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giovedì 17 gennaio 2013

Il cervello parla, il cuore decide

Ecco un esempio pratico di quello che volevo dire nell'ultimo post dell'anno scorso, sui miei cambiamenti interni e sul mio nuovo/rinnovato approccio alle cose della vita. Era il 13 di Dicembre, per me iniziava la piena Fase Critica, una stanchezza non umana e livelli di stress che raggiungo solo da un dato numero di appuntamenti al giorno in su, telefono perennemente incollato (in entrata o in uscita), con i conti di fine anno che incombono per vedere se hai raggiunto gli incrementi di premio che ti sono stati spudoratamente richiesti undici mesi prima, crisi o non crisi.
Ero come ogni giorno in Banca a depositare gli incassi, e allo sportello mi fermano e mi chiedono se mi interessa andare - quella stessa sera, che preciso era di giovedì, quindi giorno feriale circondato da giorni feriali - ad un concerto per piano nel Teatro della mia città. La Banca ha due biglietti gratis da offrire. "E' il più famoso e bravo pianista del mondo" mi dice la direttrice, e mentre io penso "E da quando Lang Lang viene a suonare qua?" lei aggiunge "Sokolov". Buono uguale, altro nome immenso (e non fa neanche le smorfie).
Ebbene, questo è quello che è successo: il mio cervello, sempre attento, preparatissimo, pragmatico e ordinato, ha cominciato una filippica che non finiva più, tutta d'un fiato e senza punteggiatura. Il mondo esterno non lo poteva avvertire, ovvio, ma io lo sentivo nettamente, e diceva:
"Ma sei completamente pazza non puoi non puoi renditi conto che ti sei alzata alle cinque e un quarto stamattina e ti sei alzata alle cinque e un quarto senza nemmeno aspettare che suonasse la sveglia della mezza perchè tanto non riuscivi a dormire per i pensieri di quello che ti manca ancora da fare entro Natale sei pazza impossibile impossibile non se ne parla neanche sei già stanca adesso che è l'una come pensi di tirare notte tu che alle nove sei già collassata in divano e poi già salterai il pranzo come al solito in dicembre del resto se pensi che faccia bene alla tua alimentazione trangugiare un cappuccino con tanto zucchero al posto della bistecca o della pasta col sugo anzi quant'è che non mangi una pasta fatta come si deve è vero che lo zucchero ti dà calorie ma pensi di poter continuare ancora per molto prima di riprenderti i dodici chili che hai perso tra immani sacrifici e poi insomma pensa a tutto quello che devi fare oggi pomeriggio ora di sera puzzerai come un cammello sotto il sole e se per miracolo riuscirai a farti una doccia al volo vuol dire che ti toccherà saltare anche la cena e poi domani sarai uno straccio uno straccio uno straccio davvero ragiona ma dai non puoi permettertelo devi stare concentrata pensi di spegnere il cellulare o lo lascerai trillare in mezzo al teatro perchè a Tizio è venuto in mente di inserire anche il figlio nella Polizza Infortuni visto che parte per la Polinesia tanto sono mesi che gliel'hai fatto notare figuriamoci se non si sveglia proprio stasera col pensiero dell'aereo che cade tra le isole per non parlare dell'ansia che hai addosso per tutti i soldi che hai dovuto anticipare quest'anno per chi non ne ha o non te li vuole dare figurati se riesci a rilassarti e goderti un concerto per piano ti addormenterai e farai una figura di m/da e poi cosa pensi di metterti addosso mica ci andrai in maglione e leggings vero ci saranno tutte le signore benestanti ingioiellate con la pelliccia insomma dai lascia perdere che non è il caso pensa al lavoro pensa a fare il tuo dovere che è VENDERE POLIZZE FAR QUADRARE I CONTI E NIENTE CAZZATE".
Questo diceva il mio cervello, ululando silenziosamente (soprattutto le ultime parole) e sentendosi molto stile Ulysses di Joyce arrivato ormai all’ultimo capitolo.
Io ho aspettato che finisse, giusto per dargli il contentino, e poi ho detto alla direttrice: "Sì, grazie!". Mio marito mi ha tirato uno sguardo strano, diciamo una faccia da "Ma come?!..." perchè anche se non poteva sentire i miei discorsi interni per certo li conosceva a menadito. Ma mi ha guardato fisso fisso negli occhi, e ha visto "oltre", perchè anche se stiamo assieme da sedici-anni-ad-Aprile io e lui siamo ancora capaci di trascinare giù tutte le stelle del cielo, e di muovere l'universo intero, quando ci guardiamo negli occhi, quando i miei smeraldi e le sue acquemarine si fondono. Ha sorriso e ha detto: "Se tu vuoi, io ti accompagno", facendo saltar fuori dal retrosportello un'altra signora della Banca che voleva vedere com'era fatto un uomo che dice una frase del genere a sua moglie. Voleva anche toccarlo per sincerarsi fosse vero, ma io ho ringhiato e l'hanno fermata.
Comunque lui è vero, gentile e dubbiosa Altra Signora Della Banca, ed io posso reggere Dicembre dopo Dicembre dopo Dicembre solo perchè lui c'è, e capisce. E in quel Teatro c'era anche già stato per fare un piacere a me, anni fa, quando ero riuscita a prenotare due abbonamenti per tutta la stagione teatrale invernale, che per me era un sogno lontano che si realizzava, e per lui ha significato passare una dozzina di pomeriggi domenicali a pisolare dietro all'Uomo Montagna, probabilmente il più grande e grosso amante del teatro vivente in tutto il Triveneto. Paperino docet.
Il mio cervello aveva ragione sulla cena, perchè in effetti ho preferito saltarla in toto ed utilizzare quei minuti per darmi una ripulitina, ma tutto sommato maglione e leggings non davano fastidio alla ingioiellata platea. Ed aveva ragione anche - in parte - sul sonno, che ad un certo punto, verso mezzanotte, mi ha morsicato in modo violento facendomi gemere la schiena e le ginocchia (che sono i miei punti deboli, quelli dove si scarica la stanchezza scatenante, soprattutto il ginocchio destro su cui si è scatenato anche il chirurgo), ma devo dire che la Banca ci aveva riservato due posti spettacolari, di quelli dove si possono anche allungare e stiracchiare le gambe, per cui ho resistito indomita. Certo, dopo le undici e mezza ha ricominciato ad intervalli regolari la litania "Ora che arrivi a casa e vai a letto ti resteranno cinque ore di sonno... quattro ore e mezza... quattro ore...", ma ormai il cuore mi ha insegnato come ignorarlo, visto che zittirlo è impossibile.
E restare quasi semisdraiata nell'oscurità, ad occhi chiusi, mentre Mozart mi pioveva addosso come una cascata di diamanti, mentre mi avvolgeva come seta di stelle, calda e luminosa, mentre tutta me risuonava di note e di pause e ancora di note ancora, e rincorreva nell'anima emozioni antiche e mai cancellate, e si riempiva di una vitalità nuova, dolce e profonda, che nessuna firma su nessun contratto - anche se concluso in modo ottimamente soddisfacente - potrà mai darmi, non ha eguali. Per quanto il mio cervello possa ricordare.





P.S. L’avevo scritto poco dopo quella notte, questo post. Adesso, nel lasciarlo andare lungo la lunga strada del mio blog in giornate meno pesanti ma un po’ più tristi, ho cercato su Youtube un video di Grigorij Sokolov, che completasse le mie sensazioni, ed ho trovato questo, un po’ datato, in cui sprigiona Rameau, che è uno dei suoi compositori preferiti (l’aveva suonato anche quella notte, ma io non sono un’esperta di classica e non lo conoscevo, avevo visto Mozart nella locandina e da profana mi bastava). Un po’ datato perché ora lui ha i capelli tutti bianchi, ma ha sempre quella strana faccetta rubiconda, e quando cammina fa piccoli passetti da imbranato, a dimostrazione che le apparenze ingannano, eccome.
A vederlo così, magari senza smoking, gli chiederesti di metterti su un cappuccino - o di affettarti la sopressa, se sei un tipo più da salato che da dolce.
Poi lui si siede (dando un colpetto col sedere – hop! – alla codina della giacca, che stazzonata non sta mai bene), e con le mani fa capire che Dio esiste anche a quelli che ancora ne dubitano.
Quante cantonate prendiamo, a volte, se non sappiamo andare “oltre”! Se filtriamo tutto/troppo col cervello, se ci fermiamo a quello che “sembra” senza provare ad assaggiare, a mordere, a gustare ciò che “è”!
Ricordo una volta d’estate, mi ero fatta da poco il tribale al braccio sinistro ed era lì, nerissimo e tutto lucido in piena fase-vaselina; ero in Agenzia, ad una delle scrivanie della reception, con addosso solo jeans ed una canotta in pelle gialla, e sotto di quella nient’altro (nient’altro che non fosse già tra le mie naturali dotazioni di serie): entra una sorta di biker ciccione con la bandana, un giubbotto strapieno di ferraglia, barba incolta e due occhi da cattivissimo, e prima ancora che potessi anche solo pensare di averne paura (dopo tutto, ero da sola in un enorme ufficio vuoto), quello mi fa: “Ehi, sorella, mi chiami qua il tuo Capo”. Ho sorriso, pensando che se fossi stata in inverno con uno dei miei impeccabili tailleur giacca/pantalone da Capo forse avrebbe avuto paura lui, di me. Ma invece era Luglio, e così va il mondo, sorella. 

1 commento:

  1. Una cara amica mi fa notare che sono stata presuntuosetta, perchè il colore dei miei occhi non è avvicinabile agli smeraldi (ci ho provato...); dice, lei, che piuttosto ricordano la giada. Vada per Giada, allora, è carino, anche se fa un po' escort; ma sempre meglio dell'alternativa, che era Muschio...

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