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giovedì 13 settembre 2012

Bramante colpisce ancora - Prima parte

I vecchi detti popolari ed i proverbi hanno spesso ragione, si sa; nel nostro caso, "non c'è due senza tre". Dopo tutto, questo Settembre consta di ben cinque weekends, e dedicarne all'arte solo due (Armodio e Scuffi, come già anticipato) tutto sommato ci sembrava riduttivo. Abbiamo approfittato di una nuova accoppiata vincente (cioè il nostro studioso preferito ed uno degli artisti che ci piacciono molto, Vincenzo Balsamo) e ci siamo ritrovati ancora una volta al Chiostro del Bramante, stesso treno, stessa camera, nuove emozioni ma sempre tutte da raccontare.
Mi tolgo subito dalla mente l'incubo del treno, che in Aprile invece avevo vissuto come un gradevolissimo viaggio tra l'ironia e la filosofia del mondo, del resto la primavera predispone a queste cose, mentre con l'estate niente da fare, si perde tutta la poesia tra rivoli di sudore, spiacevoli odori, turisti che invece di un trolley o due se ne portano dietro ventiquattro (e non capisco perchè, visto che d'estate servono di sicuro meno vestiti e meno scarpe!).
Mi sa che abbiamo sbagliato binario, stavolta non abbiamo preso il Frecciargento ma la Freccia dei Ghiacci. Forse non abbiamo ben compreso il messaggio di benvenuto introduttivo, probabilmente era un qualcosa del genere: "Diamo il benvenuto ai gentili viaggiatori della tratta Venezia-Roma informandoli che la temperatura all'interno dei vagoni, impostata in laguna sui quindici gradi, diminuirà gradualmente in maniera proporzionale alla velocità ed ai chilometri percorsi, attestandosi stabilmente da Bologna in poi su gradi sei. Certi della vostra soddisfazione eccetera eccetera". Non scherzo, io soffro il freddo da morire, è una delle pochissime cose su cui litigo con mio marito, che sostiene che vivo in una specie di bolla invisibile in cui la temperatura è regolata stabile a dieci gradi di differenza rispetto al mondo circostante. D'inverno gli faccio cacciare certe urla notturne solo appoggiandogli addosso mani e piedi, all'improvviso, di notte, così i condòmini pensano che stia facendo chissà che numeri, invece sto solo congelando. Voglio dormire con il trapuntino anche a Ferragosto (ce l'ho singolo, solo per la mia metà del letto, sono freddolosa, mica sadica). Difficilmente sudo, e quando sudo io solitamente la gente intorno a me è già che boccheggia per terra da giorni. Quindi SO che non mi devo lamentare se sento freddo in treno, sono io quella sbagliata, non gli altri. Ma quando mi dicono che sono stranamente pallida, tendente al verde, non muovo più le dita, e noto che TUTTI gli occupanti del vagone, dai giovanotti vichinghi alla nonnina americana, fanno corse folli ai bagagli per coprirsi con uno o più strati, forse ho ragione io: fa un po' troppo freddo. Mi sono chiusa nell'unico posto non refrigerato del treno: il bagno. Per fortuna che dalle parti di Firenze è passato, quasi sfuggente sui suoi sci, un signore di Trenitalia, ed i pochi di noi non ancora in ipotermia totale l'hanno convinto a rimettere i gradi celsius per lo meno a doppia cifra.
In compenso, visto che l'avevamo costretto ad interrompere la pattinata d'allenamento, il Capotreno ci ha cacciato giusto davanti un anziano apolide che ci ha deliziato con lo spettacolo del suo pranzo, visibile in presa diretta dalla masticata: panini ripieni di qualunque schifezza reperibile e di vari colori (spero per lo meno fossero una sorta di peperoni ogm, perchè l'alternativa era passare alla fauna). Dita cacciate nel naso a più riprese, fino alla prima falange, e gran rutti. Se non avessi avuto conati di vomito l'avrei anche trovata una situazione divertente, visto che era seduto esattamente di fronte a mio marito, che discende in primo grado da Monsignor Della Casa, ed era paralizzato dall'orrore - così impara ad impedirmi di fare la scarpetta (ma detto come da noi, "tocciare", suona meglio), almeno a casa, mica dico al ristorante, quell'unica volta all'anno in cui mi è concesso il ragù.
Però ammetto che a volte ha ragione, come ad esempio con la questione degli sbadigli (altra roba tipica da treno): ma una volta i genitori non ti dicevano di metterci la mano davanti? Me lo sono sognato o cosa? Mio papà ci tirava certi schiaffi sulla bocca, se non lo facevamo! Da livido permanente. Invece adesso, in treno, dal vichingo alla nonnina, impari tutto sul loro dentista, quando non addirittura sul gastroenterologo.
Chiuso con gli spettacoli dell'andata; circa il ritorno posso solo dire che è stato funestato da un ritardo di quasi un'ora perchè le linee del Ponte della Libertà (quello che collega Mestre e Venezia) erano bloccate: è stato simpatico perchè, dopo circa dieci minuti in cui eravamo stranamente fermi a Padova, una gentile voce ha informato i gentili viaggiatori che il treno era momentaneamente fermo nella Stazione di Padova (avvisi per i non vedenti, credo, che fa tanto politically correct). Se il blocco è là in laguna, portateci almeno fino a Mestre, tanto scendiamo praticamente tutti! Niente da fare, ovviamente i binari di Mestre erano già intasati da tutti i treni che non potevano proseguire. Poi qualcuno ha cominciato a far girare la voce che, se il ritardo supera i sessanta minuti, Trenitalia rimborsa il biglietto Freccia: devono aver buttato in acqua alla svelta un paio di treni regionali con tutti gli occupanti ancora dentro per far un po' di spazio, perchè ad un certo punto ci siamo mossi ad una velocità da brivido, da farci un intero corteo No-TAV, ed abbiamo fatto mea a Mestre esattamente cinquantasette minuti dopo l'orario previsto. Secondo me è stato il signore sugli sci dell'andata, ha visto il biglietto di Paperino e ce l'ha giurata, sistemandoci ben benino per il ritorno, infatti mi pareva che ghignasse.
Anche il Bed & Breakfast, lo stesso dell'altra volta, ci ha riservato qualche novità: adesso non serve più la colazione. Praticamente ha la scritta Bed & Breakfast fuori, ma in realtà è solo Bed. Vuoi vedere che ha litigato con la signora del bar che non voleva darci il succo di frutta? Mah, magari, mistero. Datemi almeno la stessa camera dell'altra volta, che aveva portato tanta fortuna visto che era stata una serata bellissima; macchè (oggi va tutto di emme). Un giovialissimo musicista (alternativo anche lui, come il padre, nonostante la emme) insisteva per farci dormire in una camera secondo lui migliore perchè ha il soffitto a travi e sta in una torretta medievale totalmente restaurata. Bella, ma non così vicina al Chiostro, e poi non mi faccio coi tacchi (a zeppa e non a spillo stavolta - raramente faccio due volte lo stesso sbaglio - ma pur sempre tacchi alti) venti rampe di scale come quelle senza un’adeguata imbracatura da roccia solo per dormire qualche ora sotto un soffitto a travi. Si è stupito, lui, perchè gli ho detto "no, grazie" mentre invece di solito i turisti s’incantano (gli americani, forse, di quelli che vivono nei prefabbricati anti-tornado e pensano che l’architettura sia cosa inventata da loro negli anni Trenta, della serie che senza Wright e la sua Fallingwater qui si dormiva tutti in capanne di fango o dentro qualche caverna). Mica sono in viaggio di nozze a godermi Roma, devo solo farmi una doccia veloce, mettermi qualcosa di non sporco da organismi geneticamente modificati, e andare dal Professor Faccenda che aspetta, accipicchia, capirai che me ne frega del tetto. Niente da fare, la camera di Aprile non ce la danno, e io insisto. Alla fine, visto che la Mastercard è la mia, lui si è arreso e ci ha alloggiato lì; però poteva dire che non ce la voleva dare perchè stanno rifacendo la facciata, e appena aperta la finestra gli operai ci hanno salutato dall'impalcatura mettendo direttamente la testa dentro la stanza. Amen, colpa mia, ho fatto tutto da sola stavolta. Però ha portato bene lo stesso, la serata è stata comunque speciale.

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