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domenica 2 settembre 2012

Una piacevole sorpresa

Devo fare una doverosa premessa: quando, all'inizio dell'anno, ho scritto il post sull'eterno confronto tra Telemarket e Orler (riferito tra l'altro ed episodi di dodici mesi prima), Telemarket era ancora viva. Nel senso, era ancora una struttura che funzionava, presentava spesso nomi e pezzi nuovi, invitava artisti e critici, con tutti i suoi ben noti limiti (ogni cosa costa un patrimonio, ma poi ti fanno lo sconto del 95%; oppure ogni nome che non vale niente dopodomani varrà diecimila volte tanto) ma tuttavia con una sua certa peculiarità e gradevolezza. Se non altro per la presenza costante e variegata nelle frequenze televisive.
Ora non potrei più fare alcun confronto; non mi interessano i motivi, perchè ognuno ha i suoi problemi e se ne ho io figuriamoci quanti ne ha Corbelli, ma direi che siamo al capezzale di una moribonda. E' come guardare Retequattro in piena estate: solo repliche infinite della Signora In Giallo, o film del 1973 ancora con le pubblicità dell'epoca. E gran corsa a fare cassa. Dovevamo capirlo quando ha salutato tutti anche Franco Boni, per andare a dar man forte al figlio su ArteInvestimenti, che prima era solo sul web e invece adesso va anche in televisione, e sta diventando lei il vero "terzo polo". Come in politica.
Ammetto che da ArteInvestimenti hanno parecchia bella roba, il segnale fa ancora un po' schifo ma hanno idee interessanti (per esempio, affiancano la fascia di pura vendita a quella di approfondimento culturale e di confronto, invitando artisti, galleristi, critici, opinionisti, che è pur sempre vendita camuffata perchè lanciano messaggi subliminali non da poco, ma si segue con piacere, ed è - quanto meno - una ventata di novità).
Franco Boni è un personaggio cult, è il Gatto e la Volpe messi insieme, ed anche un po' Pinocchio, un po' Grillo parlante, e un po' Geppetto: è nel mondo dell'arte da sempre, anzi, più che nel mondo dell'arte in sè (del talento, del bello, dello studio e dell'impegno) è da sempre nel mondo di chi vive d'arte. Sa tutto, conosce tutti, ha sette vite, un po' com'è Andreotti per la politica o com'era Cuccia per la finanza, ed è anche abbastanza autoironico da ammetterlo. Anche lui, a dire il vero, tende un po' allo "stile Telemarket", perchè dopo averti spiegato l'opera di turno non manca mai di puntare sul fatto che - lui lo sa per certo, come un consumato allibratore! - con quell'acquisto garantirai la serenità della tua famiglia di poveracci per due generazioni. E il bello è che quando lo dice Alessandro Orlando ridi, quando lo dice lui prima o poi ci credi, perchè è magnetico, è ipnotico, perchè ha la "ommmm" da maestro di yoga, perchè è come te lo dicesse Babbo Natale, perchè si espone, insomma perchè sì. L'ho fatto anche io, che pure a queste cose ci sto attenta; ho venduto le due moto di mio marito per comprare uno dei Fiori grandi di Gastone Biggi. C'è da dire che le dovevamo vendere lo stesso, perchè col cross era tempo e ora che smettesse per raggiunti limiti di età, e correre con la moto da strada - di questi tempi - è peggio che giocare alla roulette russa: ha rischiato la vita due volte in due settimane (una ragazzina che smanettava col telefono e non si è accorta che era finita nella corsia di là, e una signora con vestito a fiori che ha superato senza controllare se qualcun altro - una moto, puta caso - era già in sorpasso, mancavano solo la suora e il nonno col cappello, ed incassavo il capitale della Puro Rischio).
Certo, magari potevo usare i soldi in altro modo, tipo per pagare le tasse ad esempio, cosa che faccio regolarmente ma ricorrendo a prestiti o fidi bancari, giusto per detestarle ancora di più. Eppure non me la sono ancora messa via la storia di Biggi; sono perfettamente conscia che non varrà mai le cifre stratosferiche promesse da Boni, ma ha sicuramente un gran percorso di ricerca alle spalle, dipinge da una vita, la sua astrazione mi piace, e tutto sommato sappiamo bene che con i giusti giochi di mercato si sale e si scende come sulle montagne russe. Ne parleremo tra quindici anni.
Perchè questa storia su Boni: perchè in questi giorni Boni non c'è, credo sia dalle parti di Praga per l'ennesima Mostra dopo la quale Renato Mambor dovrebbe costare milioni di Euro (magari è solo via per i cavoli suoi, è in ferie, oppure è solo stanco, ma comunque non c'è). Ed in attesa che torni a confermare tutti questi milioni il testimone della conduzione è passato ad Anna Maria Brizzi, che io conoscevo solo di nome in quanto parte del team della Casa d'Arte San Lorenzo (uno dei miei "Siti amici" per via di cari amici in comune, soprattutto uno), ma che non avevo mai visto di persona nè ascoltato. Me ne avevano parlato bene gli amici di Brescia, che lo scorso Giugno avevano partecipato alla Settimana dell'Arte in Sardegna, quella che io mi sono persa e sempre mi perderò perchè mai e poi mai potrò permettermi di assentarmi dall'ufficio per otto giorni filati in quel periodo dell'anno micidiale. Mi sono anche morsicata le mani - entrambe - fino ai gomiti per questa cosa, perchè sono certa che sarebbe stata un'esperienza incredibile, per la passione e l'emozione che metto in ogni evento legato all'arte. Tant'è, mi rifarò a brevissimo, con Armodio.
Ebbene, Anna Maria Brizzi mi è davvero piaciuta tanto e mi ha aperto il cuore, vi spiego perchè. Ieri pomeriggio ha fatto tre ore di trasmissione sulla pittura pop, diciamo più sulla pittura stile anni Sessanta visto che il pop vero e proprio in Italia non c'è mai stato: su Testa, Schifano, Pozzati, Dal Pezzo, Rotella. Ha parlato degli artisti, delle loro storie, del periodo storico (si vede che le piace tanto e lo conosce bene), si è sbilanciata pochissimo sui prezzi e soprattutto non ha MAI accennato a valori futuri ed incredibili guadagni. L'ho seguita fino alla fine senza mai aver voglia di cambiare canale, e sì che su Orler c'era in concorrenza la fascia di Dario Olivi, che di solito presenta quadri molti più affini ai miei gusti, perchè a dirla tutta quel tipo di pittura sessantottina a me non è che piaccia proprio tanto, anzi. Del resto, se io amo i silenzi metafisici di Scuffi, o il fiabesco astrattismo dei geroglifici di Licata, e tutto quant'altro si capisce io adoro dai miei post, che può essere anche qualcosa di minore come Sergio Scatizzi - materico! - o Roberto Masi e Antonio Possenti - poetici! - come faccio a mettermi in casa roba come quella? Anche Anna Maria l'ha detto: comprate sempre in primis ciò che vi piace!
Mi ha quasi commosso quando ha presentato un'opera di Gilardi, un altro che evidentemente non capisco, perchè non mi fa impazzire l'idea di appendermi al muro della finta vegetazione; mio marito mi critica e dice che sono troppo tradizionalista (quando vuole offendermi mi apostrofa "Tu sei proprio una da Cascella!", ma intende i multipli di Telemarket e non quelli belli dei decenni precedenti), io che accetto solo pittura fatta bene e nient'altro: un bel disegno sotto (chi non sa disegnare bene difficilmente pitturerà bene, lo dice una che di mestiere fa assicurazioni quindi è frase da prendere con le pinze, ma per me è un credo), e poi bel colore sopra. Ma non è affatto vero, adoro anche Berlingeri ad esempio, che non fa esattamente alberi o casette. E' che forse non amo troppo certe sperimentazioni... non le capisco, lo ammetto... prendiamo ad esempio Fratteggiani Bianchi: quanti anni potrà continuare ad appendere le medesime pietre colorate (Signore, fa' che questa non la legga mai nessuno degli Orler o mi levano il saluto)? Cosa si inventerà tra qualche anno: le farà bicolori? A righe? O a quadretti?
Torno ad Anna Maria ed alla roba verde di Gilardi: lei voleva a tutti i costi toccarla, ma non toccarla e basta: aveva fatto levar via il plexi di protezione, e sollevava le foglie di vite per vedere gli innesti, e tastava tra due dita gli acini d'uva (precisando che erano morbidosi come gel, e non duri come plastica) tra le obiezioni sempre più nervose del suo Direttore. Ha pure fatto cadere un gran Schifano, ma senza danni. Molto coinvolta, forse buffa, con le occhiatacce che lanciava alla telecamera (lei, abituata ad interagire con carni ed ossa, e non con attrezzi di metallo), brava, preparata, tosta.
Mi ha ricordato l'impostazione di conduzione di Carlo Vanoni: tre ore in bella compagnia, parlando davvero d'arte, di storia dell'arte, di storia di artisti, di mostre e musei, a parte il fatto che Carlo fa trasmissioni in orari impossibili e probabilmente riescono a seguirlo in diretta solo gli insonni o chi fa i turni. Per questo mi ha aperto il cuore: allora si può (anche fuori da Orler)! E' possibile portare avanti tre ore di trasmissione con intelligenza e sensibilità, oltre che ovviamente con la dovuta competenza (altrimenti vai a vendere formaggio al mercato, più di qualcuno dovrebbe farlo), anche all'interno di programmi commerciali, quindi per loro natura finalizzati alla vendita. Complimenti ad Anna Maria Brizzi, nella speranza che non cambi rotta, o che qualcuno non gliela faccia cambiare.

2 commenti:

  1. Non posso fare altro che ringraziare!

    Roberto Milani

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    Risposte
    1. Balbetto per l'emozione.
      Il suo blog è una Bibbia per noi appassionati; sono assolutamente onorata dalla sua presenza qui!

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