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domenica 4 agosto 2013

Arte, croce e delizia




Cominciamo col guardare insieme questa foto. Ve lo chiedo come favore personale. La guardiamo bene per un po', e poi ci torneremo sopra.
Che gran bel weekend ho passato! Mi piace Agosto, mese in cui finalmente rispetto al resto dell'anno possiamo permetterci di prender su la macchina e andarcene via, senza programmi particolari, solo per raggiungere amici distanti o coccolarci in due. 
Siamo stati a Campiglio dagli Orler, che come da tradizione festeggiavano il primo weekend agostano con una mega diretta dalla Galleria montana. Ci siamo anche concessi una più che classica partenza-non-intelligente (il primo sabato d'Agosto alle nove di mattina), quando praticamente imbocchi l'autostrada del Brennero a Verona ed è tutta un'unica lunghissima coda fino alla parte più a Nord del Lago di Garda, ma chissenefrega, è comunque una scampagnata in ambiente climatizzato, tanto mica ci corre dietro nessuno. E ne valeva la pena, perchè eravamo già stati a Campiglio l'anno scorso in Luglio, vedendo la Galleria aperta con quadri e tappeti esposti insieme, ma arrivare e trovarla addobbata tutta SOLO con tappeti (e che tappeti!) è stato un colpo d'occhio da far girar la testa. Parere personale: gli Orler hanno Gallerie di ottima qualità in quanto a quadri (poi ci sono momenti più alti e meno alti), ma non sono certo gli unici in Italia su questi livelli. Per il tappeto invece, tappeto in generale e antico in particolare, sono davvero un centinaio di spanne sopra chiunque altro, in Italia e in Europa. E mi sa che non bastano, cento spanne, per qualità, rarità, bellezza ed armonia dei manufatti, e per la passione e la competenza dei loro esperti. 
Mio marito non si è perso d'animo, lui che con i tappeti ha un rapporto quasi viscerale - ma è normale, perchè il quadro tendenzialmente lo guardi e basta (a parte me, che ci parlo e li accarezzo), mentre con il tappeto il rapporto è più intenso, è tattile, è olfattivo, è mentale. I tappeti, soprattutto gli antichi, non nascono per essere guardati quanto per essere USATI, e quindi averne tra le mani uno (leggero e sottile come una pashmina, sebbene sia fatto di trama, ordito e NODI) significa avere tra le mani la vita, la storia - le vite, le storie - di intere famiglie lungo un percorso di oltre cent'anni. Non erano ancora passati quaranta minuti dal nostro arrivo che già lui aveva staccato dalle pareti una sella. Bellissima. Io gli faccio il musetto tanto per farlo sentire in colpa quando è così compulsivo, ma sono manufatti talmente rari e preziosi che sotto sotto mi fa piacere quando fa l'irrefrenabile con l'annodato. 
Dopo una minima pausa-albergo durante la quale in teoria avremmo dovuto riposarci e/o altro e invece abbiamo continuato a guardare in televisione la diretta Orler dei tappeti dalla quale eravamo appena venuti via (tanto per chiarire la nostra sanità mentale), siamo tornati lì per la grande serata di Dario Olivi, che rientrava dalle ferie in splendida forma. E' un grande, Dario, un grandissimo. E' il miglior venditore d'arte, in assoluto, per certo in Italia, ma tanto io non ne conosco di stranieri (e l'ha detto anche Boni padre, un altro che non scherza in quanto a capacità di convincere, tra una raffica di mitra e l'altra). Infatti è stato un rientro col botto: se lo merita lui, se lo meritano gli Orler, e se lo merita anche questo mercato sempre più soffocato, spaventato e asfittico. Per carità, c'erano opere che gridavano vendetta da sole, come un Hartung del '63, il primo andato via, uno spettacolo emotivo indescrivibile, un unico MareCieloVento ed altro non saprei (chiudi gli occhi e pensa al mare, alle sue onde, alla sua spuma, al suo blu, ai suoi verdi; aggiungici dentro - sempre ad occhi chiusi, mi raccomando - il cielo, i filamenti traslucidi dei cirri e le bianche scie di chi osa profanare i suoi azzurri; adesso fai soffiare sopra a tutto questo, ma cerca di tenere tutto dentro, una serie di venti, ora dolci brezze che appena appena increspino, ora forti sibili che scuotano ed intreccino. ADESSO stai vedendo quell'Hartung). C'era un afghan di Boetti da trentasei lettere particolarmente intenso, un'unica armonia di cromie e pensiero (mica sono tutti uguali, mi pare ovvio, gli arazzi con le lettere di Boetti, per quanto l'idea di base sia sempre la medesima: ne ho visti anche di tristi e sbiaditi verdini e rosa da far pietà, con frasi da Amici-del-Bacio-Perugina). Il mio podio personale era completato da uno Scanavino a fondo rosso talmente forte da turbarti l'anima, che mi ha ispirato un furto con destrezza per qualche minuto. Giù da mio podio, comunque, tutta la Galleria era un percorso museale da mangiare con gli occhi. Ma Dario Olivi ci mette sempre quel quid "da Dario Olivi"... Non è solo la competenza, non è solo la passione sua personale, credo sia proprio una questione di empatia, di quell'invisibile legame di fiducia reciproca che riesce a creare con un certo tipo di collezionista: il collezionista che ha abbastanza soldi e vuole spenderli in arte. Perchè poi tutto lì si riduce, credo, per il gallerista. Gli Orler per l'arte contemporanea (tappeto a parte, quindi) hanno anche Franchino, che vende abbastanza ma ad un target di Clienti totalmente diverso: direi collezionisti che vogliono spendere in arte ma che di soldi ne hanno pochi. Chi ne ha di più è probabile che trovi Franchino, con i suoi improbabili aggettivi ed i suoi neologismi verbali, un po' troppo folcloristico. E poi c'è Carlo che è bravo - l'ho già detto - e anche il più carino dei tre - detto anche questo - ma decisamente più divulgatore che venditore, e credo abbia un suo pubblico di appassionati d'arte che non ha assolutamente importanza se ha tanti o pochi soldi, tanto non ha la minima intenzione di spenderli.
Ecco che mi sto perdendo in discorsi vari come sempre mi succede quando vado in mezzo agli Orler e mi attacco al distributore a gettoni del pathos. In realtà quello che volevo condividere oggi, finchè sono ancora lucida e prima di crollare dal sonno, era un'altra cosa, ma tutto sommato stavo parlando di target di collezionisti, spettatori, ed amanti dell'arte in generale, e non è che andiamo tanto distante da qui. 
Sabato sera alle pareti c'era anche un cemento di Giuseppe Uncini del 1961. Parlo di Uncini, credo uno dei più concettuali tra gli artisti più concettuali: opere crude, forti, fatte solo di cementi, ferri sporgenti o piegati, sabbie, maturate in anni in cui il cemento dell'edilizia iniziava l'espansione a pioggia, morsicava il paesaggio, divorava gli orizzonti. Arte come denuncia, arte come protesta, arte come sensazione di qualcosa che cambia, in un contesto che ormai ha già superato e abbandonato l'idea di forma, figura, colore. Ovviamente, i concettuali (quelli veri come Uncini intendo, non quelli che non sanno dipingere-scolpire-forse-nemmeno-pensare e allora dicono tanto per darsi un tono di essere concettuali) sono, tra gli artisti contemporanei, i più difficili da capire: o ci leggi il colpo di genio, o ti senti preso per i fondelli. Per carità, io mi sforzo di capire e leggere "oltre", ognuno poi si senta libero di fare quello che vuole. E' chiaro che parliamo di opere venute fuori negli anni Sessanta; chi si sognasse di creare un ferrocemento adesso pensando di fare la furbata del secolo forse sarebbe meglio che imparasse a fare la pizza, che i pizzaioli bravi scarseggiano. 
Messaggio importante nel cemento di Uncini, quindi, ma è pur sempre un blocco di calcestruzzo, quindi non è che brilli per pura bellezza. Io a certe cifre non ci arriverò mai, se fossi milionaria magari/forse un Uncini degli esordi me lo prenderei (sicuramente dopo una lunga lista di molti altri desiderata) giusto per metterlo sotto al letto ed attendere un sicuro investimento; per certo non me lo appenderei in camera. In camera ho appeso una meraviglia di tappeto tutto in seta che raffigura la volta della Moschea Blu di Qom, e anche due Scuffi lunghi e stretti (a me piacciono un sacco i quadri verticali, non so perchè) velati su toni trasparenti di blu e beige. Tutta roba senza dubbio meno concettuale, ma molto più "bella" in senso assoluto. Perchè io, che posso permettermi poche cose da tutto sommato pochi soldi, cerco quello.
Visto che il pezzo di Uncini era oggetto di molte attenzioni "telefoniche", abbiamo avuto una piccola, simpatica discussione con alcuni astanti sicuramente più esperti e preparati di noi, che hanno iniziato una tiritera senza fine sulla bellezza intrinseca del manufatto e sui suoi significati. Sul senso nascosto dei buchi affioranti dal calcestruzzo. Sulla profondità del messaggio dato dalle sue irregolarità orizzontali. Senza sapere che mio marito è figlio di un muratore, e quindi sa perfettamente che i buchini nel calcestruzzo altro non sono che le bolle d'aria che affiorano quando il prodotto non viene vibrato, e che le irregolarità orizzontali sono assolutamente normali, visto che al calcestruzzo appena gettato (mistura semiliquida di cemento, sabbia e ghiaia) viene data forma - in attesa che solidifichi - con delle assi di legno, dai cui bordi il prodotto a volte fuoriesce formando piccole strisce irregolari sulla superficie. E così lui ha finito per incavolarsi un po', perchè va bene leggere un messaggio nell'arte concettuale che possa avvicinare al contemporaneo chi non lo conosce, ma non dobbiamo per forza volerci trovare ogni santa volta dei significati nascosti inesistenti, tanto per farci ridere dietro da chi continua a sostenere che "potevo farlo anch'io". Per la cronaca, la foto in alto raffigura la parete del garage sotterraneo dove avevamo parcheggiato la Deltina in quel di Campiglio. Calcestruzzo compreso nel prezzo della camera, senza alcun significato aggiunto.

7 commenti:

  1. Mi scusi la pura curiosità, mo ho scoperto il suo blog l'altro giorno leggendo l'articolo su Cagnola (ricorda il commento di uno dei pazzoidi in via di estinzione di infotappeti? ) e leggendo questo altro pezzo mi sorge il dubbio che il mondo sia piccolo. A parte il marito che appena entra in una galleria con bei tappeti va in deliquio come qualcuno di mia conoscenza, c'era per caso anche un cane piccolo e bianco? ! Ero lì con morosa e padre a farmi la guardia per evitare che comprassi un tappeto o peggio lo trafugassi, e sul telefono ho la foto di un cagnolino comodamente sistemato su un mohtashem a fondo giallo...
    Nicola

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    1. Carissimo Nicola, ma non ci stavamo dando del tu? Certo che mi ricordo del tuo intervento da Infotappeti... poi grazie a te mi ha commentato anche il "vostro" Mario C., ho ancora i polsi che mi tremano per l'emozione...
      E direi che, in quanto a ricordi (vaghi, perchè il file della memoria era già quasi saturo per i tappeti, soprattutto il Perepedil a fondo bianco su cui ho lasciato mezza anima), ci può stare una giovane coppia con padre in quel di Campiglio. Noi siamo la coppia di mezza età (lui piccolino e pelatino, lei occhi verdi e capello liscio) che litigava con il buon Harley di Paolo per un pezzo di divano su cui posare le zampe, sotto alle vetrinette delle selle più piccole e preziose. Quel pomeriggio ha vinto lui (meraviglioso il "piccolo" mondo Orler!).

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  2. Beh allora non ti ho ritratta in foto, ma di sicuro abbiamo condiviso divano e fuga davanti alla telecamera che cercava di sorprenderci! Un saluto.
    Nicola

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  3. ciao, ho da poco scoperto il blog. volevo solo sottolineare che (almeno così ho capito) i cementi di uncini sono in realtà di legno, trattati con con cemento. mentre il vero cemento prende la forma delle assi di legno (diventando una sorta di negativo), uncini usa il legno vero e proprio. in effetti, nel cemento si riconoscono le fibre e i nodi del legno (oltre agli "sfridi", che si formano tra un asse e l'atro). come dire: un materiale artificiale (ottenuto però dalla cottura di argille e calcare) che ricopia uno naturale. ma magari anche questo mio è solo un volo pindarico...
    complimenti per come scrivi,
    marino.

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    1. Che cosa meravigliosa l'arte! A distanza di tempo continua ad unire le persone e a dare sempre nuovi spunti di riflessione... Grazie, caro Marino, per aver visitato Trecose, e anche per questa tua osservazione davvero interessante che non avevo mai sentito nemmeno durante le serate di Vanoni. La concettualità di Uncini è doppia, quindi, sia sul messaggio che sul supporto... approfondirò, perchè mi intriga.
      E... grazie soprattutto per i complimenti, che fanno sempre piacere!!

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  4. secondo me invece scrivi troppo. se sei magnanima, ringrazierai anche me.

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    1. Urca se scrivo troppo! E ne vado fiera! Piace a me, e piace ai miei lettori (fissi e occasionali), che più volte mi hanno fatto notare quanto è gratificante sforare i limiti di Twitter. Siamo in un mondo libero, ci sono migliaia di Blog sinteticissimi dove gli amanti del riassunto possono ritrovarsi in pochissime parole. Qua, l'inchiostro è oceanico.

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