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domenica 9 settembre 2012

Improvvisamente, pioggia

(Anche questo fa parte del gruppo dei post agostani, e per fare da contraltare allo struggimento di Dust in the Wind, che chiudeva la mia amarezza traboccante di Ferragosto, ho cercato immediatamente – all’inizio, non alla fine – un altro brano. Una canzone conosciuta ma non conosciutissima, che riesce sempre ad iniettarmi buonumore, a farmi venir voglia di canticchiare, come ho scritto anche in uno dei commenti ad “Epidemia di positività”. Una canzone che, se mai uno me la dedicasse, mi farebbe cascare a suoi piedi – splat! - come un caco maturo dall'albero. Piace a molti perchè poi, al di là del giocoso motivetto, c'è questa storia di un amore dietro, di questo amore all'inizio – è ancora tutto innamoramento, è ancora luccicoso - del buon Charles francese che è cotto della Girl inglese, e deve far combaciare due mondi diversi, due linguaggi diversi, due modi di pensare diversi. Come qua su Trecose, come capita tra assicurazioni, arte e uomini. Tra poesia e prosa. Tutto torna dove deve tornare, ed alla fine è sempre quel sornione "I love you" ad alta voce che muove il mondo).





Di una cosa sono più che certa: difficilmente dimenticherò l'ultimo giorno di Agosto di quest'anno. Agosto è giunto alla sua fine, bene o male così com'era iniziato: con un certo languore di sottofondo, con una certa inquietudine, con una serie di incertezze poco piacevoli.
Il post che ho messo on-line ieri (ma “Scritto in una giornata d’Agosto”) era davvero emblematico. Riprendi a fare le cose che devi, rimetti in movimento il treno lungo il suo binario, ma tutto sommato il carburante è scarso, la voglia ti manca, cominci seriamente a pensare se è ora di fare valutazioni più profonde, perchè non sei più una giovinetta ma - che diamine! - tutto sommato sei ancora molto lontana dalla fossa, forse c'è ancora un pezzo di vita davanti da potersi reinventare, anche se la razionalità ti dice di no, ti supplica di limitare la pazzia a cose controllabili. Quindi quando senti al telefono quel tuo amico Collega anche lui stufo marcio che medita di mollare tutto ed aprire un agriturismo, magari non è il caso di rispondere "vengo anch'io, anche solo per lavare i piatti".
Un fine Agosto di venerdì, tra l'altro, per cui conti di fine settimana e conti di fine mese insieme, tanto per finire tardi con gli appuntamenti extra e prendere atto per l'ennesima volta di quanto male stia andando il 2012 rispetto al 2011, che già era uno schifo rispetto al 2010 (magari qualcuno lo spieghi a quelle menti semplici del Sindacato dei miei dipendenti, che continuano a pretendere aumenti contrattuali per i propri associati perchè - poverini loro - non arrivano a fine mese; dal muro non ho ancora capito come cavarne fuori, ed ho un certa ripugnanza per i falsi in ogni settore... beh, a parte le borse, forse).
Poi è successa una cosa incredibile: verso le sei di sera è arrivata la pioggia. Non che la pioggia in sè sia cosa incredibile, anche se a dire il vero erano almeno tre mesi che non si vedeva qua da noi un bell'acquazzone; è stato incredibile l'insieme degli eventi, il susseguirsi delle azioni, ed in effetti sono arrivata alla consapevolezza di essere davvero un po' fuori di testa. Sotto sotto probabilmente, ma lo sono. C'è da dire che è stata una pioggia bella grossa, di quelle con i goccioloni solidi, di quelle che ti creano tutt'attorno un lieve mare di qualche centimetro in pochissimi minuti, anzi non un mare: un prato, un prato liquido e trasparente sul quale spuntano come fiori d'acqua - fitti fitti - le sculture instabili della gocce che si infrangono e penetrano. Attimi di vita d'acqua. Acqua che sa di pulito, acqua che sa di natura.
Acquazzoni così in vita mia ne avevo già visti, ma sempre da casa, o dall'ufficio, o da sotto un porticato, o con un bell'ombrello in mano (così al limite ci rimetti solo le scarpe). Alle sei di sera mi sono resa conto - improvvisamente - che ero in tuta da ginnastica, con una maglietta usata, con delle ciabattine infradito già destinate da qualche giorno ad essere rottamate alla fine dell'estate, e soprattutto con i capelli in disordine e comunque da lavare. Ed ho pensato: "Adesso mi butto!".
Mi sono buttata al di là di una tenda liquida, fatta di fili di perle compatti e gocciolanti; non è come tuffarsi in mare, o in piscina, dove l'elemento "acqua" è tutto intorno, è denso, se tu che penetri lei, non lei che ti avvolge, tant'è che devi trattenere il respiro, quasi per scusarti. Una pioggia intensa è tanta acqua e tanta aria insieme, è tanto di tutto che ti avvolge, mentre tu puoi continuare a camminare sul terreno, a correre, muovendoti e respirando esattamente come fai di solito. Ho fatto dieci metri a piedi, solo dieci perchè poi mio marito mi ha cacciato in macchina dubitando della mia sanità mentale, ma è stato bellissimo. La PIOGGIA era bellissima, anche un po' tiepida, era come sentirsi inzuppare da miele, ma meno appiccicoso. Questa cosa sì, era la prima volta che la facevo! Ho davvero aspettato quasi quarantacinque anni per immergermi corpo e anima in un acquazzone! Che perdita, che colpa, che spreco: è una cosa da fare assolutamente, da far fare ai bambini, senza l'impermeabile o la cerata tanto poi a casa li asciughi, e poi fa ancora caldo, mica devi annegarli in Gennaio. Dieci metri, venti secondi, trenta battiti di cuore. La maglietta immediatamente zuppa, braccia e mani lucide e morbide, viso come di lacrime altrui, i piedi a mollo, e... i capelli, che sensazione incredibile, come sotto una doccia aperta, acqua a piene mani che ti cola dappertutto, non troppa e non troppo poca, giusto quello che serve per sentirli pieni di acqua e di riccioli di cielo. In effetti non avevo alcun ricordo precedente di una esperienza simile e così intensa (neanche da bambina, e credo sia logico perchè la mia inflessibile mamma mai e poi mai ci avrebbe permesso di inzupparci così solo per il gusto di farlo), un contatto così profondo con il mondo naturale e soprattutto VOLUTO. Nel senso, non è la pioggia che ti becchi quando non vuoi, quando non sei preparato, e fai di tutto per proteggerti mentre la mandi a quel paese. In quei dieci secondi  io ho voluto la pioggia, io SONO STATA pioggia.
Sono salita in macchina emettendo gridolini di delizia con mio marito che mi guardava come una deficiente, soprattutto quando gli ho spiegato l'emozione dei capelli appena gonfiati d'acqua ma non zuppi, visto che lui è adorabilmente pelato ed ha osservato con il suo usuale sarcasmo che tutta quell'acqua meravigliosa che a me si ferma tra i capelli a lui cola dietro la schiena. Ma non è così, anche a me colava giù per la schiena, e sul seno, e sulla pancia, ma non mi importava.
In garage abbiamo trovato il nostro vicino, quello della Corvette, e mi sono messa a raccontare anche a lui questa cosa (mentre lui e mio marito erano tutti intenti a controllare che le pompe idrovore del sotterraneo funzionassero a dovere, visto il fiume d'acqua che scendeva roboante giù per la rampa), ed ero perfettamente conscia di apparirgli come una rimbambita totale, oltre che completamente bagnata, ma andava bene lo stesso: io VOLEVO trasmettere queste sensazioni a qualcuno! No, non a qualcuno, a TUTTI. Sono stata pioggia per venti lunghissimi, infiniti, splendidi secondi, e sono tornata felice dentro. Anche se il vicino ha osservato che non avevo "le calzature adatte".
Mio marito, dolce e pratico come sempre, ha detto che l'anno prossimo, se mi ricapita un brutto periodo, invece di centellinarmi il bromazepam mi ficca dentro ad un tunnel da autolavaggio.
So di apparire sciocca, so che mi sono sentita sciocca in effetti, ma si trattava solo della parte razionale di me, quella che aveva appena chiuso i conti e pagato gli stipendi. L'altra parte di me, quella che riesce ancora a guardare "oltre", a sognare ed a divertirsi con poco, si è sentita soddisfatta e positiva. L'anima pulita e rinfrancata è tornata a predominare. E mi ha messo addosso una voglia di pizza pazzesca.
Puntualmente, arrivati a casa, ci siamo fiondati in divano a guardare le nuove riviste arrivate (il venerdì sera, prima di incollarsi a Dario Olivi, è dedicato a quel piacere particolare rappresentato da togliere il cellophane dalle riviste e decretare - finalmente, nel modo più bello e gustoso - l'inizio del weekend), e tra l’altro essendo fine mese c’erano anche i mensili, non solo i settimanali.
Io ho preso su Quattroruote, con la presentazione della nuova Ferrari F12 Berlinetta, che sembra disegnata da Giotto in persona, è di un bello soprannaturale, soprattutto la parte dietro davvero diversa dal solito (un lato B così non ce l'ha neanche Nina Senicar). Atto dovuto, visto che mio marito era stato più lesto e si era accaparrato Arte, ma poi è arrivato anche il mio turno.
Sull'ultimo numero di Arte c'è un trafiletto per la presentazione della mostra di Armodio che andremo a vedere a Palermo (con un notevole errore, da bacchetta sulle mani, proprio sul nome dell’artista), con uno dei quadri che saranno esposti, quello con l'uovo (spero tanto che l'abbia già comprato qualcuno quando è stato presentato in Sardegna, in Giugno, perchè ho già visto che la mia dolce metà comincia a farmi gli occhioni imploranti come il Gatto di Shrek ai quali - di solito - cedo senza ritegno). La copertina del catalogo con le venti tavole in verità era già on-line da settimane, nei vari siti specializzati, con una definizione terrificante ed immagini troppo piccole per essere ingrandite e gustate davvero, però io l'uovo l'avevo beccato subito, ed è stata una sorprendente coincidenza vedere che era stata scelta proprio quell'immagine là. C'è troppo Piero della Francesca dentro, ed anche fuori, con una tenda che si apre appena, come nel Sogno di Costantino (e nei circhi di Scuffi!). Così me la sono gustata bene, con tutti i suoi piccoli particolari che tuttavia non ne intaccano l'essenziale semplicità, con quei suoi mattoncini di perfetto calcare alla base, e quella sua aria da sabbia bagnata sullo sfondo, bagnata come i miei capelli: ero proprio predisposta, dopo una doccia benefica che mi aveva ridato il sorriso nel modo meno programmabile. Da una nuvola.
Ci siamo scambiati i giornali due-tre volte, ed ho ringraziato l'arrivo di un nuovo, impensabile Settembre. 

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