E' stato un Aprile strano, molto strano, un Aprile unico. Probabilmente irripetibile.
Erano ormai mesi che non passavo così tanto tempo senza scrivere, non necessariamente senza cose da dire: più semplicemente senza il desiderio di fermarle lì, di rileggerle, di condividerle. Cose mie, emozioni mie, io egoista nel trattenere tutto dentro, nello sperimentare quella non-condivisione che ti forgia l'ennesimo strato di corazza.
Poi, scivolando sull'onda della lettura di altri blog, sussurri quotidiani, in quel grande mare calmo che unisce gli spiriti sconosciuti sulla terra ma amici d'anima nel grande cielo delle emozioni, scopro che non sono la sola che si è fermata, anche se le motivazioni altrui sono diverse. E cerco di capire, di capirmi, di leggermi dentro fino in fondo per trovare un perchè a questo strano ed anomalo tirare il fiato, dopo un anno e mezzo di corsa folle in cui sono stata un treno lanciato sui binari che ha volato, fischiato, segnato, sperimentato, travolto e sconvolto. Sono sempre io eppure sono cambiata totalmente. E non è solo la vita in stand-by che ti congela, come dicevo a me stessa un paio di mesi fa; è ben oltre a ciò.
Sono giunta a questa conclusione: non riesco a scrivere quando l'emozione è esagerata. Poichè la scrittura è reale, è parte del mondo vero, è un mezzo per comunicare tra menti e tra cuori. Scrivo per emozioni e scrivo di emozioni, ma quando l'emozione trascende, io mi blocco. Come lo specchio elettromagnetico, che l'occhio umano non percepisce interamente, limitandosi alla sua porzione che, lasciandosi alle spalle la fredda scia dei termini scientifici (frequenze e nanometri), prende il nome fiabesco ed unico di "luce"; e solo la pelle resta a cogliere, scaldandosi ed arrossandosi, l'esistenza degli infrarossi e degli ultravioletti (la pelle, ancora lei, testimone in un fremito di tutto ciò che gli occhi non colgono).
Come l'altezza degli infrasuoni e degli ultrasuoni, che l'orecchio umano in natura non può percepire.
Il mio Aprile è stato un mese di soli picchi. Di profondità impensabili. Di vette insuperabili, raggiunte in un colpo.
Ho guardato negli occhi chi da anni consideravo più di un fratello, e ho udito la mia voce dire come in un fuori campo "Tu per me sei morto", svuotandomi d'un colpo di tutto il dolore, di tutta la tensione, di tutte le paure e gli strazi a cui, negli ultimi due mesi, avevo dato il permesso di imprigionarmi, e mentre il suo viso impallidiva io non provavo assolutamente niente. A parte, forse, un sottile e sadico sollievo. E questo è infrarosso, è infrasuono, esce dalle sensazioni permesse alla nostra carne, ai nostri sensi, al fluire del nostro sangue. Scende direttamente nella profondità degli oceani, forse distrugge, forse rigenera.
E nell'arco del medesimo Aprile, prima che potessi metabolizzare queste oscure sensazioni, tornare a vivere, a sorridere, a credere, a respirare, a urlare. Dalla profondità degli oceani all'aria rarefatta delle cime. Io come un sonar avvolto nella danza sfrenata degli ultrasuoni. Io consapevole di qualcosa di nuovo, di vero, tutto mio, perchè sono solo io contro al mondo, nella lotta per afferrare quello spicchio di felicità che nessuno regala, anche se in teoria ci spetta. Non comprendi se è piovuta dal cielo o se è il risultato di una battaglia, ma la avverti, senti la sua potenza e sai che non hai nessuna intenzione di lasciarla andare.
Ecco, dunque, perchè non ho scritto, per un po'. Perchè nelle ultime settimane gli hertz delle mie emozioni sono andati decisamente fuori scala, oltre la mia comprensione, togliendomi - quasi - la capacità di razionalizzare e raccontare, e per certo togliendomi il fiato. Ho capito che ci sono zone troppo scure o - al contrario - troppo luminose, fino alle lacrime, che devono restare mie perchè al di fuori di qualunque capacità di condivisione. O forse perchè, semplicemente, dentro una nuvola si sta meglio.
..le ultime 15 righe..mi sono 'familiari'..
RispondiEliminaMagari sbaglio, o forse leggo quel che voglio leggere, maaaa...io ci sento l'inconfondibile emozione del "volo dell'albatros".. :))
E si...ogni tanto è bello accoccolarsi dentro una nuvola.. ;)
Un abbraccio, T.
"What's in a name? That which we call a rose
Eliminaby any other word would smell as sweet"
(William Shakespeare - Romeo and Juliet - Balcony scene)
Personalmente mi piace quando qualcuno "legge quel che vuole leggere" in ciò che scrivo: possiamo chiamare le sensazioni che proviamo in molti svariati modi, senza mutare nulla della loro essenza profonda...
:).. T.
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