“La semplicità è compagna della verità
come la modestia lo è del sapere”
Francesco De Sanctis
Questa estate ho subito un furto di password. O meglio, “probabilmente” è accaduto o “pare” sia accaduto, perché si sa, in queste cose tecnologiche dove tutto dipende da intelligenze artificiali (cioè da sistemi che si presume debbano essere programmabili, programmati ed infallibili perché privi di distrazione, di emotività, di pensieri propri come capita a volte agli esseri umani, sempre più di rado a dire il vero, ma a volte ancora capita, per lo meno a quelli che sono ancora – davvero – “umani”) in realtà di certezze ce ne sono ben poche. Oh mamma, quanto amo la carta e la penna, soprattutto quando vivo certe esperienze!
Me ne sono accorta, nonostante il mio livello di conoscenza del settore sia pari a quello di uno scimpanzè da laboratorio (no, anzi, forse di uno scimpanzè allo stato brado, quello da laboratorio mi fregherebbe ridacchiando, e dando di gomito all’orango in camice bianco), perché vedevo che alcune mail arrivate nella mia casella risultavano lette, mentre io ero più che certa di non averlo fatto. Nonostante la demenza senile in agguato, non credo aprirei nemmeno sotto l'effetto di droghe mail che abbiano come oggetto “Click here to enlarge your penis”, come anche mai fornirei i dati della mia Postepay in risposta ad una mail dove, su quattro righe, ci sono ben sette errori di italiano, anche se devo ammettere che il logo delle Poste lo sanno riprodurre bene, questi burloni.
Dopo una sommaria indagine tra amici e parenti, sono stata tranquillizzata dal fatto che molti di loro che utilizzano caselle del vecchio portale Infostrada (cioè Inwind o Libero per intenderci) hanno avuto lo stesso problema, e ridevano dei miei timori. Non che io abbia niente da nascondere per carità, le mie mail sono tutte leggibili, non sono solita scrivere sconcezze o trafugare segreti industriali, e comunque se mai lo facessi credo andrei in cerca di un sistema più sicuro; anche le mail più ricche di tenerezza scritte agli amici, per quanto mi secchi l’idea che possa leggerle un Ladro di Password perché sono pur sempre pensieri intimi, tutto sommato credo sia più probabile provochino nell’Ignoto Ladro qualche lacrima di commozione che la forzatura del mio Conto Corrente bancario. Magari capisce che sono una romanticona totalmente trasparente, gli faccio un po’ pena e va a far danni nelle caselle dei criminali veri.
In realtà quello che mi disturba non è che qualcuno possa leggere le mie mail, ricevute o inviate, ma piuttosto che usi la mia casella per mandarne in giro. Mi disturba proprio emotivamente, al di là del fatto che stiamo parlando di cose illegali, che quindi non vanno bene a prescindere. Magari il tal Collega, quello che mi tira sarde (per i non veneti: ci prova, più o meno spudoratamente) tutte le volte che mi vede, se riceve una mia mail con scritto “Sì, corri da me, ti aspetto vogliosa”, considerando che ha l’intelligenza e l’acume di un bambino di sei anni, sarebbe capace di crederci, e sai che imbarazzo. Ma insomma, te l’insegnano in qualunque corso di Tecniche di Vendita anche dei più infimi, anche quelli per corrispondenza, anche quelli stile anni Ottanta che credevano nelle paroline magiche (il famoso “Progetto Personalizzato per Lei e la Sua Famiglia”! Ah, beh, se è un Progetto Personalizzato per Me e la Mia Famiglia come posso rifiutare, firmo immediatamente…. certo, su Marte, probabilmente): le famigerate “Tecniche di Superamento delle Obiezioni”. Non ho tempo, non ho soldi, non mi interessa, eccetera eccetera: e tu gliele smonti una per una, fino alla TERZA. Ogni manuale che si rispetti (ed anche un po’ di buonsenso, lo dice una che solitamente i manuali li bruciava arrivata a leggere pagina quattro, compreso il risvolto di copertina) insegna che SE il potenziale Cliente continua a fare obiezioni dopo che gliene hai smontate elegantemente tre, forse diciamo FORSE sta solo cercando – anche lui molto elegantemente – di dirti “no-grazie-se-ne-vada-da-casa-mia” in un modo più gentile rispetto a spingerti giù per le scale.
Regola di vendita e anche regola di vita, quindi: insistere va bene, provare a forzare un pochino la mano va bene, ma dopo il terzo due-di-picche basta, finiamola lì, diventa imbarazzante per tutti. Certo che se poi questo tizio riceve una mail dal mio indirizzo con scritto che mi sento vogliosa le cose cambiano, di certo non penserebbe mai che è uno scherzo di chissà chi che mi è entrato nel pc, anzi, probabilmente sarebbe compiaciuto (“vedi che alla fine ci cascano tutte”) e magari andrebbe a lavarsi, sempre se voci di terzi a conoscenza delle sarde gli hanno riferito che a me, tendenzialmente, piacciono puliti (un tantino profumati ed eleganti, con discrezione).
Fortunatamente chiunque mi conosce anche poco sa che io certi messaggi più o meno subliminali non li mando, preferisco occhi negli occhi, mani intrecciate, e parlarsi a voce, come si usava una volta, prima che arrivassero mail e sms a rovinare tutta la poesia delle trepide attese, all’inizio di una storia, quando non addirittura a decretarne la fine. Essere scaricati via sms è da clinica psichiatrica.
Comunque, i miei amici iper-tecnologici mi hanno fatto notare che nessun Ladro di Password degno di tale definizione (e poco meno che imbecille, aggiungo io a questo punto) leggerebbe mail altrui lasciandole lì come “lette”: quanto meno le rimarcherebbe come “da leggere” proprio per evitare di essere scoperto. Molto probabilmente si tratta di software creati apposta per scandagliare il web a caccia di dati personali o simili, che incrociano i dati rilasciati per la registrazione ai vari siti e provano le passwords più intuitive. Insomma, non corro il pericolo che qualcuno bussi alla mia porta sbavando. Basta cambiare la password, e sei a posto.
Ma per me a questo punto sorge un nuovo problema, perché io sono una di quelle cinque persone in Italia che usa come password la propria data di nascita, oppure quella di mio marito, o al limite negli slanci di inventiva la targa della macchina; insomma, su questa cosa ho vinto più volte il titolo di “La più cretina del Web”, disputandomelo a turno con gli altri quattro. Ma dai, come si fa a tenere a mente decine e decine di passwords astrusissime? I siti ti consigliano (quando non ti obbligano): almeno otto campi, quattro lettere e quattro cifre, alternare maiuscole e minuscole, usare i caratteri speciali (punto di domanda, punto esclamativo eccetera), mai date e nomi facilmente riconducibili a te ed una marea di altri gentili accorgimenti. Ad esempio, una cosa tipo: Gk89TYdv3N2?Z.
E poi mai la stessa password per i tuoi molteplici utilizzi. E cambiarle spesso, e non puoi riutilizzare una di quelle che hai usato le tre o cinque volte precedenti. Ma, miei cari, in preda allo sconforto io ho provato a contarle, le mie attuali utenze con password. Solo per l’Agenzia sono cinque (l’accesso all’Intranet aziendale, la mail aziendale, e i tre programmi operativi per il resto della roba che fa parte del nostro burocraticissimo lavoro), poi c’è la Banca (che ne ha due in sequenza, più il simpatico oggettino a forma di antistress che te ne crea una terza al momento, e devi anche digitare in fretta altrimenti ti tiene in muso), il Telepass, Trenitalia, Carte di Credito in numero variabile, c’è E-bay, il gestore telefonico mobile, e Telecom Impresa Semplice per le bollette dell’ufficio (“Semplice” un corno! Con loro mi sono arresa, avevo anche optato per l’eliminazione della bolletta cartacea – rispetta l’ambiente! – ed ho dovuto chiedere che me la rimandassero perché vogliono le passwords più complicate dell’Universo Conosciuto), due caselle mail personali (quella classica pubblica con il Nomecognome, e quella privata per la me più difficile da raggiungere, per le poesie ed il sentimento, che fino a quando il mondo continuerà ad essere popolato da cattivo gusto e da persone con la pugnalata facile sarà nota sempre a meno gente), c’è l’account Google per gestire il blog, c’è il sito del Sindacato Agenti, il sito del mio Gruppo Agenti, la mail del Gruppo Agenti. C’è la password per il Parental Control di Internet, giusto per evitare che ogni volta che devo mettere il naso fuori dall’ufficio per andare da Clienti o per i fatti miei le mie impiegate si attacchino a Facebook come cozze sullo scoglio per delle ore (per loro sembra sia impossibile farne a meno, e parliamo di gente matura, che ha passato da un po’ i tredici anni… Eppure niente da fare: dire “Non usate Internet per i comodi vostri in orario d’ufficio” è come un proverbio pronunciato in swahili).
Ci sono l’Agenzia delle Entrate, l’INAIL, l’INPS (quella dell’INPS è la più allucinante, una stringa di 16 caratteri casuali di cui otto li hai subito e otto ti arrivano via posta, e farebbe un po' sorridere la cosa, visto che stiamo parlando di un sito che ti dice l'importo aggiornato della tua futura pensione, ma si sa, anche ai Ladri di Passwords fa bene sghignazzare delle disgrazie altrui, ogni tanto). Ci sono i siti dei miei interessi personali, come ArsValue ad esempio, che in teoria mi dovrebbe avvisare per tempo se in qualche asta passa una Sfera di Gianfranco Meggiato a prezzi umani, ma a tutt’oggi mi ha lasciato a bocca asciutta (o ridono della mia password anche lì). Siamo già oltre le venticinque, e parlo di roba che consulto giornalmente o settimanalmente; figuriamoci quante me ne sto dimenticando di quelle che ti servono solo un paio di volte l’anno tipo per le prenotazioni dei voli o degli alberghi.
E’ scientificamente noto che una persona normale utilizza solamente il 10-15% delle capacità proprio cervello (pare che Albert Einstein arrivasse al 21%); di conseguenza, posto di voler occupare questa parte per nozioni piacevoli e di proprio gradimento, non è fisicamente preparata per immagazzinarci anche tutta questa mole di dati: quindi o mette sempre una data di nascita (dritta o a rovescio) o finisce che ci scrive un bell’elenco nella propria rubrica cartacea, sotto “P” di password. Così poi arriva il Ladro Vero, quello che vuole i soldi o al limite i quadri, trova la lista, la vende al Ladro di Password e sono contenti in due senza neanche fare fatica!
Ricordo ancora sorridendo un episodio di anni fa: mi chiama un carissimo Collega che ha l’Agenzia in centro a Jesolo perché aveva un blocco in uno degli innumerevoli nostri farraginosi programmi aziendali, e non cavava un ragno dal buco davanti ad un suo Cliente sempre più infastidito. Io gli dico “Te lo consulto io da qua, dammi la tua utenza e la tua password”, e lui mi fa: “Spiaggia”. Grandioso! Sicuramente l’alternava con “Bagnino1” e “Il-Pedalò” (tutte di otto campi). Mi ha dato davvero un’idea, se tanto mi dà tanto per un po’ la mia password è stata “Traffico”, ma solo perché “Coda_in_tangenziale” e “Mancanza_cronica_di_parcheggio” non ci stavano.
Oggi quindi voglio gridare un Elogio alla Semplicità, perché mi sento dentro che detesto profondamente quando la vita ci crea inutili complicazioni. Voglio essere semplice! Voglio eliminare qualunque possibile segreto, voglio l’assoluta trasparenza!
Ecco un altro motivo per cui adoro mio marito, che arrivato alla veneranda età di Dieci-Lustri-Dieci (portati splendidamente, peraltro) non solo non sa usare un computer, addirittura non vuole neanche imparare come si accende! Lui SA che non gli serve. Deve parlare con qualcuno: chiama o ci va, distanza permettendo. E chiama con un telefono che ha due funzioni: fa le telefonate e manda sms. E basta, anzi no, ha il bluetooth, quello l’ha cercato per evitare di schiantarsi in macchina, ma niente altro, neanche la più schifosa fotocamera. E’ limpido, lui, le seghe mentali di quelli matti per il computer non sa neanche dove stiano di casa. Una mail ogni mai me la fa scrivere da una delle mie caselle, sempre se serve, ma si contano davvero in un anno su tre dita, e il più delle volte sono casi di delicatezza, cioè per evitare di disturbare col telefono. Non ha un Conto bancario on-line. Non ha alcun Account. Non sa neanche cos’è un ID. E sta benissimo, perché può davvero dedicare ogni suo pensiero alla vita, al brivido che ti dà il “guardare”, il “parlare”, il “comunicare”, l’”ascoltare”, il “toccare”. E’ un dritto, ci è arrivato prima di tutti. Infatti me lo sono sposato apposta.
“L’uomo è un organismo ultracomplicato.
Se è destinato all’estinzione, scomparirà per mancanza di semplicità”
Ezra Pound
il titolo è molto divertente. gli uomini sono inevitabili? :)
RispondiEliminaEh eh eh.
EliminaQuando ho aperto il blog (vedi il Primo Post) avevo cercato un'interpretazione più filosofica: l'umanità - in genere - gli incontri quotidiani, le persone... un po' di sociologia spiccia che chiunque abbia un'attività a contatto con il pubblico sente scorrere nel sangue (a giorni placidamente, a giorni in grosse bolle). Tuttavia, dopo un piccolo percorso personale, posso affermare con tutta tranquillità che, in effetti, anche i Signori Maschietti sono per me inevitabili! Troppo bello averli intorno, si capiscono tante cose, oppure al contrario non si capisce più niente di ciò che si capiva... comunque sì, mai pensare di poterne farne a meno. Mi sentirei a metà. O a due terzi. Ad ogni modo, incompleta.