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venerdì 6 aprile 2012

Generazione di fenomeni

Io sono della generazione di bambini che andava a letto dopo Carosello. Mi ricordo perfettamente tutta la trafila: si mangiava, tutti insieme, si guardava Carosello, tutti insieme, e poi a letto, con mia mamma che veniva a spegnerci la luce mentre io e mia sorella – coricate di lato - tenevamo gli occhi chiusissimi e strizzatissimi neanche fossimo sotto tortura,  e le mani giunte tra il cuscino e la guancia, in una posa assolutamente innaturale. Però la mamma diceva, puntualmente: “Oooohh, come dormite già beeeene!!”, e noi due ebeti convinte sul serio che se la fosse bevuta (è tipico dei bambini pensare di riuscire ad infinocchiare i grandi con poco) sussurravamo le nostre chiacchiere e le nostre favole da bambine, ridendo di complicità, finchè arrivava il sonno vero.
Carosello non era semplice pubblicità, erano tutti dei cortometraggi, dei piccoli capolavori, tant’è che spesso ancora adesso ci si ricorda tutta la storiella, tutta la musichetta, ma non sempre ci si ricorda quale prodotto era reclamizzato. Quando il mezzo supera il fine.
Ad ogni modo, evidentemente questa cosa del Carosello mi ha marchiato a vita, perché mi piace osservare la pubblicità ancora adesso. Non dico che fremo di gioia ogni volta che la puntata clou della mia serie TV preferita si interrompe, anche perché oggigiorno (visto il progresso) i prodotti non sono cinque, ma cinquemila, e spesso l’interruzione è lunga, ripetitiva e fastidiosa. Benedetta la SKY ed il suo decoder, noi registriamo tutto e guardiamo in differita, così con il tasto “avanti veloce-più veloce-velocissimo” deteniamo il Potere. Dico però che, quando c’è una pubblicità nuova, mi piace guardarla, per vedere come la tal azienda ha deciso di trasmettere il tal messaggio. Mi piace studiarne le tecniche di comunicazione, la scelta del testimonial, delle parole, delle immagini. Vedere ad istinto se ha presa su di me, o se avrei preferito invece un altro modo.
Bene. Tutta questa lunga premessa per dire che ultimamente molte pubblicità mi inquietano, soprattutto se penso che sono lo specchio dell’attuale società. Perché sempre più spesso e con sempre più sinistra naturalezza assisto a spot (radio o TV è indifferente) di trenta-quarantenni completamente deficienti, che a quanto pare hanno come unico, assoluto ed insostituibile obiettivo nella vita il divertimento, a scapito del lavoro, delle regole di vita, di una morale di base, di crescere insomma. Tutte cose che troverei normali in gente più piccola, ma non a quell’età lì. La più orrenda di tutte è quella della mamma che becca la figlia con il tatuaggio nuovo, piccolino e nascosto, e l’ipotetica lavata di testa si trasforma nello sfoggio di un tatuaggio enorme da parte della mamma stessa. Che gran zoccola di mamma. E attenzione che non è per il tatuaggio in sé, del resto anche io ne ho tre, fatti in età adulta, coscienziosamente, in punti del corpo dove possono opportunamente essere celati se non voglio che si vedano. Mia mamma, che ovviamente non ha gradito, fatto il primo mi ha detto: “Come farai da vecchia quando sarai raggrinzita e si raggrinzirà anche il tatuaggio, sai che schifo”. Certo, è vero, farà schifo, ma a quel punto mi coprirò per coprire me stessa, non lui! A settant’anni non andrò in giro con spalle e braccia di fuori, ma non per coprire il tatuaggio, semplicemente per il fatto che spalle e braccia di una settantenne non sono un bel vedere, manteniamo un minimo di decoro e lasciamo che si spoglino le ragazze, che possono farlo. Altrimenti finirei per comportarmi come la mamma della pubblicità, di pessimo gusto ed assolutamente diseducativa, con quel suo volere inutili libertà e trasgressioni ad ogni costo. Che non mi vengano a dire "però ha colpito, però te la ricordi, quello era lo scopo": balle. Lo scopo è far sì che io compri una Twingo, e non mi pare raggiunto.
Questi trenta-quarantenni della pubblicità sono fuori del mondo, giocano come ragazzetti, pensano solo a far festa (gran cellulari, gran tecnologia) e tra l’altro vivono in case stratosferiche e non si capisce come le hanno fatte se non hanno uno straccio di lavoro. E nemmeno tanta testa, se uno non ci arriva da solo che deve cambiare il rasoio dopo un po’: ah, la lama, dovevo arrivarci. Eh già, mi sa tanto che non è il manico la parte usurabile in un rasoio. Per non parlare di tutta quella categoria di spot per le suonerie e gli sfondi dei telefonini, che pullula di giovanotti un po' troppo cresciuti per continuare a ridere di una mucca o di un topo che rumoreggiano, oppure del giochino dei raggi X sulla mano (che ai miei tempi era il sogno di ogni bambino dell'asilo).
Ho anche pensato che potesse essere colpa dei pubblicitari, improvvisamente colpiti da vuoti creativi; in effetti non si sono più viste pubblicità argute e simpatiche come il famoso "Buonaseeeeera" della FIAT. La Fiat ha avuto un periodo in cui ne sfornava di eccezionali, altra perla era quella del proprietario della Punto che faceva cadere il fastidioso ciclista che ad ogni semaforo rosso si appoggiava al suo cofano, lui e la sua mano sudata (anche i giamaicani del bob non erano niente male!).
Invece temo proprio che siano la raffigurazione della realtà attuale, con gente che non ha voglia di prendersi alcuna responsabilità, che a tutto pensa tranne che al minimo sacrificio, eterni bambini rimbambiti - quando va bene - o quando va male dediti solo a caccia di prede dell'altro sesso, possibilmente belle e/o ricche. Ce ne sono un paio anche nel mio condominio, non pagano le spese condominiali perché “sono precaria, se non lavoro io non prendo soldi” (io invece ho la Partita IVA, pensa che spesso non guadagno neanche quando lavoro, cara precaria!) però tre settimane di spiaggia all’anno non te le leva nessuno. Per carità, magari te le paga il fidanzato, ma se è così caro e disponibile perché non farsi regalare le spese condominiali, invece delle ferie? Ah, dimenticavo che le spese condominiali non sono divertenti, e poi c’è sempre il condòmino fesso che le anticipa.
Recentemente ho partecipato ad un corso di formazione interessante (devo fare almeno 30 ore l'anno, per legge, e visto che 30 ore tutte di tecnica assicurativa sarebbero da spararsi si fanno anche corsi più "leggeri" con approfondimenti psicologici, per gestire le persone siano esse tuoi dipendenti, tuoi venditori o clienti); il docente, che aveva la mia età più qualcosina, spiegava che i "giovani" d'oggi - i giovani eterni, direi io - sono tutti dei SURFISTI, che si contrappongono a noi cariatidi che siamo dei PALOMBARI. Questo perchè io palombaro sono abituata ad affrontare ogni cosa (nel lavoro come nella vita) andando a fondo, sviscerando il problema, trovando soluzioni e poi riemergendo, tutto nello stesso posto. Il surfista invece resta in superficie, il problema lo evita, lo sfiora appena e poi passa via, senza farsi coinvolgere, verso altri lidi (non deve trovare soluzioni ma semplicemente perché non affronta il problema, non perché il problema non ci sia!). Probabilmente è vero, è una categorizzazione abbastanza efficace. Ciò che mi ha folgorato è stato il fatto che il formatore invidiava i surfisti, la loro capacità di non lasciarsi impensierire, di passare da una cosa all'altra senza approfondimenti, imparando un po' di tutto ma in realtà non sapendo bene un tubo di niente, stando ben attenti a scaricare appena possibile ogni responsabilità su qualcun altro, non importa chi! Io invece no, sono fiera di essere un palombaro. Posso sostenere una conversazione su un unico argomento per ore, non mi stufo dopo trenta secondi sbuffando, perchè con un verbo - rigorosamente all’indicativo - ed un sostantivo ho esaurito il mio scibile (cosa che non si nota se surfo in rete da un sito all'altro). Se parliamo, ad esempio, di lingue straniere, ammetto di aver imparato nel corso degli anni due lingue - inglese a scuola e spagnolo in corsi successivi - che padroneggiavo abbastanza bene finchè potevo praticarle, e che ora sono un po' arrugginite. E' evidente che all'estero non morirei di fame, per lo meno facendomi intendere a gesti, ma avrei dubbi sulla qualità del mio attuale inglese. Chiedete ad un surfista quante lingue parla (lo vedo dai curricula): minimo cinque-sei, anche se approfondendo si scopre che sa dire solo "Buongiorno" e "Grazie" e morta lì.
E questa gente ormai è adulta, non si limita a far danni immaginari, nella vita reale non occupa più l'ultimo gradino come il ventenne neo-assunto: sono i direttori delle piccole filiali delle Banche, quelli che decidono se dare credito o meno ad un'Impresa (che fallirà o meno a seconda della loro decisione) basandosi sul programmino del computer, e non sulla conoscenza o sull'esperienza. Sono i giovani nuovi medici, sono loro che prendono le decisioni, ti aprono e ti operano, oppure no. Sono i giovani avvocati, che sfornano richieste danni che non stanno nè in cielo nè in terra, ma l'importante è farsi conoscere; sono i nuovi commercialisti, che ti compilano la dichiarazione dei redditi mentre stanno su Facebook. Sono quelli che tirano su le case in cui abiterai, quelli che ti aggiustano i freni della macchina (pensaci quando arrivi in velocità a quella curva dove c'è la scarpata). Sono i furbetti. Oppure sono quelli del rotolo, e questa la devo raccontare bene. Io ho aderito ad uno di quei panel on line con i sondaggi, in cui dici dove vai i ferie o cosa mangi a pranzo, e servono alle varie Aziende per segmentare i consumi; a volte mandano pubblicità di nuovi prodotti da valutare, e mi è anche capitato (con il Vernel) di vederne una in televisione, una delle tre su cui avevo lasciato le mie impressioni. Un giorno mi è arrivato il sondaggio con la pubblicità, che era in preparazione, per il lancio della carta igienica con il rotolo Aquatube, quello che si scioglie in acqua. Una, ricordo bene, era carina, con il classico bimbo che vuole arrangiarsi al bagno e fa cadere accidentalmente il rotolo nel WC (mai paura! Con l'Aquatube si può). Infatti per me è perfetto per i bambini, i miei nipoti ci hanno fatto anche gli esperimenti in vaschetta, per misurare in quanto tempo si sarebbe dissolto. Ma una era terrificante: c'era Alex, il trentacinquenne Alex, che seduto sulla tazza finiva il rotolo, e lo teneva con la mano a mezz'aria, con sguardo perso nel vuoto, mentre la voce fuori campo diceva "E adesso?". Lo schema del panel ti chiede "Descrivi cosa hai visto"; io ricordo di aver scritto letteralmente: c'è un deficiente di nome Alex che a trent'anni compiuti non sa che il cartone del rotolo terminato va gettato nel cestino della carta, o al limite nell'immondizia, se l'idiota di Alex non fa la differenziata. E ci sono andata giù pesante ad ogni schermata che riguardava Alex e i suoi occhi tondi, la sua bocca semiaperta ed il rotolo in mano. Alex che in compenso, ne sono più che certa, mentre butta il rotolo nel water insieme a tutta l'Italia, surfa divinamente nel world wide web, scarica e carica video di gente che rutta, si fa 72 rate per comprarsi un telefonino con cui fare spiritosi disegnetti (perchè è solo a quello che serve un telefonino), balla tutta la notte, tracanna superalcolici, non cerca lavoro perchè "tanto non si trova", e non conosce il nome del Presidente della Repubblica (forse nemmeno sa che l'Italia è una repubblica). Per fortuna che adesso i miei post sono più lunghetti dei primi, almeno i trentenni che li leggono dall'inizio alla fine non sono come Alex, c'è speranza.

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