.

.

domenica 24 maggio 2015

Carpe diem (privilegi quotidiani)

L'altra mattina, sul presto, commentavo al telefono con una persona che condivide un po' d'anima con me giorno per giorno, il mio post "Io e Van Gogh" (http://trecose.blogspot.it/2012/01/io-e-van-gogh.html), scritto una vita fa, e vissuto due. In realtà lo spunto della discussione era venuto fuori dalla Metamediale di Antonio Nunziante, che questa persona non conosceva; io accennavo all'episodio in cui ero stata "ospite" dell'organizzazione di Nunziante, giusto per spiegare la mia esperienza diretta con loro, e da lì alla rilettura di quel vecchio post il passo è stato breve. 
Mi capita spesso di ritornare sui miei post più datati, giusto per darmi una spolveratina personale al percorso emotivo che ha visto Trecose nascere e svilupparsi; devo dire che alcuni mi piacciono ancora parecchio (un minimo di autocompiacimento è fondamentale, altrimenti smetterei di scrivere), altri decisamente meno, ma comunque rappresentano una parte di me, il filo conduttore di una crescita importante, e non mi sognerei mai e poi mai di andare a modificarli, correggerli, o peggio ancora farli sparire. 
Rileggendo "Io e Van Gogh" ho sorriso di me, direi nello stesso identico modo con cui sorrido guardando le mie foto da bambina, o i primi disegni, o i pensierini delle elementari, cioè cosa che mi capita abbastanza spesso perchè grazie alla pazienza maniacale di mia mamma (unita alla sua caparbietà senza pari che ho avuto la fortuna di ereditare direttamente per via genetica, ed alla fissazione per le tradizioni di famiglia che abbiamo un po' tutti noi imbevuti del ramo materno) sono in possesso di tutti i miei quaderni delle scuole elementari dalla prima alla quinta, di buona parte dei temi delle scuole medie, e di una quantità innumerevole di disegni di ogni tipo, dall'asilo in poi. Per non parlare degli album di fotografie di trentacinque anni di vita della mia famiglia, dal matrimonio dei miei in poi, che occupano un intero scaffale di uno dei miei profondissimi armadi guardaroba (ci starebbero un sacco di scarpe e di borse!), e che ho voluto portare via con me quando me ne sono andata di casa, facendo sorbire anche a loro ben cinque traslochi. Arrivano fino ai matrimoni dei miei fratelli, quegli album, e poi basta, perchè a quel punto il fiume della nostra famiglia si è diviso in quattro piccoli ruscelletti per lo più digitali, alimentati da nuove vite e nuove esperienze; all'arrivo del digitale io ho cominciato ad avvertire una certa insofferenza, quasi come se quel tipo di testimonianza non fosse degno di essere raccolto e conservato, e mi sono rivolta all'indietro con tutta me stessa, alla ricerca di un passato ancor più passato. Ricordo di aver anche raccontato, in un altro post sulle mie tradizioni familiari, quanto facessi la tira allo scatolone delle foto degli avi che mia zia ultraottantenne aveva in casa, non me ne importava un tubo di nient'altro di "ereditabile". Invece la cara zietta, che ci seppellirà tutti, sta invecchiando a braccetto con Herr Alzheimer, e nonostante sia guardata a vista da badanti di varia provenienza pian pianino sta saccheggiando il mio patrimonio genetico: ormai lo scatolone è sparito, e mia mamma casualmente rinviene qua e là, in cassetti sparsi, in frigorifero, mischiati al terriccio delle piante, ritagli di vecchie foto, pezzettini, collages e strappi come esperimenti alla Frankenstein: il volto con l'elegante cappellone di una bisnonna incollato sul corpo di un bisnonno, bambini di fine Ottocento incatenati per manina a genitori non loro, e via così. Il mio sangue che se ne va a rivoli, mi sento un po' come chi ha assistito al rogo dei libri nella Bebelplatz del '33. 
Comunque, giusto per tornare a bomba e ai miei sorrisi, rileggermi in quel post mi ha fatto tenerezza. E non parlo di come scrivevo (post tutto sommato molto brevi, perchè il mio percorso era ancora all'inizio e sviscerarmi non era per niente facile: sapevo, sentivo di avere dentro un mare di emozioni e di aggettivi, di palpiti e di avverbi, ma trovare la via per farli uscire sembrava, all'epoca, un'impresa); parlo proprio del contenuto. Se chiudo gli occhi e ripenso a quella serata ricordo perfettamente ogni passo, ogni gesto, e ciò mi dà conferma di quanto fosse stata PROFONDA, in effetti, l'emozione di cui parlo; però la sento lontana lontana, e, contemporaneamente, mi vedo così ingenua e così limpida (a dirla tutta anche di Nunziante, posso dire ora con una punta di malizia, parlo troppo ingenuamente).
Si vede nettamente che i miei contatti con il mondo dell'arte, fino ad allora, erano stati principalmente i Musei e i libri di storia (in effetti frequentavo pochissimo anche le Fiere). Non era ancora iniziato quell'incredibile viaggio che, nei mesi e negli anni seguenti, mi ha poi portato a conoscere di persona, nel bene e nel male, galleristi, critici e artisti. Nel bene, sicuramente, perchè è stato proprio grazie agli Orler e all'incontro, nei loro studi, con Giovanni Faccenda, che Trecose è uscito allo scoperto, che sono stata pubblicata, che ho potuto crescere e conoscere di persona, nel tempo e in diversi luoghi, artisti come Scuffi, Armodio, Cargiolli, Stefanoni, Licata, Meggiato, Possenti, Cionini, Celiberti, Berlingeri, Rabarama, Cinzia Pellin, Luciano Pasquini, Massimiliano Cacchiarelli Principi (e non nomino chi mi è stato solamente presentato con stretta-di-mano-e-via: parlo di persone vere, che ho incontrato più volte, che ho ascoltato, a cui ho fatto domande, che ho abbracciato!). Con alcuni il rapporto è andato oltre la semplice conoscenza ed è diventato stima ed amicizia, ma anche solo il fatto di poter comprendere più a fondo, di poter ascoltare qualcuno a cui la vita ha concesso un tale DONO (la capacità di CREARE qualcosa, la volontà di raccontartene la nascita e l'evoluzione, la condivisione di visione, impegno, pensiero) non è cosa da tutti. E nel male (e non mi riferisco di certo agli "antipatici", che pure ovviamente ci sono, nel mucchio di galleristi, critici ed artisti, come in tutto ciò che si compone di umanità), nel male perchè, a volte, alla fine si tende a dare tutto un po' troppo per scontato.
Scrivo di domenica sera, di ritorno da Firenze per uno degli usuali (e non dovrebbe mai diventare tale, proprio per non perdere di fascino!) Tè da Franco Ristori. Il terzo dedicato a Nino Tirinnanzi. E sento dentro questa cosa tanto prepotentemente, che la devo buttar giù, a costo di andare a letto tardi e poi domani cominciare la settimana con le occhiaie. 
La sento addosso, stasera, la fortuna di poter frequentare certe persone così SPECIALI, e mi rendo conto che, probabilmente, dovrei ringraziare più spesso chiunque sia il "ringraziabile" (in cielo o in terra) per aver permesso tutto ciò. Perchè non è per niente "normale", non è per niente "usuale" essere di casa in quella Bottega, anche se per me è così, da tempo. Non è la NORMA, per la gente di tutti i giorni, spostare con nonchalance un De Chirico da un banco ad uno scaffale. Dare una pulitina al vetro di un Antonio Bueno lasciandolo disteso, perchè è così grande che in piedi pesa. Compilare il modulo dell'assicurazione da chiodo a chiodo per un Soffici da piangerci sopra mentre parte per una Mostra museale, giusto perchè Ristori ha il polso in gesso e non può farlo lui. Tenere in mano capolavori del Novecento come se fosse la cosa più naturale dell'universo, tipo, che ne so, allacciarsi le scarpe o lavarsi i denti. Andare a mangiare un boccone di corsa e trovarsi spalla a spalla con Giuliano Vangi, tanto per dirne una pazzesca di oggi a pranzo, che se ne accorge (LUI!) e viene a stringere la mano a Franco Ristori. 
Tirinnanzi è profondamente "sentito" a Firenze, è stato molto amato. C'è in moltissime case, e ancora lo cercano, lo coccolano, lo ammirano (cosa che con gran mio stupore - io vengo da fuori, e vedo tutto con l'occhio di "fuori" - non avviene per nulla, ad esempio, con Vinicio Berti, che ha goduto della stessa "riscoperta" grazie al lavoro certosino di Giovanni Faccenda e alla potenza televisiva di Orler TV, ma che a Firenze fa fare a molti, ancora, la boccuccia storta). Mi colpisce da morire, più di tante altre cose che riguardano Tirinnanzi, quanto sia amato appunto dalla gente comune. Io me ne sto lì intere ore, un po' perchè non mi va di stare in albergo, un po' perchè mi piace da matti, e queste persone entrano, si guardano intorno, chiedono timidamente informazioni anche a me, perchè evidentemente al posto del cuore tengo appiccicato il cartellino della Bottega. Giovani, meno giovani, adulti, anziani, normali. Tre signore, amiche. Un pensionato con il figlio. Una coppia di anziani. Due signori soli soletti alla chetichella. Quattro amici un filo spocchiosi. Un tipo che avrà avuto più o meno la mia età, che aveva accompagnato la moglie e il gatto con una zampetta rotta dal veterinario, e doveva aspettare che uscisse. Gente di tutti i giorni, insomma, gente che magari deve fare i conti con il fine mese, il più delle volte; il pensionato mi ha quasi commosso, perchè si vedeva lontano chilometri che avrebbe voluto prendersene uno, magari piccolino (gli sorrideva, mi ha anche chiesto un parere tra due, uno con le nuvole primaverili, e uno con un'atmosfera di ghiaccio invernale che sapeva di freddo ma aveva una luce unica sullo sfondo, lattiginosa, chissà dove l'aveva vista Tirinnanzi una luce così), ma deve prima tornare a casa e valutare quanto può esporsi, perchè poi ci sono le bollette da pagare e le spese da fare. In compenso con il figlio ho parlato di Licata. E poi l'uomo del gatto, che non ama i quadri con i personaggi colorati e preferisce le campagne con i casolari, e quindi ha esattamente i miei gusti per quanto riguarda i soggetti di Tirinnanzi (infatti gli ho fatto subito guardare il mio, che sta a pagina 205 del Catalogo Generale, per vedere cosa diceva), con il quale ho chiacchierato a lungo di quanto bello sia poter comprare qualcosa che ti piace e ti emoziona, senza dover pensare al fatto che possa valere, domani, oggi, o mai, dal punto di vista economico. Un altro tipo di valore, incommensurabile.
Tutta gente che ha condiviso con me qualcosa, ha accarezzato i dipinti ora con gli occhi, ora con le dita, timidamente, ed è tornata alla sua vita "normale" con in gola un sospiro, mentre io me ne stavo "normalmente" con in mano il listinello dei prezzi, in mezzo ad un girotondo di Tirinnanzi che regge il confronto con quelli esposti a Palazzo Pitti. 
Lo so che questo post sta venendo fuori un po' senza senso, di quelli senza capo nè coda, e probabilmente la prossima volta che mi verrà voglia di scrivere unitamente al sonno ed alla stanchezza del viaggio sarà il caso di rimandare l'esperienza. Ma volevo darmi un compito, subito subito, un obbligo morale, quanto meno per i prossimi giorni, finchè qualcuno dei miei assicurati non mi farà saltare i nervi (cosa che non accade raramente, di questi tempi): sentirmi una privilegiata. Non lamentarmi. Ripensare a ciò che provava la "me" di qualche anno fa solo perchè era stata invitata in un Museo senza l'allarme. Essere conscia di aver avuto, negli ultimi quattro anni, una vita molto, molto fortunata. Che valeva e vale la pena di vivere al mille per cento.

4 commenti:

  1. Come ho letto in altri post, credo che hai fatto centro; molto spesso ho visto la gente cosiddetta "comune", ovvero persone normali, umili, che magari non arrivano agevolmente a fine mese, emozionarsi di fronte ai dipinti come quelli di Tirinnanzi o di tanti altri figurativi. Invece di fronte ad una tela tagliata ... tutt'altro. E quindi siamo al solito ritornello, ovvero bellezza e valore non sempre coincidono, anzi .... E se tanti si emozionano di fronte a Nino, non esito a dire che lo fanno perché hanno davanti proprio la bellezza. E credo che anche Faccenda sarebbe d'accordo. A proposito, se possiamo facciamo un blitz a Firenze col ponte del due giugno. Un salutone
    Salvatore

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Bravi, bravi... io invece terrò l'ufficio aperto, vorrà dire che dedicherò un pensiero speciale ai "pontaioli"! Peccato non possiate fare l'accoppiata tirinnanziana (tirinnanzesca?) Pitti/Ristori, perchè in effetti anche la Storica Bottega fa ponte. Comunque vada, buon blitz!

      Elimina
  2. Il blitz a Firenze non c'è stato, ma ne facciamo uno migliore a ... Via Einaudi a Mestre sabato prossimo alle 18 ... e ci mettiamo anche la biennale ed altro ... Spero sia l'occasione per incontrarsi di persona, alloggiamo vicino alla tangenziale, zona coop di Mestre.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Carissimo Salvatore, modero questo commento ad incontro già avvenuto... :-)
      Grazie per la tua simpatia, per la tua condivisione e per la tua splendida famiglia!

      Elimina