(Il 27 Settembre, il giorno in cui è stata inaugurata l’ultima esposizione di Marcello Scuffi, a Fiesole, ho postato il "mio" personale Antefatto. Oggi, 28 Ottobre, l’esposizione giunge al termine, ed ho deciso di rendere nuovamente omaggio a quel pittore-poeta straordinario che è Marcello postando qui nel blog il mio scritto contenuto nel Catalogo della mostra. E sotto sotto, ma nemmeno tanto, lo faccio perché così anche chi non l’ha potuto leggere su carta potrà ancora una volta, da qui, sentirsi vicino alla sua pittura. Chi conosce Trecose ormai bene, e ci nuota avanti e indietro come in piscina, ci troverà tante cose da me già dette, ma – io ci credo - repetita iuvant. Il titolo originale, all’interno del catalogo, è "Emozioni condivise ovvero Quando il Silenzio non fa paura"; questa è la versione prelevata direttamente dal mio file, quindi dopo l’operazione di taglio e cucito ma con ancora una dozzina di d eufoniche sparse…
L’appuntamento per tutti è alle ore 10.00 del 04 Novembre, davanti ad Orler TV, per lo Speciale riservato ai dipinti di Fiesole: per certo, in un qualche angolino, magari terrorizzata tra Sansone ed Harley, io sarò lì. Mi ha dato il permesso proprio ieri sera Giuseppe, durante la grande festa del Maestro Licata.
Fate entrare in casa vostra un dipinto di Marcello, anche piccolo, un acquerello magari: starete meglio "dentro").
Ho conosciuto Giovanni Faccenda davanti ad un dipinto di Marcello Scuffi, e ne è nata un'improvvisa e delicata amicizia; del resto dovevo aspettarmelo, perchè la pittura di Marcello è così: unisce le persone. Noi che amiamo i suoi dipinti ci riconosciamo a pelle, un po' come capita fra italiani all'estero. Magari qui in patria non ti degneresti di un reciproco sguardo, ma lontano da casa siamo tutti fratelli, accomunati da un'unica bandiera. Con Marcello Scuffi è uguale; ho conosciuto collezionisti dei generi più svariati che davanti al respiro dei suoi mari d'inverno e delle sue barche addormentate imparano il piacere infinito del silenzio, del perdersi in un'emozione comune. Così, quando Giovanni mi ha chiesto se volevo scrivere qualcosa per Fiesole (un invito che io ho interpretato più come un se "me la sentivo" piuttosto che un se "volevo"), a parte le lacrime iniziali perchè l'emozione è stata troppa, ho accettato, ed arrivati al caffè avevo già tutto scritto in mente.
Sono una persona qualunque, ho un lavoro che non c'entra assolutamente nulla con il mondo dell'arte, ho un marito dolcissimo, non pratico sport, amo i gatti e la pizza. Forse tutto questo è nato come un esperimento (facciamo sentire la voce di un "non addetto ai lavori"...), ma, se doveva esserci una prima volta, Marcello Scuffi è sicuramente la persona più adatta. Perchè dipinge bene, i suoi quadri sono belli. Cosa che detta così sembra di una banalità senza fine, ma che se guardiamo bene è il motivo principale per cui la gente lo ama e cerca le sue opere. Lasciamo che quelli del mestiere ci spieghino cosa possiamo vedere "oltre" l'opera, io che sono l'uomo della strada (l'operaio, l'impiegato, la casalinga, il professionista affrettato) dico quello che direbbe un bambino, e che poi è la verità di base: fa quadri belli.
Personalmente mi sono accostata ai suoi dipinti in seconda battuta, perchè il primo amore per Marcello è stato di mio marito. Io sono un tipo solare, ed all'inizio mi spaventava il suo limitato uso del colore, tutto quel silenzio, quei vuoti voluti. Mio marito è decisamente più in sintonia con lui, caratterialmente più malinconico ed incline a certe soffuse atmosfere. Io invece l'ho capito facendolo attraversare dalla poesia, perchè Marcello è un poeta vero, solo che usa il pennello al posto della penna. L'ho letto attraverso le liriche più profonde di Eugenio Montale, attraverso le frasi spezzate e pungenti di Ungaretti, e mi è entrato nell'anima come un brivido. Perchè da qui il passo è breve per comprendere che Scuffi ti insegna proprio a non sentirla, la paura del vuoto, del silenzio, della solitudine; anzi, ti mostra chiaramente l'emozione di abbandonarsi ad essi. Quando esci dalla frenesia che ti impone la vita, quando ti ritrovi faccia a faccia con la tua anima e non puoi certo scappare da te stesso - un bilancio di ciò che sei rispetto a ciò che hai lo devi pur fare almeno una volta nella vita - ecco, è il momento in cui perdersi in un dipinto di Marcello Scuffi aiuta. Molti dicono che lui dipinge il ricordo, ma è cosa che non condivido totalmente; non vedo tempi passati nei suoi dipinti, piuttosto un eterno presente sospeso. Un presente appena accennato, affinchè io ci possa mettere il mio, di presente, e l'operaio il suo, la casalinga il suo, il professionista il suo. Un'unica emozione che ci lega tutti. Non è forse questo lo scopo del pittore? Del poeta? Di chi fa musica?
Marcello Scuffi dipinge bene, dipinge come io profana intendo la pittura, cioè con il pennello ed i colori. Viviamo in un tempo in cui l'ingegno in nome dell'arte ha prodotto e continua a produrre varie sperimentazioni, più o meno riuscite, e sono tutte forme d'arte, beninteso, lungi da me criticare chi il pennello non lo usa. Tuttavia... l'emozione che mi dà la pittura di uno che sa davvero pitturare non ha eguali. Ecco, Marcello dipinge e basta, perchè quello sa fare, quello è: un pittore. Uno dei tanti tasselli di genio italico - quello da Giotto in poi, quell'aria trecentesca che Marcello fa soffiare così delicatamente bene - che portano in direzione del "bello assoluto" che non può sfuggire a nessuno, che mette tutti d'accordo; i gusti sono soggettivi (mi piace, non mi piace), il bello assolutamente no. Possono piacermi gli occhi verdi o nocciola, i capelli biondi o neri, ma una donna bella è bella ad ogni latitudine, indipendentemente dal colore degli occhi, dei capelli, della pelle. Per me che sono nata e cresciuta nel ricco occidente, per un masai africano, per un lappone: un bel tramonto, l'immensità dell'oceano, una tigre madre. Prendi il lappone e portalo dentro alla Cappella Sistina, metti il masai davanti ad un Caravaggio, e guarda che faccia fanno. C'è qualcosa che supera tutto il resto, qualcosa che ti fa star bene dentro, che ti fa fare pace con l'isteria del mondo: un bel dipinto, una bella chiesa, l’armonia infinita di forma e colore. Un quadro di Marcello racchiude tutto questo: lo guardi - uno qualunque dei suoi soggetti amati e cari, il circo, i treni, le barche, non importa quale - ed inizia sempre un dialogo muto ed inarrestabile. I dipinti di Marcello non gridano, sussurrano. E proprio per questo ti insegnano a tacere dentro, a lasciare il caos fuori. Soprattutto l'ultimo ciclo visto a Roma: pura essenza, via qualunque inutile orpello - e già nei suoi quadri ce n'erano ben pochi. Solo due-tre oggetti che diventano noi, raffigurazione di quelle persone che lui non dipinge praticamente mai, e poi la linea dell'orizzonte: sopra il cielo di ghiaccio, e sotto il mare, puro come marmo. Nient'altro che nitore e graffi, colori di sabbia e ferro, con un rosso improvviso a ricordare che c'è vita anche quando non sembra.
Uno Scuffi lo riconosci da lontano, perché Scuffi è uno coerente, e pur nelle variazioni della sua sensibilità nel tempo non si è mai adattato alle mode del momento. I suoi dipinti sono inconfondibili. A me è capitato personalmente di sentir chiedere in una Fiera, di altri nomi, "bello, chi è?": una domanda che credo sia la morte di ogni artista. Sei bravo, ma non sei. Sei "cool" (termine assai di moda ora, altrimenti pare tu non possa andare da nessuna parte), ma non mi ricordo nemmeno come ti chiami. Ecco: Marcello non è "cool", proprio per niente. Per fortuna. Per questo durerà per sempre.
E adesso devo spiegare perchè lo chiamo "Marcello" e basta, neanche fossimo parenti stretti. Il fatto è che mai come con Scuffi si è portati ad amare l'opera perchè ami l'artista. Marcello Scuffi è una persona vera, di quelle che non esistono più, o per lo meno sono rimaste in poche. Io per lavoro vivo in un mondo di parole campate in aria, di sgambetti e di rabbie represse, ma devo dire che il mercato dell'arte ci batte: frasi dette e non dette, melliflue insistenze, promesse esagerate, il tutto in mezzo ad un mare di denaro attorno a cui, lui unico e solo, tutto sembra dover girare. Marcello no, lui che esce dalla Toscana portandosela dentro, con le sue consonanti aspirate, il suo sigaro, le sue commozioni, e poi appena può ci si rituffa. Vede che ti piace un suo dipinto e ti ringrazia: lui ringrazia te! Lo compri, e quasi gli dispiace perchè piaceva anche a lui, oppure a Lia, dolcissima Lia (dietro ad ogni grande uomo si sa cosa si trova, sempre) che lo voleva tenere appeso in cucina.
Davanti ad un quadro di Marcello l'emozione è talmente "tanta" che non ha importanza quanto costa o quanto costerà, non ha importanza l'evoluzione del mercato, non ha importanza il fastidioso coefficiente che appiattisce tutto e tutti - anche se pure mio nipote che ha otto anni sa riconoscere un quadro bello da uno brutto, un delicato dipinto da una tela imbrattata di niente, anche se sono della stessa misura! Davanti ad un quadro di Marcello pensi solo che ti piace e lo vuoi vicino, e basta. Lo vuoi in salotto, commensale con te e la tua famiglia, mentre racconti la tua giornata. Lo vuoi in camera, per la buonanotte o per riempirtene gli occhi al risveglio. Un dipinto di Marcello Scuffi - liscio liscio come una meravigliosa parete in calce rasata, senza asperità, senza interruzioni - è terapia del benessere, predispone alla felicità, e non ha alcuna controindicazione.
nooooo .... questo non lo leggo ;-)
RispondiEliminaAllora salta direttamente a "Celebrazione", il mese successivo, così leggi la mia sognante interpretazione di quella incredibile diretta! Ciao!
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