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lunedì 18 giugno 2012

Attorno ad una cornice

Recentemente siamo andati a trovare Marcello e Lia Scuffi a casa loro, a Quarrata, e tutto è partito da una cornice.
Che i toscani siano tutti un  po' fissati con le cornici l'abbiamo capito l’anno passato, per una serie di episodi buffi culminati con la visita da una gentilissima signora di Firenze da cui ho acquistato un Kostabi su Ebay. Era lo scorso Marzo, io ero appena uscita dall'ospedale per il famoso intervento alle ovaie dispettose, e avevo voluto farmi un regalino giusto da mamma mancata. Mark Kostabi si compra benissimo su Ebay, mi spiace tanto per gli Orler e per tutti coloro che lo trattano, ma è un testone e quando un testone mette in piedi una vera e propria catena di montaggio per le opere d'arte - sfornandone in quantità industriali neanche fossero brioches calde alla mattina presto - va da sè che se ne trovano in giro anche di belle. Dico questo perchè sono perfettamente conscia che di altri nomi spesso ciò che gira su canali alternativi/Internet sono solo schifezze sovrumane, e costano metà per quello, non perchè le compri on-line o dal privato sconosciuto. Le opere di qualità vera che trovi su Internet ti costano comunque come in Galleria (ed è il caso di Scuffi, ad esempio, cosa che credo gli dia una gran bella soddisfazione). Io del resto vado a caccia di quadri belli, che mi trasmettano un'emozione, che mi parlino della bravura dell'artista: non mi interessa attaccarmi al muro la firma e basta, capirai, piuttosto mi compro belle scarpe o un tailleur di Armani che mi fa sembrare perfetta (le giacche di Armani sono miracoli veri e propri, si meritano davvero ogni Euro del cartellino).
Ho trovato questo bel Kostabi che mi piaceva, ma chi vendeva voleva assolutamente che il ritiro avvenisse brevi manu, così abbiamo preso due piccioni con una fava e siamo andati a vedere la prima edizione dell’Artexpo di Arezzo (bellissima, davvero tanta qualità ben selezionata) passando per Firenze a tirar su Mark Kostabi. La signora ci ha accolto in casa sua e - come spesso succede quando si incontrano persone con passioni comuni - ci ha mostrato la sua collezione di opere d'arte (del resto anch’io quando trovo qualche juventino nuovo sciorino sempre tutte le mie tessere JuveMember fin dalla prima, compresa la Tessera del Tifoso che mi sono fatta perchè mi conoscessero anche in questura; non ho comprato la Stella nel nuovo Stadio perchè costava quanto un acquerello di Scuffi, e se proprio devo scegliere tra la Vecchia Signora e Marcello ora come ora scelgo Marcello, al calcio ho già dato). Un Franz Borghese stratosferico, qualche Alinari, molte opere del Maestro Possenti, Squillantini, Kostabi, anche una natura morta di Scuffi ma del tipo che a me non piace tanto perchè troppo materica, e per me un "vero" Scuffi deve essere liscio liscio, non quella roba grumosa tipo purè di patate mal riuscito. Amo moltissimo la matericità, ma di altri (Pedretti e Giannoni ad esempio, o Riopelle e l'ultimo Mathieu, se vogliamo nominare due per me fuori budget, o ancora Xavier Bueno, il mio sogno proibito da collezionista, opere in cui materia e poesia pura si fondono). Lei parlava e noi sorridevamo, perchè in mezzo a tutte quelle cose da lustrarsi gli occhi ciò che continuava a sottolineare erano le cornici dei quadri, non i quadri stessi. Faceva nomi di artigiani fiorentini della cornice, artisti veri anche loro, parlava di mercatini in cui lei va a caccia di cornici particolari, per poi abbinarle ai vari quadri. Noi veneti siamo pragmatici - pensavo - guardiamo ciò che sta dentro alla cornice; se mi arriva un regalo guardo al contenuto, mica al pacchettino. Ma mi sbagliavo, oh se mi sbagliavo!
In questo ultimo anno che - se mi volto indietro - sembra essere stato infinito abbiamo avuto modo di cambiare idea: hanno ragione loro, quei matti sognatori dei toscani. Abbiamo visto quadri cambiare luce, cambiare faccia, cambiare vita solo grazie alla cornice giusta. Iniziare a respirare, perchè prima troppo soffocati, oppure - al contrario - dispersi. E poi con la cornice giusta si notano anche un sacco di particolari in più. Ma io l'ho già detto, non mi vergogno mica di imparare ammettendo i miei errori, anzi, sono sempre alla ricerca di qualcuno che mi insegni ad apprezzare cose nuove. Il giorno in cui credi di essere arrivato, ti fissi di essere ormai a posto cominci a morire, se non altro perchè diventi insopportabile.
Abbiamo trovato i “nostri” treni di Scuffi mercanteggiando un po', e lasciando giù una cornice orribile. Anche questa dei treni è cosa da ricordare, e mi fa venire in mente parole che mi aveva detto Riccardino Sandonà circa le opere che "perdi" (perchè non è il  momento, perchè non hai soldi, perchè sei arrivato tardi, e chi più ne ha più ne metta): tu sei lì che fai la scafa e non sai che, se è destino, l'opera che volevi ti torna comunque. Prima o poi. Perchè se è tua è tua, è scritto. Io avevo già visto questi treni - proprio questi, proprio loro - in un'asta, mesi fa. Treni di notte, addormentati con la luna sopra, tutti azzurro-verdi, con tanti graffi sotto che sembrano fatti da Hans Hartung in persona. E poi della misura giusta, nè troppo piccoli (che ti soffocano) nè troppo grandi (che ti perdono). Ma costavano, e io ero a secco. Me li sono ritrovati in mano esattamente a metà soldi da uno che in quell'asta pensava di fare l'affare senza aver capito che razza di crisi c'è in giro, forse credeva che fosse facile giocare al mercante, e si è trovato a dover pagare le bollette ma in Posta volevano Euro, non treni. Però si è tenuto la cornice, tanto noi ne volevamo una uguale a quella del nostro circo, visto che devono stare vicini; il problema è che qui non c'è nessuno che le fa così. Allora abbiamo chiesto a Marcello e Lia se potevano indicarci qualcuno dalle loro parti che ce la facesse uguale: lui ne aveva una proprio di quella misura, e ci ha invitato ad andarcela a prendere.
E' andata a finire che ci siamo ritrovati a casa Scuffi senza neanche renderci bene conto di cos'era successo. Io ribadisco quanto ho già scritto nel post su Marcello Scuffi: sono persone meravigliose. Ci hanno accolto da amici, ci hanno riempito di regali (sopra alla cornice). Senza contare il fatto che per me il regalo più grande è stato permettermi l'accesso ai SUOI luoghi, vedere le boccette con i pigmenti, le tele bianche e vuote in attesa - sole e uguali, in piedi in un angolo, che si tenevano per mano tra loro - mi sono sembrate così poetiche, forse più di quelle finite perchè ognuna di loro è destinata ad accogliere un soggetto diverso, ma quale ancora non lo sa. Lo studio dove il Maestro dipinge ha la volta a capriata, sembra una chiesetta di montagna, e io entrando – sarà stata l’emozione del vivere quell’esperienza o il fatto che ero tutta presa dalla sacralità del luogo – istintivamente ho fatto partire il segno della croce! Per fortuna me ne sono resa conto, e ho dissimulato subito con una sorta di ritocco alla frangetta, altrimenti facevo anche la figura della rimbambita. Però qualcosa di sacro si avverte: il vecchio acquaio, il piano di lavoro con tutti i colori spremuti, il bicchierone dei pennelli, il cavalletto, tutti i libri e quell'odore aleggiante di fresco misto a sigaro misto ad alberi.
Marcello Scuffi è una persona che dà, che dona, che SI dona nella sua interezza, e con questo ti conquista, perchè capisci che con lui e Lia ti puoi fermare, tranquillizzare, respirare piano, ridere, senza essere ferito da qualcosa - la parola sbagliata, l'atteggiamento sbagliato. Anche io sarei così, tendenzialmente: mi piace donare, mi piace dare, mi piace pensare a cosa può far piacere alle persone a cui voglio bene. E' evidente che mi piace anche ricevere (credo sia, questo, un piacere ancestrale, che ci tiriamo dietro da quando siamo bambini che aprono i regali rompendo tutta la carta invece di tagliarla sui bordi come fanno gli adulti), ma dare ha un sapore diverso, soprattutto se vai a cercare un regalo chissà dove, cucendolo su misura per la persona che lo riceverà. Un regalo come un pensiero; mi piace dare - di me stessa - quello che non si compra: tempo, attenzione, occhi, sorrisi, coerenza, presenza, anche spalle - se servono. Per mia fortuna mio marito è esattamente come me, altrimenti sai che male. Se uno così si innamora di uno che così non è finisce prosciugato, e non parlo di soldi: parlo di energia, di attenzioni, di piccole realtà. Tu dai e basta, l'altro prende e basta, e dopo un po' tu sei morto, e l'altro si scrolla e passa al prosciugamento successivo; non per nulla - come sa chi ha letto tutti i miei post precedenti - il mio più grande cemento sul cuore l'ho messo con “Let Me Live” dei Queen ("...all I do is give, and all you do is take...").
Trovo bellissima e molto illuminante la favoletta cinese che racconta la visione del Paradiso e dell'Inferno: sono uguali in realtà, con due tavolate lunghe e strette imbandite di riso (del resto è favola cinese), tanto riso, anche all'Inferno, perchè non è che manchi da mangiare lì, è la gente che non riesce a cibarsene. Perchè l'unica regoletta da favoletta cinese è che il riso va mangiato con bacchette lunghissime, e chi è all'inferno pensa solo per sè, per la sua pancia, e così facendo caccia la bacchetta nell'occhio di quello che gli siede di fronte (la tavola è stretta stretta, per l'appunto), il quale si incazza, e a sua volta gli ficca negli occhi la propria. Tanto cibo, ma per nulla: tutti litigano, nessuno mangia. In Paradiso invece ognuno pensa per quello di fronte, imboccandolo con le medesime lunghissime e fastidiose bacchette, e ricevendo a sua volta riso in abbondanza da lui. L'ho sempre trovata esemplare, ma non solo per descrivere l'aldilà (che mi immagino - sperando - un po' più esteso di un refettorio, e almeno con la pizza al posto del riso...), quanto proprio per questa vita di qua. Io a casa sto bene, perchè divido la mia vita con una persona uguale a me; fuori è più un problema, perchè a forza di prendere bacchettate negli occhi finisce che ti chiudi, e non dai fiducia più a nessuno, diventa una questione di sopravvivenza dell'anima. Sono passati ormai sei mesi, e finalmente riesco a star bene dopo la fine di un'amicizia che ho scoperto infinitamente tardi essere a senso unico. Finalmente posso parlarne, e scriverne anche. Perchè se tu mi telefoni praticamente ogni giorno e condividiamo libri, film, arte, lavoro, pensieri, vita; se per una cena - una semplice cena, ma passata a parlare con te - mi macino trecento chilometri avanti e trecento indietro; se per vedere lo stupore nei tuoi occhi faccio arrivare dall'altra parte del mondo cose che in Italia sono introvabili; se ci sono sempre quando hai bisogno di sfogarti (anche quando non dovrei esserci io, lì con te); se tutto questo dura da sei anni – anni da adulti, non anni da adolescenti, di quelli che volano via - e il reciproco "ti voglio bene" viene facile e bello, NON PUOI una sera dire dal nulla che avevo capito male. O che ho frainteso, mica sei Berlusconi. Dimmi piuttosto che prima ti servivo e adesso non ti servo più, fai più bella figura - se non per altro l'onestà, e poi io diventerò un riccio affinchè nessuno possa avvicinarsi più di tanto, e farmi stare male. Terrò fuori solo gli aculei fino a quando non conoscerò gente come Marcello e Lia Scuffi, e i loro galleristi, e i loro studiosi ed esegeti, e capirò che vale ancora la pena di dare, perchè loro danno per primi. Senza chiedere.

4 commenti:

  1. Ciao, sono "fabietto". Piano piano mi sto leggendo i tuoi vecchi post; che bello, ce l'hai ancora quel Kostabi? Io ne ho 2 in casa, di cui uno comprato dagli Orler. A proposito, visto che nutri una certa simpatia per Dario, qui ho pubblicato la registrazione di quando lo presentò (12 anni fa!! Ma lui è sempre uguale!! :D)
    www.youtube.com/watch?v=TGOPO4svAwM
    Non lo confermai in diretta, anche perché ne avevo acquistato un altro l'anno prima, da una rinomata galleria in Puglia, e telefonai, più per curiosità, 1-2 giorni dopo. Fu così che incontrai per la prima volta Paolo, che si sdraiò per terra sul tappeto del mio soggiorno, per indicarmi la firma che rimane piuttosto mimetizzata sulla tela. Un bel ricordo, mi fece pure un buon prezzo. Kostabi è così, a me piace molto, da molti è disprezzato e odiato, però su eBay è ricercato, credo soprattutto dai giovani, che infatti arrivano ad offrire mai più di 2.000/2.500€ per opere medio-grandi. Il bello per chi colleziona Mark Kostabi, credo stia proprio nell'individuare le opere che davvero meritano, sia per una questione estetica, che per il " concetto" che vogliono esprimere.
    Grazie, è un piacere per me leggere e scrivere sul tuo blog. Al prossimo artista allora. A me piacciono tanto Enrico Baj, Basquiat e Gregory Crewdson... diversissimi tra loro, me ne rendo conto.
    Fabietto

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    1. Caro Fabietto, certo che ho ancora il mio primo Kostabi... e anche il secondo, che è arrivato l'anno successivo, sempre inizialmente cercato su Ebay per poi scoprire che chi lo vendeva abita praticamente dietro casa mia!! Buffi incontri quando c'è di mezzo l'arte...
      Sarebbe indubbiamente carino farti vedere le due immagini, ma avrai capito quanto imbranata sono (tecnologicamente parlando): fatemi scrivere quanto volete, ma tenetemi lontano da questi aggeggi :-)
      Tornando a Kostabi, nonostante il periodo nefasto per il mercato dell'arte tutta io continuo a trovarlo gradevole; mica sono scema, mi rendo conto che non è nè sarà mai l'investimento della vita, ma trasmette indubbiamente dei contenuti e una certa piacevolezza. Sono convinta che la maggior parte delle critiche che ha accumulato negli anni siano dovute al suo "modus operandi" se non addirittura "vivendi", ad una serie di comportamenti spregiudicati e un po' ruffiani, piuttosto che alla pittura in sè.
      Grazie ancora dei complimenti e torna a trovarmi!

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    2. Grazie che rispondi sempre. Che peccato, sono sempre curioso di ammirare le collezioni di persone appassionate di arte, ma che siano al mio "livello", cioè senza la presunzione di sentirsi dei veri intenditori, spesso e volentieri snob! Se non ti offendi, potrei mostrarti la mia piccola collezione via e-mail; la tua mi sembra di averla vista riportata da qualche parte qui nel blog.
      Ciao!!

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    3. Grazie a te, per me è sempre un piacere pubblicare i commenti degli appassionati, e intendo davvero appassionati, i cosiddetti "intenditori" piacciono poco anche a me...! O, meglio, più che gli intenditori io non amo molto tutti coloro che si sentono già "arrivati", che salgono tre gradini sopra pensando di sapere tutto ciò che serve su un argomento: l'umiltà è fondamentale, soprattutto in un mondo come quello dell'arte, così poco scientifico e così ricco di emozione.
      In questo devo dire che sono stata fortunata: ho incontrato molte persone che, pur avendo una preparazione specifica ben più alta della mia, oppure essendo infinitamente più benestanti, non mi hanno fatto sentire alcuna differenza. Ho ricordi di tavolate gomito a gomito con chi aveva appena acquistato Hartung (e che Hartung!), ma chiacchierava dei miei Scuffi con adorabile semplicità. Cose che restano nel cuore, di sicuro.
      Purtroppo nel blog non posso per ovvi motivi rendere nota la mia mail, però se riesci a inserire un commento con foto allegate (non chiedermi come si fa! Tu sei riuscito a farmi vedere il video di Dario, per me è già un mistero...) le guarderò con una curiosità che già sento salire.
      A presto!

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