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martedì 16 ottobre 2012

Seta e cotone

Quando Alex, dopo mesi di tentativi e suggerimenti, capisce cosa fare del rotolo ed esce dal bagno tutto soddisfatto, cosa fa? Va al lavoro nel suo Centro Copie.
E' una battuta, ovviamente, ma andava premessa perchè ho incontrato dal vivo un vero Alex, che nella realtà si chiama Michael (del resto ruderi come Paolo o Francesco o Matteo ormai sono fuori moda, che domande), e posso scrivere il seguito a "Generazione di fenomeni".
E' un incontro che risale a qualche mese fa, ma poichè era avvenuto in occasione della preparazione di un regalo che mio marito ed io volevamo fare ad un amico, e c'era il rischio che questo amico leggesse il mio blog prima di ricevere il regalo e facesse due più due, abbiamo atteso per lo meno di consegnarglielo. Adesso che è cosa fatta, posso finalmente riderci sopra e raccontare la genesi di questa cosa, anche se il riso è un po' amaro perchè amara è la constatazione di dove stiamo andando a finire.
Decidiamo di fare questo regalo ad un amico che veste in giacca e cravatta presumo anche sotto la doccia, ed ama l'arte: scegliamo delle immagini di opere a lui care e troviamo chi ce le stampi su cravatte. Non pensavo di dover scalare l'Everest, in fondo siamo nel 2012, mandiamo dei robottini che camminano sulle loro piccole ruote su Marte e li muoviamo da qui con un joystick, abbiamo anche inventato la nebbia che vede (l'ho letto di recente, roba da fanta-guerra di Megaspie, minuscole gocce che contengono minuscole telecamere), vuoi che non sia possibile stampare una foto su un pezzo di stoffa?
Io, si sa, ho una fiducia pressochè illimitata nell'intelletto umano, ma mi sono resa conto presto che c'era qualcosa che non andava, perchè da una prima ricerca su Internet avevo trovato siti che mi chiedevano sei Euro (cravatta compresa) e siti che me ne chiedevano sessanta, per la stessa roba. Ho voluto allora tornare all'antico, lasciar perdere il web e cercare un Centro Copie di quelli che fanno un po' di tutto, con i macchinari enormi collegati a computers e video, di quelli che mi fan venire voglia di chiudermi dentro una biblioteca nonostante la polvere (pur di sentire odore di libro), ma almeno con qualcuno a cui spiegare vis-à-vis cosa mi serviva. L'ho trovato, ed ho conosciuto Michael. Ragazzotto dall'aria assonnata, con cappellino incorporato (di quelli con il frontino portato girato per dietro), con garanzia di conoscere tutte le parole del vocabolario se composte fino a due sillabe, sopra le due si vede di volta in volta come butta.
Il concetto alla fine pareva questo: Sì (monosillabo), è possibile stampare immagini digitali su cravatte. No (altro monosillabo), non costa tanto. Ma (altro monosillabo) devono necessariamente essere di poliestere o cotone, altrimenti viene male. Io sono curiosa di natura, mi sarebbe piaciuto capire PERCHE', da dove nasceva questa differenza, mi sarei sorbita volentieri tutta la spiegazione tecnica (è affascinante, vero, scaricare una foto da una chiavetta dentro un macchinario che dopo dieci minuti la trasferisce dove la vuoi, una pagina, una maglietta, una cravatta, e pensare che l'homo sapiens è partito dalle caverne e dai bastoni), ma non ho voluto infierire visto che il ragazzo era già molto provato, e quindi mi sono limitata a dire va bene, peccato però che non sia possibile stampare su seta (che oltre ad essere un materiale indubbiamente più pregiato, è più bello ed è anche un bisillabo).
Lui mi dice: "Va bene anche la seta, se è cotone". No Michael, la seta non è cotone: è seta. Sono due tessuti diversi, due mondi diversi: il cotone è vegetale, la seta è animale. Il cotone è una pianta con tante palline bianche, la seta è la bava di un verme (o se vogliamo essere più poetici, di una aspirante farfalla).
In quel momento mi sono tornati alla mente tanti ricordi di quando abitavo nell'appartamento di prima, e andavo a lavorare in autobus perchè avevo comodo il capolinea e tante corse utili a tutte le ore rispetto ad oggi. Prendendo tuttavia l'autobus sempre alla stessa ora, soprattutto la corsa della mattina presto, si era creato un piccolo microcosmo di noi pendolari, sempre gli stessi, ormai ci conoscevamo tutti; sono quelle classiche situazioni in cui non ci si saluta e non ci si parla perchè in effetti non ci si conosce, si è solo uno dei passeggeri di una anonima corsa, ma ci si scruta, ci si osserva, ognuno si siede sempre allo stesso posto, scende sempre alla stessa fermata... Basta che uno salti un giorno, e con gli altri scatta subito lo sguardo d'intesa (non c'è! Che sia malato, anzi no, sarà sicuramente in ferie, ha l'aria di uno che ne avanza!), non parliamo poi se uno ha l'abitudine di parlare al cellulare a voce alta, si diventa amici di tutta la sua famiglia, e questo lo dico per l'elegante e bella signora mora che lavorava all'INPS e si sedeva al terzo posto a sinistra dopo la ruota. Il mio posto era a destra (vi concedo una sola battutina facile e scontata...), subito dopo la porta centrale - che da noi è quella da cui obbligatoriamente si deve scendere, perchè scendevo abbastanza presto e non volevo dover avanzare a spintoni, e c'era sempre la stessa signora straniera che mi si piazzava di tre quarti dietro come un paziente avvoltoio, e prendeva il mio posto da lì fino alla Stazione, fine corsa. Sai che gioia per lei quando ho cambiato casa.
Perchè questa lunga digressione: perchè in realtà, a parte la minima componente adulta dei passeggeri, la stragrande maggioranza era composta da ragazzi dai quattordici anni in su, piccola umanità in germe appesa a grossi zainetti, tutti raccolti in gruppi lungo la strada verso i Licei della città, oppure (i meno brufolosi) verso la Stazione per salire sul treno, direzione Università di Padova. E considerando che quella tratta ha rappresentato le mie mattine per una decina d'anni, ho fatto in tempo a vederne molti, di ragazzini, alcuni li ho proprio accompagnati dalla prima superiore alla laurea, li ho visti crescere, ho ascoltato immobile ed invisibile loro storie, le liti con i "grandi", i primi amori, ho sorriso mentre si interrogavano a vicenda per prepararsi alle lezioni (sanno un sacco di cose per me incomprensibili, e poi mi cadono sulle domande più idiote!), soprattutto quando affrontavano Letteratura Italiana, visto che sarebbe bastato riavvolgere il film della vita agendo in maniera impercettibile su uno scambio dei binari, ed avrei potuto esserci io, ad aspettarli dietro la cattedra con il registro in mano. Li becchi subito, tra i ragazzini, i futuri Alex e Michael. Una volta in particolare ho assistito ad un dialogo che è doveroso riportare integralmente, perchè basta aggiungere ai due personaggi una decina d'anni o poco più e si capiscono tante cose di come andrà il mondo d'ora in poi (il dialogo è tradotto, perchè in lingua originale non uscirebbe dal Veneto, ma in dialetto era - purtroppo - ancor più illuminante):

a) Ciao
m) Ciao
a) Sei stato in ferie?
m) Hm-hm
a) Bello?
m) Hm-hm (Nota: si vede, vero, che siamo sempre sotto le due sillabe, anche nei mugugni??!!)
a) Dove?
m) Santorini (Cavoli! Quattro sillabe!!)
a) E cosa è? (Cosa mi sta a significare "cosa è"? Domanderai al limite "dov'è"?!)
m) Un'isola (Ecco perchè aveva chiesto "cosa" era! Allora sono io che non capisco proprio niente!)
a) E C'E' IL MARE?

A questa domanda il Michael di turno non aveva risposto a voce, ma fatto segno di sì con la testa e basta. L'Alex di turno, felice che in quella che probabilmente per lui era la famosa "Isola Pedonale di Santorini" ci fosse – sorpresa! - davvero il mare, non aveva indagato oltre. Giusto per capirci, va bene anche la seta, se è cotone.
Per quanto poco potesse costare (ognuno guardi al portafoglio suo), ho preferito fare il San Tommaso di turno, dubitare e scegliere di fare un prova, che almeno se viene uno schifo ho buttato via solo la cifra x, e non quattro volte x. Non avendo sotto mano io cravatte disponibili (di poliestere, cotone, o seta purchè fosse cotone), ho scelto di usare una di quelle fornite da Michael, in poliestere bianco Made-in-China, una cosa terrificante, ma lui dal fornitore - mi spiega - le ha solo bianche o nere. Una cravatta bianca te la metti al limite solo per la Prima Comunione (la tua, non quella di tuo figlio o tuo nipote), ma pazienza, se viene bene la stampa vorrà dire che me la tengo io appesa al frigo e poi ordino cravatte con colori portabili. Ho sfoderato la mia chiavetta-dei-sogni-proibiti e mostrato a Michael il Trovatore di De Chirico del '54, che è di una bellezza mozzafiato, esattamente quello che sta qui a contorno nel mio blog sotto al contatore delle visite, trasuda De Chirico anche dal bordo, lasciato – lui sì -  volutamente bianco.
Michael ha armeggiato un pochino con la sua attrezzatura e mi ha detto: "Sarà un problema far venir fuori tutta l'immagine, ti va bene se metto in primo piano solo il signore qui?" Che dire, fammi pure un bel primo piano solo del signore qui, con le sue cosciotte arrossate, chissà tutto questo sole dove l'ha preso, di sicuro pedalando...
Incredibilmente, è venuta fuori una cravatta da meraviglia. Spettacolare. Una figata. Bianca come cravatta resta orribile, ma l'immagine a colori salta fuori e sembra viva, incisa, bellissima, sfumata sui bordi, non vedi dove finisce la stampa e dove inizia il tessuto, anzi non sembra nemmeno una stampa, sembra dipinta. Bravo Michael, magari come Alex non sai fare la raccolta differenziata ma almeno fai bene il tuo lavoro, allora posso andare in cerca di cravatte vere da portarti qui (con vere intendo di colori portabili, così magari uno se le può anche mettere addosso, visto che la cravatta a quello servirebbe).
Da notare che per reperire in pieno Luglio cravatte "in poliestere o cotone", "in tinta unita" (e non viola, arancione, o simili) e con "paletta da almeno 9 centimetri" non resta che Ebay, perchè anche al mercato rionale ridono, a quanto pare sono cose che si comprano solo d'inverno, e del resto confesso in merito una certa disabitudine perchè mio marito la cravatta non la porta nè l'ha mai portata, che io sappia. E aggiungo che è un peccato, perchè ne esistono - Michael e la Cina a parte - di veramente splendide, e sono sempre ottime idee-regalo per i mariti, soprattutto i mariti-delle-altre (è maleficamente gradevole vedergli addosso, in bella vista e vicino al cuore, qualcosa che viene da te e non da lei).
L'unico problema su Ebay può essere la scelta del colore, perchè se deve andarci sopra un quadro non mi basta sapere che sia "blu", devo VEDERE cosa intendi tu per "blu" (concetto complicatissimo per molte sane aziende del Nord), ma per fortuna abbiamo trovato un cravattificio vicino ad Enna che in quattro e quattr'otto ha prodotto apposta per noi e senza tanti sofismi dei bei cravattoni grossi in tinta unita, stile matrimonio gattopardesco, celeste, blu e un lieve rame, scelti su una tavolozza che se la sogna anche l'imbianchino che mi ha rinfrescato le pareti dell'ufficio quest'estate. Grandi i siciliani! In questo modo va a finire che, tra cravatte, spedizione, stampa e confezionamento, tutta la solfa ci costa di più che andare a comprarle da Marinella a piedi, ma ormai eravamo lanciatissimi.
Le porto da Michael e scarichiamo insieme le altre immagini. Sono proprio contenta.
Quando vado a ritirarle però Michael non c'è, è andato a tagliarsi i capelli perchè si sposa (in effetti è un buon motivo per tagliarsi i capelli) mi spiega la sua mamma mentre mi consegna le cravatte. Cravatte - per la cronaca - DEVASTATE da immagini stampate prima su gommina e poi appiccicate sopra con l'adesivo, neanche lontane parenti di quella dechirichiana, un lavoro immondo, addirittura con i bordi dei quadri sagomati a mano per farceli stare.
Io non sono il tipo che fa casino nei negozi, che fa chiamare il cuoco nei ristoranti, che chiede del Direttore allo sportello della Banca; solitamente la mia forma di protesta consiste nel non farmi più vedere nel posto in cui ritengo di aver subito un trattamento negativo, e magari un po' di cattiva pubblicità, ho pur sempre duemila e passa Clienti a cui mando duemila e passa avvisi di scadenza all'anno (duemila e passa scritte colorate "Occhio che la pizza nel Tal Posto fa schifo", non costa niente ed è estremamente più subdolo ed efficace).
Ma non stavolta, ci stava mandando all'aria tutta l'idea, ormai era una questione di principio. Ho pagato, perchè io pago sempre i debiti, ma ho preteso di parlare con lo sposo. Che a dire il vero è stato bravo, mi ha chiamato la sera stessa, dicendomi TESTUALMENTE: "Ciao! Hai visto che schifo sono venute fuori le tue cravatte?". Che dire, in certi casi ti cadono le braccia, le hai fatte tu, eh, mica io! Se provassi io a dare una risposta del genere ad un mio Cliente, magari uno che dopo vent'anni che paga una Polizza Vita (Mista!) non tira neanche la somma dei premi pagati, se io dicessi qualcosa del tipo "Che schifo di Polizza ti ho fatto firmare, vero?" penso che dovrei scappare in Nuova Guinea, alla svelta e cercando di cancellare le tracce.
Eh, sì, ho ribadito io, sono venute brutte rispetto alla prima che avevi fatto, non trovi; e lui non pago: "Bruttissime! Fanno proprio cagare!" Mi scuso per il francesismo, è di riporto. Insomma, io non capisco: hai visto che facevano schifo, che erano venute male, ma me le hai fatte pagare lo stesso come l'altra? Risposta: sì (monosillabo). Però lo ammette, e di questo - I suppose - dovremmo rendere grazie a Dio.
Me l'ha anche spiegato, come mai sono venute una vera m/da: lui in realtà non sapeva che il problema principale non è il supporto (poliestere, cotone, seta, legno o piombo a questo punto, come Umberto Mariani, che fa dei lavori a mio parere estremamente interessanti per quanto non adatti al mio momentaneo scopo) ma il COLORE del supporto, che deve essere solo e rigorosamente bianco, altrimenti la stampa sbava (come il baco). Ma come, non avevi detto che ne avevi anche di nere? No, solo bianche, la roba nera che aveva sotto il banco erano le magliette (ah!). Allora ha usato quest'altra tecnica gommosa, e ha ritagliato ed incollato le immagini sopra alla bava.
Capito come sono Alex, Michael, e tutta la loro generazione? Vedono che una cosa sta venendo male, perchè il più delle volte non sanno un accidente di quello che devono fare, e non pensano neanche per un secondo di fermarsi, di informarsi, di chiamare la persona che ha commissionato il lavoro (e che paga per questo), fare il punto della situazione, trovare soluzioni alternative eccetera eccetera. Macchè. Buttano su la prima schifezza possibile, e te la consegnano come niente fosse, a pagamento. Poi, SE TE ACCORGI tu da solo, al limite sono anche disposti a rifare il lavoro, ma posto che sia chiaro che non ti rimborseranno la parte ciofeca. In soldoni, me le sono fatte rifare tutte bianche, vorrà dire che il nostro amico farà a meno di portarle e le terrà appese in ingresso come complementi d'arredo un po' diversi dal solito (cioè esattamente come ho fatto io con quelle del Gattopardo, perchè mi piangeva il cuore a buttarle, per rispetto ai quadri: le ho annodate ai ganci per i cappotti, e nella penombra la gommina nemmeno si distingue), o magari le lascia così nel loro espositore, su una scrivania, tanto si vede anche da lì che la cosa da apprezzare era il pensiero dolce, non certo l'etichetta “Ottavio” piuttosto che “Domenico&Stefano” piuttosto che “Giorgio”, tanto quella uno se la compra da solo, se vuole.
Ma non è per questo che mi secca, e neanche per l'aspetto economico (che Michael ha faticato a capire, visto che non erano soldi suoi). Mi secca perchè se Michael, invece di stamparmi una cavolo di foto su una cavolo di cravatta, avesse dovuto verniciarmi la macchina, sarebbe stato lo stesso. Idem se avesse dovuto rifarmi il bagno di casa. Idem se fosse stato il Dottor Michael, ed avesse dovuto operarmi! Questo ra-gaz-zot-to (quattro sillabe) e tutti i suoi simili si alzano ogni mattina, vanno al lavoro, e non hanno la minima idea di come si faccia, il "lavoro". Pressappochismo in primis, e se poi li scoprono deresponsabilizzazione totale, io non lo sapevo, arrangiatevi. C'è davvero da meditare (visto che il futuro – per ovvie questioni d’anagrafe –  sta andando in mano a loro) su quel "fanno proprio cagare"... 

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