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domenica 26 maggio 2013

Parentesi

Con la scusa dei problemi di lavoro mi sto perdendo un sacco di cose interessanti.
Lavoro tanto, troppo, spesso per niente (nel senso che corro, parlo, corro, parlo e non concludo un tubo), e dal momento che sono schifosamente tedesca nel midollo - per carattere, per educazione, e perchè Il Colonnello ha davvero fatto nel tempo un ottimo lavoro - finisce sempre che tolgo tempo ai miei hobbies e alle mie passioni. Del resto le ore della giornata sono e restano ventiquattro.
Ed è sbagliatissimo, perchè a lungo si rischia l'arsura profonda, come la terra che si indurisce e si spacca e - a quel punto - perde la capacità di assorbire l'acqua e di rifiorire. Anche se piove, l'acqua scivola via.
Ieri ho detto no, perchè mi sono già persa un paio di Mostre con la mania del rimandare (questo fine settimana no, vediamo il prossimo come butta, e poi va a finire che chiudono) e oggi era l'ultimo giorno per De Nittis a Padova. Non voglio parlare di De Nittis o della Mostra in sè, poteva essere qualsiasi nome: l'importante è fermarsi a bere, ogni tanto. Non importa se c'è la lavatrice da metter su: qualcosa di pulito si trova. Non importa se sabato è ora di passare il parquet: a parte il fatto che quando io lo vedo "da passare", la maggior parte della gente a casa mia mangerebbe direttamente dal pavimento (io ho un concetto di pulizia fastidiosamente maniacale), non voglio avere la casa splendente e un'anima spenta. Idem con la roba da stirare.
Io e il fido palafreniere siamo entrati a Palazzo Zabarella a ridarci un po' di smalto, e ne siamo usciti con tre considerazioni, che ora condivido qui:
- Come accennavo prima, mai permettere alla vita di rubarci l'anima. Poi ognuno la viva a modo suo, magari c'è gente che ritrova se stessa inforcando la bici e pedalando per sei ore. Io combatto l'arsura con l'arte, l'ho capito da un bel pezzo: davanti ad un'opera d'arte io raggiungo un ossimoro indispensabile, perchè mi perdo e mi ritrovo allo stesso tempo. Palazzo Zabarella è una sede espositiva con i controfiocchi, sono davvero in gambissima a giocare con le luci e la penombra, la pittura ti viene incontro già sulla porta. Io l'ho capito col tempo, ci sono arrivata negli anni: mi toglie il fiato l'immensità della montagna, il profumo della campagna, l'orizzonte del mare. Mi fa piangere la musica (certa musica, ovvio). A livelli più basici, mi rallegra da morire fare shopping. Ma fermarsi davanti ad un quadro, fermarsi davvero, lasciandoselo scivolare dentro, con la sua luce, la sua storia, la sua unicità, e passare poi ad un altro, e ad un altro ancora, in una spirale infinita che unisce tutti i presenti, è l'unica cosa che mi fa dimenticare cosa c'è fuori della porta. Dopo una gita in montagna sogno di tornare a casa, a letto. Ascolto la musica e mi accorgo che ho fame. Invece dentro Palazzo Zabarella avrei piantato una branda. Non mi interessa più dormire, mangiare, parlare, camminare. Non mi ricordo neanche per quale Compagnia lavoro. Non c'è arsura, solo sorgente.
- Sono limitata, limitatissima. Mi piace interessarmi di ogni aspetto dell'arte contemporanea, dei nuovi linguaggi, tutto quello che volete, ma poi torno sempre là: alla pittura, alla pittura vera. Per questo adoro Scuffi, per questo venero Armodio, e mica solo loro comunque, ci sono tanti altri pittori-sorgente per me. Ma per carità, niente tubi al neon, niente sugo di pomodoro, niente stoffa, niente plastica. Posso trovarli gradevoli (a volte). Posso sforzarmi di capire, o anche - di alcuni - riuscire a comprendere, il messaggio che contengono. Ma nulla di tutto ciò sarà mai "sorgente" come la pittura. Rugiada per l'anima. E, nel mio essere coscientemente limitata, direi che questo Ottocento mi stordisce e mi appaga.
Capisco perfettamente che la storia continua, che si srotola come un tappeto lungo il suo infinito corridoio, che ad un certo punto ha cominciato a correre lungo nuovi binari. Io non ho alcuna intenzione - o men che meno pretesa - di farla fermare: sono io che mi fermo. Mi fermo e, nella mia ignoranza, mi ci immergo. Forse perchè (in senso letterario e "oltre") sono romantica, sono impressionista, sono malinconica. Forse perchè dovevo nascere cent'anni prima. Forse perchè è ovvio che ringrazio Dio per le scoperte scientifiche, il progresso, la medicina, le novità tecnologiche che azzerano qualunque distanza, e tutto ciò che può fare il mondo migliore, ma sotto sotto - potendo, per un giorno o un mese - vorrei provare un salto all'indietro: vestiti lunghi come lo scorrere del tempo, niente fretta, corteggiamenti galanti come si deve, viaggi verso Paesi ancora sconosciuti con in mano un libro di poesie, città immense non annerite dall'aria malata (e, possibilmente, essendo realisticamente ricca, altrimenti che gusto c'è).
- Chissà come mai (domanda retorica), da qualche anno quando vado per Mostre sono curiosamente attratta dai cartellini. Mi piace scoprire la proprietà delle opere. Mi piace immaginare tutte quelle immense e meravigliose "collezioni private". E finisco sempre per constatare che - salvo qualche raro, rarissimo caso - i capolavori sono dei Musei. La collezione privata ha l'opera piccola, carina, anche interessante per carità (lungi da me criticare, magari fosse mia!). Ma mai il capolavoro che toglie il fiato, quello con quel quid in più, quello della giornata giusta, quello diverso, enorme, meraviglioso, unico unico unico. Quello sta nel Museo, e gira il mondo come è giusto che sia, per raggiungere e ripulire più anime possibili. E' rinfrancante, perchè conferma quello che penso da collezionista: compro cose che mi piacciono, ma MAI pensando alla loro rivalutazione, al loro futuro economico. Le opere realmente fuori categoria restano destinate all'umanità intera.

2 commenti:

  1. Post da dieci e lode...hai descritto sensazioni che sono anche le mie, quando vengo rapito da un dipinto...anche se non ho le tue competenze per apprezzarlo sul piano tecnico, comunque il senso di rapimento è lo stesso, qualcosa che viene dal profondo, una voragine di bellezza...Ti abbraccio

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    1. Con te certa condivisione è più facile... Grazie per l'abbraccio e per essere tornato (spero tu stia bene)!

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