Tiro fuori dal cassetto un post che avevo scritto un paio di mesi fa, e che poi era rimasto lì, in attesa di rimuginarci sopra. Ora, in virtù di nuovi e più profondi legami con persone che condividono molti miei sogni ed ideali, è giunto il momento di darci una spolveratina.
Ho già accennato in precedenza al fatto che - per par condicio e completezza di informazione - io sono abbonata ai due principali settimanali italiani di informazione e attualità, vale a dire Panorama e L'Espresso. Per leggerli entrambi bene ed a fondo a volte una settimana neanche mi basta, considerando il tempo che posso dedicare alle mie pause per l'informazione scritta - e considerando anche il fatto che ci sono i miei amati libri, e le riviste di tennis, o di arredamento d'interni (che è un'altra mia smisurata passione, lasciata con gli anni solo in germe, ma mai sopita). Nel post in questione, che era “Aspettare la pensione”, non avevo voluto sbilanciarmi con pareri più particolareggiati su una o sull'altra testata, ma oggi sono in vena di confidenze e quindi lo farò: personalmente trovo che sia giornalisticamente migliore L'Espresso, e con distacco anche. Le inchieste de L'Espresso Panorama se le sogna, al confronto sembra un giornaletto da gossip (non che la mia esperienza nel campo dei giornaletti da gossip sia così vasta, ma posso immaginare qualcosina solo guardando le cascate di copertine che affollano ben tre totem dal mio edicolante di fiducia, mentre io divento matta a rovistare per tirare fuori da un buco l'ultimo numero di Arte In). Sono entrambi abbastanza fastidiosamente schierati ognuno con la propria fetta politica, ma ho letto più volte L'Espresso bacchettare uomini e scelte di sinistra - un segno quanto meno di onestà intellettuale - mentre non ho ricordi di aver visto fare lo stesso da Panorama con Berlusconi e la destra. E anche se io sono più allineata con le idee di Panorama, non sono ancora completamente cieca. Bruno Manfellotto, con il quale sono quasi sempre d'accordo, mi piace molto: è pacato, onesto, obiettivo, acuto; anche Ignazi si legge volentieri, ed in cuor mio ringrazio spesso Luigi Zingales, l'unico uomo che mi rende possibile l'impresa di leggere dall'inizio alla fine un articolo che parli di economia, comprendendolo tutto. Per non parlare di Michele Serra, l’adoro, è insuperabile; sta qui la differenza: per farci sorridere un po’ – perché la vita non è solo analisi ed approfondimento geopolitico, per fortuna – L’Espresso ha una pagina di satira formidabile, Panorama due pagine di gossip. E dico tutto. Anzi no, L'Espresso ha anche fotografi più bravi. E poi in coda si alternano - sbecchettandosi fra loro come due marmocchi petulanti - Eugenio Scalfari ed Umberto Eco, entrambi per me mostri sacri della penna: posso non condividere tutto ciò che dicono o rappresentano, ma ogni loro parola, ogni frase, ogni pagina è per me piacere puro. E anche ogni volta una nuova scommessa, soprattutto con Eco, e soprattutto per me che tendo ad usare la cosiddetta "lettura veloce", ed è evidente che con Eco non puoi perchè non c'è neanche una virgola lasciata al caso, se salti anche un solo avverbio perdi il filo del discorso. Un peso ad ogni singola parola, che bella lettura diventa.
Tuttavia, c'è una cosa in cui L'Espresso proprio non mi va giù, e stona parecchio con il resto della qualità del giornale: parlo della rubrica della posta. Sì, proprio di quelle ultime paginette in cui vengono pubblicate le lettere dei lettori, cioè la parte più inutile e limitata di una rivista rispetto alle rubriche delle firme importanti o alle inchieste, e che invece io leggo sempre con molta attenzione. Perchè mi piace vedere cosa pensa anche la gente normale, l' "uomo della strada", la persona come me, che lavora, paga le tasse, ha sogni, ambizioni, ha famiglia, hobbies; la persona che non vive "dentro" l'attualità politica ma un po' la subisce. Posto che chi firma gli articoli deve esprimersi in un certo modo, mi piace vedere come si esprime l'altra parte della rivista, cioè chi la legge. E dal momento che non stiamo parlando di giornali per ragazzi o di riviste che una volta si chiamavano "femminili", dove trovi ancora la Posta del Cuore per ricevere consigli o quant'altro (del resto, fino a quando ci sarà chi chiede ad un emerito sconosciuto cosa fare della propria vita... "Che faccio? Lo lascio?", come con i tarocchi. E butti nel cesso una storia, una vita, una famiglia perchè te l'ha detto la maga), e nemmeno di riviste settoriali specializzate in cui si chiede un parere ad un esperto, si presuppone che debba essere una semplice raccolta di opinioni da meditare e/o condividere. Pareri un po' meno illustri, ma spesso acuti e pragmatici. Su Panorama è così; su L'Espresso no, c'è una signora che ogni settimana risponde/commenta una lettera. E - inquietante ricorrente coincidenza - io non sono mai e dico MAI d'accordo con quello che scrive! Sembra faccia apposta. Usa spesso vecchi slogan ritriti di sinistra (per le donne, per i sindacati, per i lavoratori dipendenti, per gli omosessuali) che ogni volta mi fanno scricchiolare le belle pagine patinate per quanto sanno di vecchiume superato, e se non fosse per la qualità del giornale lo brucerei. Per fortuna che poi c'è la pagina di Eco.
Ho dovuto fare questa lunga premessa perchè riflettevo proprio su una risposta che questa signora aveva dato ad un lettore circa Facebook. La lettera arrivava da un ragazzo che diceva di avere diciott’anni e firmava con nome evangelico da Apostolo dubbioso, e con cognome doppio; scritta benissimo, mi è venuto anche il sospetto che non fosse vero, magari era una provocazione fatta per dare il la alla risposta. Troppo bravo, profondo nei concetti e preciso con la scrittura: aggiungici un nome/cognome da marchese o conte e già me lo vedo, tra vent'anni, lanciato verso una incredibile carriera da manager, o da filosofo, o da magistrato, o da critico letterario. Un figlio così l'avrei voluto di corsa. Dice che ha chiuso con Facebook, dopo averlo provato (più corretto di me, che ne ho parlato male senza averne avuto esperienza diretta, se non si conta l'obbligo di conviverci ovunque si vada), lo definisce una "malattia della società contemporanea", che "non rafforza le relazioni umane, ma le falsifica". Tutto su Facebook, dal modo di porsi, dal pensiero, al linguaggio, all'emozione, è falso. "Elimina - dice il mio piccolo genio - proprio quelle diversità che esprimono la nostra vera personalità". Secondo lui questo continuo enorme successo che non vede ancora avvisaglie di cali deriva dal fatto che la nostra è una società "sempre più televisiva", si predilige "l'uomo che appare e non quello che pensa, l'immagine di noi stessi e non il vero sè". Personalmente sottoscrivo in pieno, basta leggere il mio post su Facebook! Mi sono anche chiesta perchè questo fior fiore di bambino avesse scritto alla signora in questione, e vista la chiusa della lettera immaginavo un pronto aggancio per una filippica contro Berlusconi, che in vent'anni ha "televisivizzato" la vita di tutti, sfornando pletore di adolescenti che non puntano più a coltivare intelligenza e talento, tanto basta mostrare un po' di carne ed alimentare un po' di gossip per arrivare dappertutto. Io ho tre tatuaggi ma tutti tribali, magari se avevo anch'io la farfallina a quest'ora ero in consiglio regionale e sai quadri che mi potevo comprare con quello stipendio (e non è così in realtà, perchè chi ha le farfalline e i consigli regionali non pensa a comprare quadri, della serie chi ha il pane non ha i denti. O la sensibilità giusta).
Invece, questo è quello che la signora ha risposto; lo riporto testualmente virgole comprese, e se c'è qualcuno che non mi crede può andare a cercare il n. 11 del 15 Marzo 2012 de L'Espresso e verificare.
"(Facebook) permette alle persone, non soltanto di apparire, ma di credersi diversi da come si è, dà la possibilità di mascherare inibizioni e insufficienze anche ai propri occhi e di mostrare la faccia più funzionale al momento e al ruolo che si sceglie. Su Facebook si è rivoluzionari, sentimentali, cinici, malinconici o provocatori senza verifica e senza pagarne eventuali conseguenze. E' questo il motivo di un successo che non tramonta, nonostante il veloce Twitter e nuove forme di social network. Ma la domanda che oppongo alla sua è: che male c'è? Perchè rifiutare uno specchio dove declinare la parte grandiosa di sè, quella mortificata dalla realtà quotidiana? A dosi omeopatiche il narcisismo aiuta a vivere. E venire riconosciuti e apprezzati per qualcosa che, sia pure studiato e "artificiale", viene da noi, fa bene al cuore. Ma la sua giovanile intransigenza non è disposta a fare sconti alla mancanza di assoluti, in questo caso autenticità e verità. Alla sua età è giusto così".
Che dire? Io lo trovo ALLUCINANTE, dall'inizio alla fine. "Alla sua età"? A quale età è scritto che debbano venir meno gli ideali di autenticità e verità? Io ho passato i diciott'anni da un pezzo ormai, e ancora odio i finti, dal profondo del cuore. Odio le bugie. La bugia, la falsità, il doppiogiochismo: tutte cose che rovinano le persone, le famiglie, le aziende, cose che hanno rovinato la politica, l'Italia. Anche l'arte rischia. E questa qua mi viene a dire "che male c'è?". C'è il male che, se cominciamo anche solo ad ACCETTARE L'IDEA che mentire sia bello, sia permesso, sia "cool" (quanto DETESTO questa parola!), il passo perchè lo si autorizzi anche nella vita vera è GIA' AVVENUTO. Se io mi sento mortificata dalla mia realtà quotidiana è giusto che mi batta per cambiarla, che lotti per migliorarla, che faccia sentire la mia voce contro ogni frustrazione... è aberrante che mi si consigli di rifarmi su una vita virtuale! Anni fa andava di moda Second Life, che rappresentava tutto questo e che io detestavo dal profondo di ogni mio centimetro quadrato di pelle, poi per fortuna non se ne è più sentito parlare; adesso mi tocca assistere alla combinazione Second Life+Facebook. L'invito alla non-verità. La lode al tarocco. E rivolto ad un diciottenne, per giunta.
Caro figlio che non ho avuto, ascolta me invece della signora Espresso. Hai perfettamente ragione tu: esci, vai a mangiarti una pizza con la morosa o con gli amici, e tieni spento il cellulare quando sei a tavola, mi raccomando, perchè ogni loro parola vera che ti perdi l'avrai persa per sempre. Leggi, vai al cinema, vai a teatro, vai a vederti una bella mostra, e discuti, condividi, ama. Magari anche arrabbiati, e tira o prendi qualche sberla: sempre meglio una parolaccia vera che una lode finta. Mantieni sempre viva quella fiamma che ti arde dentro per la verità, e che prima o poi - se farai il mio stesso percorso - arderà anche per la bellezza che nel mondo c'è ancora, basta saperla cercare e mantenere. Io di anni ne ho quarantaquattro (come i gatti), e credo ancora nella gente vera. Mai smesso. Ne ho incontrate di persone false (capirai, faccio un lavoro dove mentire è talmente facile!... A volte spingono palesemente perchè tu lo faccia, ma basta saper dire di no), mi sono tirata in parte e le ho lasciate passar via.
Le persone vere esistono ancora, le riconosci dagli occhi, dalla voce, dalle emozioni che ti trasmettono (e dal fatto che - spesso, anche se non sempre - non sono su Facebook). Lotta per loro! Se abitano distanti puoi sempre usare la posta elettronica, o un sms improvviso, spedito come ti esce dall’anima: non c'è bisogno dei social networks per dire a qualcuno che gli vuoi bene.
La falsità fa male al mondo, e per prima cosa fa male a chi la diffonde. Non si vive bene se si mente. Non credere che io sia perfetta perchè ti dico queste cose, anche io le mie piccole bugie le ho dette (bugie stupide, alla tua età, e un paio di bugie un po' più grosse dopo), e le ho sempre pagate tutte, se non altro nel cuore, perchè se non hai sullo stomaco un pelaccio alto così non cominciare neanche: ti fai solo male. E' inutile che io dica ai genitori che sono in un posto se sono in un altro (cose della tua età): la bugia mi brucerà dentro e non mi permetterà di godermi la serata. O con il fidanzato tradito per sbaglio, è inutile voler a tutti i costi fare le paladine della verità (io e le mie amiche furbette) e volerglielo confessare in nome della "correttezza": balle. Se non lo ami più lo lasci, quella è correttezza; se lo ami ancora non gli dici niente, non ti vai a risciacquare la coscienza per distruggere la sua. Taci, ed il tuo tradimento sarà uno stiletto che ti terrai dentro, conficcato dove fa più male, e stai tranquillo che la prossima volta ci penserai cento volte. Bisogna imparare che ogni cosa negativa apporta conseguenze negative che pagherai, per certo, non badare alla signora. Le bugie corrodono, così prima o poi capisci quanto meglio vivi senza. Impari anche, addirittura, a prevenirle! E ti innamorerai - puntualmente - di chi non ne dice, una, dieci, cento volte.
Io sono una persona abbastanza ambiziosa, caro ragazzo: so di essere brava in alcune cose (mica in tutto, vorrebbe dire in niente, ma in qualcosa sì), e mi piace che mi si apprezzi - non voglio fare l’ipocrita. E' vero, come dice quella signora lì, che "fa bene al cuore". Ma sempre per cose vere, mai "studiate ed artificiali", farebbe solo male, diffonderebbe un errore in partenza. E prima o poi il palco cascherebbe. Sii una persona vera, cerca le persone vere, battiti per loro e per il loro talento, e non cascherà mai.
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