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venerdì 8 marzo 2013

Talento e merito

(Per chi bazzica spesso Trecose questo post non è nuovo. Vero: era il secondo di Febbraio. Ma la vita tende a fare così, spariglia le carte, sovverte l'ordine delle cose. La spiegazione del perchè è rispuntato fuori qui, oggi, sta nel post di sotto. Perchè quando la vita mi fa strani scherzi io così reagisco: sparigliando e sovvertendo anche io. Poi, qualcosa succede sempre).

Poche settimane fa, durante una riunione fra amici a scopo affaristico, mi sono beccata della comunista perchè - in teoria - non meritocratica. Non dovrei toccare certi argomenti in quanto pericolosi e forieri di rotture di amicizie e/o legami, soprattutto in clima di campagna elettorale, ma è necessario precisare che sentirmi dare della comunista è per me offesa grave, potrei reagire malamente (non ho tirato una sberla a chi mi ha apostrofato così solo per il bene che gli voglio, e perchè tutto sommato so che non lo pensa davvero).
Io sono la quintessenza della meritocrazia! Ammiro sconfinatamente chi, partendo da zero o con possibilità limitate, riesce realmente a costruire qualcosa, a cambiarsi la vita da solo, a raggiungere i propri obiettivi (che sia attraverso lo studio, l'impegno, le capacità, il talento, il sacrificio, un'idea giusta, un salto nel buio fatto con gli attributi... o per un insieme di tutte queste cose). Ammiro, non invidio; e credo sia giusto che gente così sia "premiata" dalla vita - in termini di successo, di benessere anche e soprattutto economico, di felicità, di quello che essi stessi desiderano come cosa buona e giusta (fosse anche solo una bella famiglia e la salute, del resto come ognuno ha i propri obiettivi ha poi anche i propri desiderata) - rispetto a chi se ne sta seduto con le mani in tasca ad aspettare che gli cadano davanti ora il cibo, ora un posto di lavoro (un posto, non necessariamente un lavoro), ora un tetto.
Io stessa, nel mio piccolo, mi sono messa in gioco parecchie volte: nella vita, andando fuori di casa presto, con l'alibi del fidanzato e del matrimonio in vista, e poi - spariti dalla vista, volontariamente, fidanzato e matrimonio - tirandomi su da sola in una città che non era la mia, con uno stipendio non propriamente faraonico (diciamo che, tolto l'affitto e le bollette, dovevo scegliere se pranzare o cenare, ma tutto sommato non è mai così difficile rimediare una cena...). Nel lavoro, qui in gioco ci si mette tutti i giorni, visto che sono tre anni che non faccio ferie e se l’impegno sgarra un solo giorno mi mangiano viva. Penso, sempre nel mio piccolo (dopo tutto sono figlia di persone normali con vite normali in posti normali), di aver spremuto al massimo ogni briciola di quei "talenti" (evangelicamente parlando) che la mia famiglia mi aveva dato: lo studio, dei valori, una bella testa funzionante.
Anzi, sono talmente convinta che la meritocrazia debba essere il motore del mondo al punto che mi urta nel profondo vedere fior fiori di aziende che finiscono in mano a seconde o terze generazioni di incapaci, che le distruggono nel giro di pochi anni, oppure figli-di-papà completamente ebeti che occupano posti-chiave o ruoli di rilievo, o ancora interi patrimoni di cultura che piovono in testa a chi non ha la minima sensibilità di capire cos'ha in mano. Io, utopisticamente potendo, addirittura azzererei tutto alla fine di ogni generazione: tutti partiamo uguali, con le stesse possibilità, la stessa preparazione, le stesse capacità, e poi ce la giochiamo. Voglio vedere dove arrivo io e dove arriva certa altra gente. Senza fare nomi.
Perchè questa premessina tipica delle mie (a parte mettere i puntini sulle i dei comunisti). Perchè volevo introdurre un discorso che mi sale impetuoso dal cuore e riguarda, tanto per cambiare, un membro della famiglia Orler. Sono stata a teatro a vedere il musical "Titanic": io adoro il musical, già mi piace il teatro del suo (intendo anche il teatro di prosa impegnata, quei lunghi monologhi nella penombra davanti ai quali molti miei conoscenti preferirebbero spararsi in bocca; ne adoro l'aria, i respiri, la simbiosi che sento con chi lo vive), figuriamoci se ci aggiungiamo un po' di divertimento, belle canzoni e quattro salti. Non avevo mai assistito ad un musical dal vivo (solo gran televisione e/o filmati) perchè essendo una fissata della condivisione se ci devo andare da sola parto già demoralizzata, e mio marito credo preferirebbe di gran lunga scaricare quaranta bancali di tappeti piuttosto che portarmi a vedere un musical (almeno con i lunghi monologhi ci dorme). Ma ringraziando il cielo Dio ha creato Giuseppe Orler e il suo cuore d'oro, e, quando "Titanic" ha fatto tappa a Padova, Giuseppe ha buttato su una mezza corriera di aficionados per sostenere la tifoseria di suo figlio Antonio.
Ed ecco l'aggancio alla meritocrazia: Antonio Orler. E' bravissimo, canta, balla, recita, ed è anche bello come il sole; lo posso dire senza timore di suscitare sorrisetti visto che in quanto ad età potrei essere tranquillamente sua mamma. Per la cronaca, tra i numerosi lavoretti da me svolti in età adolescenziale, per arrotondare le finanze pressochè nulle date dalla mia succitata famiglia normale, ci sono stati interi stuoli di pargoli a cui ho fatto da baby-sitter: dal neonato di due giorni al discolo da scuola elementare (i miei genitori hanno iniziato quando avevo sei anni il Cammino Neocatecumenale, e chi sa cos'è capisce bene che la baby-sitter diventa ben presto una figura molto richiesta, dagli interi weekend di convivenza alle sei di mattina per le lodi quaresimali). Quindi lo spartiacque che fa sì che io possa guardare con occhio concupiscente un ragazzo più giovane di me sta nella forbice dei sedici-massimo-diciassette anni in meno, ma guai di più: non potrei sopportare l'immagine di fare chissà cosa con qualcuno a cui avrei potuto potenzialmente cambiare il pannolino. Su tutta questa pletora di quaranta-cinquantenni palestratissime con toy-boy incorporato ho una sola certezza: nessuna di loro ha mai sbracciolato un neonato altrui, urlante ed odoroso, dai sedici anni in su.
Dall'alto dei miei ventitrè anni in più quindi posso ufficialmente dire: Antonio è fighissimo. Alto e col fisico giusto (e su questo ha preso dal papà), con un viso che è un’intera stella dolce ed un sorriso sputato sputato a quello della mamma (per chi non conosce la Rosi basti sapere che quando sorride illumina tutt'intorno nel raggio di venti metri). Ed è anche bravo, spigliato, con una bella voce calda che sta trovando la sua strada, senza quelle impostazioni troppo esagerate che fanno solo ridere, una voce molto molto "sua". Il punto è che ha fatto tutto da solo, per quanto ne so, studiando sodo, lavorando tanto, passo dopo passo senza mai tentare scorciatoie, e credendoci sempre. E non è mica semplice, se vieni da un paesino del cavolo alle propaggini della campagna veneta, senza raccomandazioni particolari. E' come per le modelle, restando in ambiente "spettacolo": a parità di bellezza, di fisico, di volto, di sguardi, per certo ha la strada più facile una che nasce e cresce a Milano centro, e magari ha l'amico della zia che conosce il Tal dei Tali, oppure nella Roma bene e con un cognome conosciuto, piuttosto che l'anonima fanciulla residente a Bojon di Campolongo Maggiore (nome effettivamente esistente di frazione di paese dell'entroterra veneziano). Per non parlare della differenza che sta tra il figlio dell'industriale un-giorno-tutto-questo-sarà-tuo, che sia pur anche sveglio e intelligente, ed il figlio - ugualmente intelligente e sveglio - del muratore che a quattordici anni viene messo in cantiere a tirar tubi, con buona pace di qualunque sogno (ogni riferimento non è casuale).
Mi piace la meritocrazia! Mi piace quando chi ha talento ce la fa! Alla faccia: talento vero, capacità vera, passione vera, non agganci. Soprattutto, non televisione commerciale strafinta, dove se hai lo sponsor giusto puoi dire a tutti che sai cantare quando in verità forse sai modulare appena appena dignitosamente una singola strofa di una sola specifica canzone (e se ti cambiano testo vai nel panico). Tu interpreta con l'anima oltre che con le corde vocali, tu vivi quello che canti, tu mettici la tua, di voce, senza scimmiottare chi è venuto anni prima di te, e solo allora per me sarai "cantante".
Lo spettacolo, giusto perchè era la mia prima volta ad un musical, mi è piaciuto e mi ha emozionato a livelli quasi di guardia (da lacrime o urletti), ma credo sarebbe stato così in ogni caso, se non altro per il contesto.
A mente più fredda, visto che ad un'assicuratrice è concessa un po' di libertà in più rispetto a chi scrive di queste cose per lavoro (e deve stare attento a non pestare i piedi a nessuno, soprattutto magari/forse a chi-ha-messo-una-buona-parola-per), direi che il protagonista/biondo/belloccio (io, giusto per precisare, adoro solo ed esclusivamente gli uomini MORI, al limite i brizzolati o i calvi con l'occhio giusto, ma i biondi no, non mi dicono niente) è un po' troppo osannato, mi è sembrata parecchio più in gamba la sua spalla (il ricciolino che fa l'irlandese) nonostante abbia un ruolo che ne fa, per personaggio e movenze, quasi un piccolo clown. Non c'è per niente feeling tra i due protagonisti principali lui/lei, teoricamente innamorati persi: si baciano e si abbracciano con la stessa enfasi con cui si stringerebbero ad un quarto di bue appeso nella cella frigo di una macelleria, e questo il pubblico credo lo colga. Comunque sono problemi loro. Alla scena in cui lui resta a torso nudo un gruppo di ragazzine alle mie spalle ha dato di matto, mentre io avrei preferito sporgergli una coperta come ad un terremotato in tenda (se lo facesse Antonio Orler mi sa che invece tirerebbero giù il teatro ad urli anche le signore).
Grandissimi invece gli attori più "in età", tutti, senza distinzione.
Ma comunque a teatro ci si va per emozionarsi, e non per criticare, e io mi sono emozionata al punto da sventolare modello bandiera la maglietta dell'Antonio Orler Fans Club durante l'applausometro finale; del resto, ero lì in veste di accompagnatrice/autista ufficiale del Presidente del Club, ci mancava solo che non mi procurasse una maglietta.
Una serata da ricordare, davvero, che rientra nel clima di "magia Orler" che tutti loro riescono sempre a farmi provare, comunque la si guardi, Sebastiano compreso. Anzi, visto che Antonio è il sostituto ufficiale per cartellone del protagonista, quasi quasi mando al belloccio biondo il mio Angelo Custode cazzutissimo per un paio di date. Non si sa mai, con questi freddi l'influenza intestinale è una gran brutta bestia. Ti incolla al bagno per serate intere.

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