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domenica 3 maggio 2015

Claudio Cargiolli

Io li capisco, gli ex-forumisti di Antonio Nunziante. Eccome se li capisco! 
Entusiasti, esagerati, forse un po' matti (in senso buono), si erano lasciati andare in quel Forum che era uno spazio tutto loro, nato e cresciuto presumo con grossi sforzi in quanto a tempo e impegno, per condividere un'emozione comune, confrontare i propri gusti, una sorta di Piazza d'Italia metafisica in cui, da tutta Italia, virtualmente si ritrovavano, chiacchieravano, si conoscevano. E poi gli incontri veri, reali, le vere cene, le Mostre!
Il problema è che, quando si parla e si scrive in uno spazio "pubblico", arrivano le ripicche. Se uno sente, o pensa, o crede, che gli abbiano pestato i piedi, reagisce. Poi ci sono i provocatori, veri o falsi che siano, e poi c'è quello che Il-Forum-è-onor-mio-quindi-fate-quello-che-dico-io. Insomma, un gran casino. Finisce che per fare quello che piace, e che in fondo è di una semplicità disarmante (parlare d'arte, di quadri, di gusti), bisogna quasi quasi nascondersi. E, da nascosti, per delicatezza certi argomenti trattarli solo tra gli iscritti, non pubblicamente, vale a dire l'esatto opposto del messaggio iniziale: l'arte è bellezza, parliamone! Condividiamola! 
Io ho un Blog, non un Forum, il che è lievemente diverso, perchè in un Forum tutti parlano con tutti, mentre nel mio Blog questi "tutti" parlano solo con me, non possono interagire fra loro (del resto, è il mio diario, non una Piazza d'Italia). Dovrebbe essere più semplice, la responsabilità di quello che scrivo è mia e ben identificata, posso a mio piacimento pubblicare i commenti di chi mi scrive oppure eliminarli senza alcuna pietà. Invece ammetto che anch'io, nell'ultimo anno, ho avvertito, ogni tanto, qualche difficoltà (a parte il tempo di mettermi a scrivere, che non ho più come prima, ma forse è bene che la fame bulimica di scrittura del biennio 2012-2013 sia conclusa, ora sono più ponderata). Granellini, sabbiolina, ma da prendere in considerazione. Gente tanto cara che ti chiede di parlare di un argomento sul quale non hai nel modo più assoluto voglia di soffermarti, e ti sembra poco carino rifiutare, oppure, peggio ancora, la sensazione opprimente da bavaglio, perchè più gente ti legge meno libera sei. Non puoi parlare di questa cosa perchè Tizio si secca. Non puoi criticare Caio, quand'anche costruttivamente, perchè poi si incazza, o ti pianta il muso. Non puoi dire di essere stata nel Tal Posto, perchè non si deve sapere. Eccheccavolo! Era meglio quando non mi filava nessuno, mannaggia. 
Quando una persona meravigliosa come Paolo Orler mi abbraccia e mi dice "cosa scriverai su questa serata?" riferendosi alla presentazione del Catalogo Generale di Marcello Scuffi, come cavolo faccio a dirgli che il Catalogo non mi piace? Mi si chiude lo stomaco, piuttosto. Intendiamoci, la serata è stata splendida come sempre, tutti gli Orler sono stati splendidi come sempre, è proprio il volumone da tre chili e mezzo che mi fa l'effetto così così. E l'ho anche detto a Marcello in persona, visto che un paio di settimane dopo la presentazione siamo andati a trovare lui e Lia, nel loro nido viareggino, e vederli lì mi ha fatto il solito dolcissimo effetto, come quando li vedo nella casa di Quarrata. Coccoli, tra di loro e con noi, mentre ti mostrano orgogliosi il "loro" mare, da quel terrazzino che è lui da solo un intero mondo, e dal quale si intravede, ma solo se è il tuo Giorno Speciale, la famosa Isola-che-non-c'è che spesso appare e scompare anche nelle tele di Marcello, un'isola, non le pendici degradanti dei suoi monti, un bacio fuggevole di roccia che si avvolge di foschia come di una sciarpa leggera. Al piano di sopra, visto che, come noi, non hanno bisogno di camerette aggiunte (quante cose accomunano noi e loro!), Marcello si è preparato uno studiolo, che non ha la sacralità della chiesetta di Quarrata ma che a suo modo attira, lassù, nel profumo del vento della pineta, e probabilmente è il principale responsabile dell'ultima serie di acquerelli, vertici ormai insuperabili, densi come dipinti, in cui l'acqua è quasi un ricordo eppure l'avverti, quando ti scivola nell'anima. 
Intendiamoci, il volumone è prestigioso, esteticamente molto bello e con un apparato critico notevole. Però c'è troppa quantità, e dà l'effetto di una confusione mista che prende un po' la gola (col senno di poi, io magari avrei fatto un cofanetto con tre volumi più piccini: oli, strappi d'affresco e acquerelli, tanto per dare più respiro fin da subito). All'inizio si parte con belle impaginazioni larghe, e alla fine si approda al micron, come una moto che arriva lunga ad una curva e si accorge tardi che la strada gira e più in là c'è solo il guard-rail. Ci sono quadri nella realtà minuscoli pubblicati a piena pagina (quadri assolutamente normali, a volte senza infamia e senza lode), e tele enormi, ricche di particolari, tra l'altro suggestive e bellissime, riprodotte come francobolli. Visto che, generosamente (ancora un plauso agli Orler!), non è stato chiesto manco un centesimo ai proprietari delle opere per la pubblicazione (e quindi nessuno poteva pretendere niente), magari era il caso di fare una piccola scrematura, operare una qualche scelta selettiva, ragionarci sopra un po' di più: per un pittore ancora in vita mostrare questa grande, infinita ammucchiata può essere controproducente (ed infatti tendenzialmente il Catalogo-Generale-di-tutto-di-più si fa ai morti, di cui pubblichi ogni cosa si trovi in giro, perchè si presume che altro non ci possa essere, oppure se lo fa da sè Nunziante, ma questo è un altro discorso, con dieci e passa volumi di roba a quel punto si perde per forza di vista l'obiettivo-qualità).
Dovevo dirlo? Potevo dirlo? Qualcuno si arrabbierà? Posso ancora conservare un minimo di libertà di opinione? Chi la pensa come me batta un colpo.
Già che oggi mi sto giocando alcune amicizie, togliamoci 'sto benedetto bavaglio di carinerie e delicatezze, e fatemi parlare di una persona magica che ho conosciuto da poco e che già adoro (non come Scuffi, ma ci siamo quasi): Claudio Cargiolli. Non che sia da top-secret Cargiolli in sè, ci mancherebbe, quanto il fatto che io sia stata a trovarlo di persona, nel suo studio-piccionaia, a Carrara. 
C'è, da qualche parte nel mondo, una persona che mi vuole molto bene (bene che io ricambio, perchè sarebbe impossibile non farlo) e che, molto semplicemente, era a conoscenza di quanto mi piaccia Armodio, di quanto io impazzisca letteralmente per CERTA bravura tecnica - diversa da quella degli iper-realisti, che tecnicamente ammiro perchè non sono rimbambita (e quando uno è bravo c'è poco da fare: è bravo) ma che mi lasciano un po' freddina, con buona pace di mio marito che alle Fiere si incolla con la bavetta ad ogni Pellanda che vede, pur sapendo che io, su questo, sono incorruttibile. Parlo di una bravura che vada oltre l'immagine, una bravura da CESELLO, da significato celato, da poesia e gioco. Questa persona un giorno mi dice: "Ti faccio conoscere uno che come pittura un po' ci somiglia, ad Armodio, vediamo se ti piace", e mi ci ha portato. E' stato un regalo che non scorderò mai, uno di quei momenti importanti, una di quelle emozioni a cui ripensi, chiudendo gli occhi e inspirando a fondo, quando sei sotto pressione e cerchi IL pensiero positivo che ti rassereni prima di ributtarti nella mischia. Giusto poco prima della Fiera di Bologna di quest'anno, quindi posso affermare di essere stata una delle prime persone, se non la prima (a parte i congiunti di Cargiolli), ad aver visto ultimato e ancora "fresco" il famoso trittico che poi è stato esposto nello Stand di Forni. Non che abbia fatto chissà quali cose turche, nel suo Studio, ma visto che in quei giorni si stavano concludendo gli accordi tra lui e gli Orler, mi è stato fatto capire che questa visitina non doveva essere troppo pubblicizzata, onde evitare pellegrinaggi di Clienti Orler fuori zona. 
Ma, accidenti, non facciamo sempre i materialisti, un pittore non si visita solo ed esclusivamente per comprare quadri a prezzi ribassati! Anzi! Io sono più che felice di comprare dagli Orler per le loro "forme di pagamento agevolate", e poi partecipo ai loro Eventi, mi fanno sentire speciale, ma non mi perderei per nulla al mondo l'emozione di stringere la mano a uno come Claudio Cargiolli, a casa sua. 
L'emozione di arrivare in una Carrara semideserta e addormentata, con l'aria di Gennaio che ti punge il naso mentre osservi l'ennesima mutazione del paesaggio toscano (la Toscana, regione incredibile, una sola terra ma con mille diversi volti, non solo le morbide colline dove svettano i pettini fitti dei cipressi, ma anche i suoi sguardi aspri, o le spiagge, i pini marittimi, i profumi di salmastro). Salire nel bianco le scale un po' sbilenche e incerte di un vecchio palazzo su, su, su, fino all'ultimo piano, dal quale vedi una distesa di tetti e, anche se il mare non è poi così vicino, ti sembra quasi di sentirlo, forse nell'aria, forse negli odori dei muri (l'odore tipico, a me ben noto, di Trieste e di alcune città portuali), forse nello stridio degli uccelli. 
Trovare questo folletto giocoso che ti apre la porta, e ti fa entrare, in penombra, così puoi solo intravedere poche cose (dipinti, teste marmoree, tappeti, seggiole) fino al cavalletto, esso sì, invece, completamente illuminato, coperto con un telo che lui solleva come una madre. Sì, proprio come una madre, ecco dove ho visto quella stessa luce negli occhi: una madre nel reparto maternità che solleva il lenzuolino per mostrarti il suo neonato. Uno sguardo che è un misto di gioia, di fremiti, di fierezza, e di orgoglio, per lo sforzo patito e la sofferenza del parto, e per la propria creatura, reale, viva, ora finalmente al mondo. 
L'emozione di poter scrutare dapprima l'opera in ogni sua minuscola parte, in ogni suo ricamo, davanti e dietro, con quella finestrella improvvisa da cui un occhio ti scruta, e il folletto che ti spiega quanto ci abbia lavorato, su quell'occhio così botticelliano da un paio di centimetri appena. Qualcuno ti spia dall'altra parte, e vuole vedere che succede di qui, mentre tu getti lo sguardo su un altro Universo, un'altra realtà, un mondo parallelo fatto di alberi che volano, di scale verso la Luna, di case senza tetto, di finestre senza porte, di animaletti veri oppure inventati, perchè tutto è al limite del surreale, ma, credo, senza un significato particolare. Sì, ne sono convinta, non ci sono doppi sensi nella pittura di Cargiolli, non c'è la volontà di svelare/rivelare chissà cosa, non c'è bisogno di interpretare niente: un gatto è un gatto, un pettirosso è un pettirosso, un cesto di uova è un cesto di uova, ma solo per il gusto di abitare una nuova dimensione, un levitare fiabesco, un gioco di bambini, come parlare con un amico immaginario, che nessuno vede tranne te, che conosce i tuoi segreti. E' come se lui si divertisse a farti scoprire un mondo OLTRE. Sicuramente si diverte a dipingere, questo è evidente, non c'è nulla di seriale, anche in soggetti apparentemente simili spunta una fila improvvisa di formichine per distrarti.
E, poi, l'emozione di guardarsi intorno, perchè non è solo per la pittura che sei lì, ma per lui, anche, per vederlo, per vedere come dipinge, se è vero che usa lenti speciali, come crea quei pizzi infiniti a rilievo, quasi come staccati ed applicati direttamente da un tombolo, in una Burano misteriosamente nascosta in Tirreno. Uno studio piccolo, piccolissimo, accatastato di libri, di ricordi, di ritagli, e quel tavolo con i colori già spremuti in verticale, tanti, tantissimi, come lunghe lingue, come dita indurite che spuntano a rilievo. Anzi, come un paesaggio onirico, un paesaggio quasi lunare, come roccia erosa, come i Camini delle fate della Cappadocia, questo colore ti colpisce e ti stordisce venendoti incontro e facendosi strada tra i pennelli. Pennelli ovunque, di ogni misura, dovunque l'occhio cada. 
Lui sorride, continuamente, perchè sa perfettamente cosa stai provando, legge lo stupore nei tuoi occhi, e anzi ti provoca, raccontandoti quanto tempo ci vuole per le realizzazioni più intime, per quelle minuzie studiate nei minimi particolari con addosso quella buffa montatura con le due lenti d'ingrandimento, pesante, ingombrante, che si sposa benissimo con la sua capigliatura ribelle e gli dà un'immagine da inventore, da scienziato, di quelli che viaggiano nel tempo e, spesso, da qualche parte nel fiume del tempo si perdono. Ti parla delle sue tavolette, e delle sue carte così amate e sottovalutate, elogia la lentezza nella creazione, scherza con i richiami ai Grandi che lui inserisce spesso, ora nascosti ora palesi, nei suoi quadri. 
E tanto traspare l'amore per quel luogo, per il suo lavoro, per i suoi soggetti, che ti balza evidente ciò che ha detto di lui Vittorio Sgarbi, confrontandolo, appunto, con Armodio: è vero, sono molto simili, rappresentano le due facce di una stessa pittura, di una pittura di perfezione, di una pittura certosina, di lavoro accuratissimo, di precisione ultraterrena. Solo che Armodio ne rappresenta, in un certo senso, l'aspetto maschile, più asciutto, volutamente enigmatico, mentre Cargiolli ne è il lato femminile, più dolce, più vezzoso, sia nei soggetti (colombe innamorate, animali sognanti, cieli aperti, perle, angeli) sia nei colori, i suoi rosa pastello stemperati nell'azzurro, ma anche i rossi e i viola così vivi, o i lampi dorati nel blu scuro. Armodio in effetti è più posato, ha una scala infinita di bianchi, lavora su gradini di latte, e poi ha i suoi grigi, i beige, i nocciola, preferisce elementi solidi come il ferro, il marmo. Armodio è più profondo, forse, più sagace, più ironico nel gioco degli oggetti e nella ricerca dei titoli. Ma Cargiolli ha tanta poesia dentro e fuori, la fa volare lentamente, la distribuisce come da una mongolfiera, e nei suoi titoli c'è una parola ricorrente, "amore", che avvolge tutto, dai camini aperti, alle zampette degli insetti, al mare. Poesia e amore, insieme, come una madre, ancora una volta. 
Non si chiede mai ai bambini se vogliono più bene alla mamma o al papà! Mamma e papà sono le due parti della famiglia, diversi ma ugualmente importanti, non c'è l'una senza l'altro. E così per me questi due straordinari artisti: capisci l'essenza della pittura quando li hai davanti entrambi, quando li hai osservati entrambi, li hai conosciuti entrambi, hai stretto la mano ad entrambi. Quando, eccezionalmente, ti hanno aperto la porta del loro mondo e ti hanno ammesso, per un attimo, a comprenderlo. Non mi si può chiedere di tacere.            

12 commenti:

  1. Che magnifica sorpresa, ha ripreso a scrivere ! (o dovevo dire hai ripreso, non mi ricordo se ci davamo del tu, va bè ...)... anzi veramente sono io che sto riprendendo a leggere dopo una pausa non proprio breve, ma recupererò in fretta spero, devo anch'io riappropriarmi del mio poco tempo libero. E poi proprio su Cargiolli, che dopo vari "appostamenti", abbiamo di recente catturato e fatto entrare nella nostra piccola raccolta, consegnato per di più da Giuseppe Orler in persona assieme ad un altro ... gioiellino; quando ho detto che leggevo il blog, mi ha fatto le Sue (tue) lodi. La differenza tra Cargiolli ed Armodio, maschile / femminile l'ha detta anche mia moglie, voi donne arrivate sempre prima di noi uomini ... Dovevo venire rispettivamente : alla mostra di Scuffi, all'inaugurazione della mostra di Tirinnanzi a Firenze, ed invece ... saltate. C'è un evento su Tirinnanzi anche da Ristori, ma il giorno 24 comunione della nipote, quindi niente ... Prima o poi dobbiamo riuscire a venire in Veneto per qualche giorno, e fare un capatina a Mestre, Venezia e dintorni. I migliori saluti
    Salvatore

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    1. C'è voluto un fine settimana di influenza per rimettermi alla tastiera :-)
      Poi, come sempre mi succede, è stato come aprire la valvolina di una pentola a pressione: l'emozione esce dirompente. Carissimo Salvatore, ci diamo il bentornato a vicenda, quindi! Se riesci (passiamo definitivamente al tu) ad inserire in un commento un'immagine del tuo Cargiolli... sono curiosa come una scimmietta.
      Circa impegni/problemi/impedimenti che fanno saltare occasioni gioviali non me ne parlare: quest'anno è davvero funesto, anche per me. Ma teniamo duro e non diamogliela vinta! A proposito, l'inaugurazione del Tè da Ristori per Nino Tirinnanzi non è domenica 24 (giorno di Comunione) ma sabato 23 alle 18.00: magari un pensierino e via, anche se mi rendo conto che, non sapendo dove tu abiti, vuol dire tutto e niente (io ci metto due ore e mezza...). Non si sa mai!

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  2. Ciao, il 23 sera non posso perchè c'è l'anteprima della comunione, ovvero ... la cresima dell'altra nipote .. e poi da Frosinone a Firenze iniziando alle 18 non sarebbe stato agevole. Ma è vero che da Ristori costano meno che da Orler o sono solo voci? E che di solito a questi eventi c'è anche Faccenda ?
    Non so come inserire le immagini, posso al limite inviarle ad una mail
    I migliori saluti
    Salvatore

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    1. Accipicchia, mi batti sia in quanto a chilometri che in quanto a nipoti :-)
      Circa le tue domande, alla seconda rispondo assolutamente sì: Giovanni è sempre presente, perchè il Tè da Ristori è un'iniziativa che portano avanti insieme. Durante le Serate smette i nuovi panni di venditore e riveste il classico completo (Missoni!) da critico e storico, spesso microfonato da Toscana TV, gradevolissimo da ascoltare come solo lui sa essere. E dopo la parentesi di storia dell'arte, è bello anche interagire smanicati con in mano i pasticcini... anche perchè, solitamente, alle Serate Ristori intervengono sempre i pittori (ovviamente quelli vivi), o al limite i congiunti, nel caso delle nipoti di Nino Tirinnanzi.
      Per la prima domanda, oltre a darti del birichino, non posso che rispondere un politicamente correttissimo "no comment"! Dai, Salvatore, sono Cliente sia di Giuseppe Orler che di Franco Ristori, tra l'altro legata ad entrambi da vero affetto, ho anche cercato in tutti i modi che iniziassero a collaborare e a frequentarsi: non risponderei in altro modo neanche sotto tortura, soprattutto ora che, tra una cornice, una bistecca e un Licata, pare che la collaborazione funzioni!
      E a onor del vero devo dire (su questo tu di certo mi capisci) che comunque i quadri non sono scarpe, o pantaloni, o mobilio: se ne vedi uno che ti colpisce, che ti "parla", non puoi comprarne un altro perchè "costa meno", nè tanto meno fartelo rifare uguale (simile?) dall'artista. Non sarà mai la stessa cosa!
      Morale: quando vedi qualcosa di bello da Orler compralo, e quando vedi qualcosa di bello da Ristori compra anche quello. E' semplice :-)
      A presto!

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  3. Ciao, in effetti tra figli e nipoti ogni anno c'è sempre qualche evento. Davo quasi per certa la presenza di Faccenda, in effetti lui finisce il venerdì con le trasmissioni su Orler; io non sapevo, fino a poco tempo fà, che Ristori vendesse anche i quadri. Visto che ti sei "scoperta", posso dirti che io sono cliente della Galleria Spagnoli, conosciuta quando andavo nei villaggi Valtur o IGV fin dagli anni 90. Dall'anno scorso sono diventato cliente anche di Orler, in concomitanza con l'arrivo di Faccenda, e non è un caso considerando che alcuni suoi libri erano a casa mia da vari anni. Il mio riferimento ai prezzi era il classico "scambio di opinioni" tra appassionati che cercano di comprare quello che piace di più al miglior prezzo, il tuo no comment è la miglior risposta e quello che dici in fondo alla risposta lo condivido al 100%. Tra l'altro, nella nostra ... piccola raccolta ...(la chiamo così, collezione forse è esagerato) ti posso citare i nomi di Armodio, Cargiolli, Alinari, Volpe, A. Bueno, ovvero ... seguiamo molto i consigli di Giovanni !! Probabilmente io e mia moglie siamo tra quelle persone che ogni tanto lui "chiama" nelle trasmissioni quando cerca la "sensibilità e la passione per l'arte" e non la speculazione (a saperla fare ... magari, forse non sarei qui a scrivere ... o forse si, non sono capace a fa lo speculatore). Infine, a proposito di Licata devo dire che mia moglie ha iniziato a ... puntarlo, anche se viene dopo il pallino Alberto Sughi, che però al momento è ... fuori portata dal punto di vista economico. Guarderemo con interesse anche lo speciale Tirinnanzi, un cordiale saluto

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    1. Ah, io ADORO Riccardo Licata, probabilmente è questione di pelle... lagunare, direi. Ho ricordi vivissimi e molto belli dell'Evento Orler in occasione della riscoperta dei Quaderni di Viaggio, anche perchè quelle piccole e deliziose carte ricoprivano intere pareti della Galleria, era un vero e proprio invito al "saccheggio". Sono stata felicissima che anche Franco Ristori abbia potuto proporlo su più larga scala che un pezzo o due: è cosa che fa bene all'aria di Firenze. Sai, in effetti è normale che i corniciai vendano opere d'arte, solitamente si specializzano in multipli, tirature di qualità variabile direttamente proporzionale alla serietà del negozio. Franco Ristori non è un normale corniciaio: è davvero un firmamento sopra a qualunque suo collega, quindi il "passaggio" dalla lito all'opera unica, alla ricerca del pezzo particolare, alla proposta dell'artista già storicizzato era nella logica della vita.
      Anch'io e mio marito siamo molto legati - per affinità, gusto, sensibilità - ai nomi che propone Giovanni, e anche (molto!) a Dario Olivi, ma con lui siamo su cifre irraggiungibili (un sogno che resterà tale? Vasarely, tanto per dirne uno). Agli Orler siamo legati da amicizia e affetto, perchè ti conquistano nel profondo, ma abbiamo, negli anni, intrattenuto ottimi rapporti con la Galleria Vecchiato di Padova (per Berlingeri e Rabarama), con Forni a Bologna (per Massagrande, meraviglioso!), e visto che pochi pittori mi legano dentro come Antonio Pedretti ammetto di aver "scucito", all'epoca, anche a Telemarket... non potevo fare altrimenti, con i suoi Bianchi e i suoi Sassi è stato amore a prima vista!
      Alla prossima!

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    2. Mi rendo conto che nelle ultime dieci righe ho usato per ben tre volte il verbo LEGARE! Sono tentata di cancellare e riscrivere, o quanto meno cercare qualche sinonimo... ma invece credo che vada bene così: è il bello dell'arte, questo allacciare, unire, stringere, collegare, congiungere in un unico abbraccio chiunque le si avvicini e si abbandoni a lei :-)

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  4. Bene bene, ho due artisti di cui so poco da approfondire, Pedretti e Massagrande. Devo dire sinceramente che se si potesse acquistare ciò che passa da Orler TV e piace non basterebbe ... l'edificio di 12 appartamenti ove abito per intero, ci vorrebbe qualcosa che ai fini del calcolo IMU rientra nella categoria "Castelli e affini". Ovviamente passano anche cose che piacciono di meno o non piacciono affatto; quando io e la moglie non siamo d'accordo su qualche artista, scappano battute tipo : ...se non la finisci compro una "mattonella" di Fratteggiani e te la tiro addosso ....ed io prendo un'inseminazione di piastrelle di Pinelli e sparo a raffica ... Con il massimo rispetto per questi due artisti che però a noi non ... emozionano, non trasmettono nulla

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  5. Buonasera,
    sono un bi-neofita, nel senso che ho ricevuto la "malattia" dei dipinti da mio nonno e avevo iniziato ad acquistare alcuni pezzi poi per anni ho mollato tutto (la vita a volte ti incanala in direzioni obbligate),ma da circa un anno ho ricominciato a "respirare" arte,con la differenza di una maggiore maturità (per forza..); in questo percorso mi sono imbattuto nelle opere di Claudio Cargiolli, un poeta che scrive poesie con pennello e colori, fissa nella tela i sogni, gli ideali e la sensibilità propria di un vero artista. Ho scritto una mail con indirizzo comune (e non quella con l'intestazione dell'università dove lavoro) a Cargiolli, il quale con mia grande e piacevole sorpresa ha risposto subito con la gentilezza e la disponibilità dei "grandi". Non appena troverò un suo quadro che mi "chiama" lo acquisterò subito, usando i soldi che volevo investire per acquistare un Nunziante. Sarà come prendere la frutta matura da un albero in campagna invece che acquistarla all'ipermercato...il sapore è diverso.

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    1. Sono d'accordissimo, caro Amico sconosciuto (o conosciuto, ma che si è dimenticato di dirmi chi è). Hai proprio ragione, e le tue parole mi evocano sensazioni provate nettamente. Bellissima la metafora della frutta!
      Nunziante è un valente pittore, ma è diventato una fabbrica: non ha più cuore, ti vende solo il nome. Claudio Cargiolli è, ancora, tra i pochi che ti mettono in mano un pezzetto di sè.

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  6. Grande affare Rabarama! La vendeva il suo amante vecchietto, e adesso che non c'è più non la vuole nessuno e quelli che hanno pezzi suoi tentano di sbolognare

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    1. Sono stata in dubbio per un po' se pubblicare questo commento o cestinarlo... finirà che con gli Anonimi bisognerà fare un discorsetto serio, soprattutto se si limitano a lanciare il sasso senza necessariamente argomentare... per questa volta, comunque, passiamo ed eccolo qua.
      Tralasciando la velenosità dell' "amante vecchietto" (che ci sarà mai di male a trovarsi una compagna giovane, dico io), pace all'anima sua, a me risulta che Rabarama si stia promuovendo molto bene all'estero. Sta cercando di selezionare molto, anche nella produzione (una volta in effetti era più quantitativa che qualitativa), e in ogni caso le cifre reggono. Solo il tempo dirà se la strada è quella giusta, ma di sicuro non insistere sul mercato italiano è stato azzeccato, viste le polemiche.
      Discorso a parte e chiaramente molto soggettivo (non finirò mai di ripeterlo, ma per quanto possa sembrare inverosimile c'è anche chi compra arte per PIACERE VISIVO e non per puro investimento), non vedo dalle mie parti code bibliche di gente che venda bronzi di Rabarama, anzi. Magari vivo nella città sbagliata, chi lo sa, ma le mie tre me le tengo ben strette, ci sono così affezionata, e continuo a trovarle bellissime...

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