmi dire: "Caspita, che bel Meggiato", dà il la ad un profondo dialogo tra appassionati. Mi piace anche: "Bel pezzo, chi è l'artista?"; è più raro, perchè Meggiato è abbastanza conosciuto da chi frequenta casa mia e colleziona arte, ma può capitare. In questo caso la discussione è più dotta e divulgativa. Tuttavia resta impareggiabile il silenzio, lo sguardo stupefatto, lo sbalordimento di chi non sa assolutamente nulla di arte contemporanea (e ce ne sono davvero molti, anche se a chi popola il mio mondo può sembrare strano) e se ne esce con un: "Bellissima, ma... che cos'è?". Io, questi qui, li adoro. Perchè adoro poche cose come poter parlare degli artisti che mi piacciono, e sono le domande così che me ne danno la possibilità. Non "chi è", tra l'altro, quanto "che cos'è". Il profano che si avvicina e, pur non capendo come e perchè, SENTE, AVVERTE qualcosa. Puoi raccontargli tutto. Puoi spalancargli una finestra con dietro un intero universo. Puoi dirgli "Sei tu, solo un poco nascosto", e vedere che faccia fa quando capisce che è esattamente così. Quella sfera centrale, così intima, così lucida, così perfetta, racchiude tutti i tuoi pensieri più nascosti, le tue paure, le tue gioie. La puoi intravedere appena attraverso questo reticolato scuro, che sei sempre tu, quando lasci che la vita ricopra il tuo soffio vitale, il tuo zelo, il tuo fuoco. Tocca. Mettici pure le mani sopra, dentro. Senti il vuoto, con le dita, dopo aver visto il pieno con gli occhi.
Erano anni che ci pensavamo, a questa Sfera. Proprio a lei, perchè una cosa che non sempre capisce chi commercia arte per mestiere è che le opere non sono tutte uguali (certo, a meno che uno non compri per puro investimento, allora tramite il suo consulente va a caccia di un paio di Boetti due metri per due, li mette in una bella cassaforte senza neanche sapere come sono fatti, e la cosa finisce lì: io parlo per chi compra per il puro gusto, per la bellezza, per emozionarsi, principalmente). O meglio, è probabile che lo capiscano perfettamente (nessuno meglio di loro vede la differenza tra un quadro ben riuscito e una robaccia immonda, anche se della stessa mano e della stessa dimensione), ma quando si tratta di venderle ai collezionisti fanno finta che il concetto passi in secondo piano. Mi fa un certo che quando, in certe televendite, a chi vuole un quadro che invece è appena stato confermato da qualcun altro dicono: "Te ne tiriamo fuori un altro". Come se fosse la stessa roba! Come se fosse un chilo di pane! Mi dia due pacchi di fusilli! Non è possibile, non è solo il NOME. Non è solo il SOGGETTO. Non è solo la DIMENSIONE. E dirò di più, non è nemmeno solo il fatto che l'opera sia bella o brutta o così così. Anche all'interno di opere universalmente definibili "belle", c'è una musica che si sprigiona solo da quel pezzo, lui e lui solo, per me, e magari a qualcun altro non dice niente (per fortuna, così dev'essere). E' una vibrazione che ti attira. Mi sa che anche con l'arte vale il proverbio "Dio li fa e poi li accoppia", come con i fidanzati, o i cani. Compri cose che senti simili a te, ti circondi di opere che siano in sintonia con il tuo ritmo interiore, e se ci si avvicinano solamente non ti senti completo, è come sentire una stecca durante un concerto. E infatti spesso ci si perde il cuore, su certi pezzi, perchè non si può comprare sempre, perchè non è il momento, perchè c'è chi te li soffia sotto al naso, o semplicemente perchè non hai Polizze Vita oculatamente sottoscritte anni prima da riscattare.
C'è gente per cui le Sfere di Gianfranco Meggiato sono solo delle grosse palle di metallo, gradevoli ed ornamentali. Una vale l'altra. Tra l'altro, pur nei brividi sinistri che mi dà questa frase, ammetto che è una bella cosa che i suoi lavori PIACCIANO - in effetti - praticamente a tutti (anche a chi non le considera arte). Perchè trasmettono comunque qualcosa, anche a chi non considera il loro messaggio intrinseco (l'io nascosto, la ricerca del sè, l'alternanza di vuoti e di pieni come specchio della vita...). Magari perchè riescono a vederci l'enorme lavoro tecnico, la perizia certosina, o semplicemente l'opulenza. Ma nel mio caso, che oltre alla bellezza ornamentale, alla bravura, alle cesellature, conosco e fremo per ciò che rappresenta, figuriamoci se non ne cercavo una che mi rispecchiasse davvero interamente: non troppo grande, innanzitutto, perchè volevamo poterla tenere in camera. Esattamente di fronte al letto, così è la prima cosa che vedi quando ti alzi, l'ultima prima di addormentarti, e troppo grande soverchia (nemmeno microscopica però, perchè non siamo scemi, e se si colleziona bisogna comunque avere dei pezzi decenti e non solo le "voglie di").
Assolutamente con la sfera interna, perchè vuota mi inquieta, quella sfera interna è una certezza e un solido riferimento: c'è lei, ci sono io. Attorno alla sfera, tutto attorno, altra materia: io non sono una sfera divisa a metà, non mi sento incompleta. Ma non troppa, giusto qualche voluta elegante che sale, scende e si ripiega su se stessa come un gioco di nastri, perchè chiusa mi soffoca. Visto che ho già vissuto, salvo sorprese scientifiche, ben oltre la metà degli anni che si presume un essere umano normale possa vivere, mi sono meritata un po' di respiro attorno all'anima. Guardo fuori, insomma. E voglio poter riempire io i vuoti che trovo. E' incredibile come Meggiato riesca a creare oggetti PIENI (nel senso che occupano uno spazio fisico, tridimensionale per giunta) contemporaneamente ricchi di VUOTI, di una vaporosità, di una incredibile levità che sembra priva di peso, sembra azzerare la gravità stessa.
Infine, le spennellature di quella sostanza nera, grumosa e opaca come catrame, che rabbuiano e falciano come notti improvvise il lucido bagliore del bronzo. L'ho già detto e ridetto come per me l'approccio all'arte sia una questione di fisicità (come con le persone, come con tutto ciò che mi prende da dentro, dalla base dello stomaco, da quel plesso solare che sobbalza e si strozza e ti fa mancare il fiato ai primi amori... ai primi GRANDI amori, a qualunque età). Mi piace TOCCARE anche i quadri - le perfette pareti in calce di Marcello Scuffi, i sentieri spatolati di materia di Sergio Scatizzi - figuriamoci ciò che è in tre dimensioni, e oserei dire che con Meggiato c'è anche la quarta dimensione, quella del tempo, perchè quando le sue Sfere si muovono non sono mai uguali a loro stesse, un attimo prima. La buonanotte alla nostra Sfera va data con le mani, con le dita, che scivolano giù per la liscia superficie bronzea ed arrivano alla pancia del vulcano, dove quel sostare di lava scura e rappresa ti attende, per imbrigliare i tuoi pensieri.
Su a Campiglio ce n'era una parete intera: dalle Sfere più piccole, seminascoste, alle grandi, a quelle Piramidi che trasformano il concetto delle Sfere in ricerca d'ascesi. A quell'enorme Disco in marmo bianco che io, tanto per cambiare, ho fotografato appiccicandoci il naso dentro, per non vedere i suoi bordi, ma per sentirlo fremere come un unico organismo vivente, una parete di coralli, una spugna marina fatta di luci e di ombre. Non l'avevo ancora vista, lei. E siccome niente succede mai per caso, ho visto che c'era proprio mentre salutavamo un amico che era appena rientrato dalle ferie e ci stava raccontando di questa sua ultima esperienza in una terra inusuale e primitiva. Un profondo conoscitore del concetto di "viaggio", che ama uscire fuori dagli schemi, ed evita come la peste le destinazioni caciarose e commerciali. Saper viaggiare, imparare ad accostarsi ad altre culture, ad altri Luoghi (intesi come luoghi fisici o luoghi dell'anima), è cosa che richiede tempo, è un percorso che presuppone una certa finezza interiore, un po' come arrivare a comprendere certe espressioni artistiche (quelle che, se prese da zero, suscitano ilarità, o fastidio, o ripugnanza). Quest'anno è stato in un posto della Madre Terra dove è forte e prepotente il concetto di "Madre": primigenio, basico, naturale nel senso più arcaico del termine. Un posto dove la Madre ti aggredisce, se non sei pronto. Ribolle e poi gela. Un posto che ti spacca in due l'anima, all'inizio ti spaventa e poi ti lega a sè, con una violenza ancestrale che azzera millenni di storie e culture, da Est ad Ovest. Io lo ascoltavo, e lo sguardo cadeva lì in mezzo, in mezzo a quella parete che rappresentava perfettamente tutto ciò. E poi ho visto LEI, e ho capito che era come l'Islanda: mi aveva aspettato, ed era arrivato nuovamente il momento di nutrire la parte più importante di me.