.

.

martedì 6 marzo 2012

Colpi di fulmine

Mi sa tanto che il quinto Scuffi, quello dei treni, dovrà aspettare, con buona pace di mio marito che ogni sera va a dare la buonanotte alla nostra Piazza d’acqua. Sono troppo innamorata della pittura di Salvo, e se mai avrò la possibilità di comprare un altro quadro (dopo aver onorato tutti gli impegni presi per i tappeti) vorrei tanto averne uno suo. C’è da dire che parliamo di cifre diverse, ma comunque ancora abbordabili per i comuni mortali, non si sa mai, magari se l’economia riprende a girare e con lei si rianima anche il mondo assicurativo vedremo tutto più rosa.
Salvo fa parte di quel gruppo di pittori “riconoscibili” da lontano: vedi un suo quadro e non puoi che dire “ecco un Salvo”. Ed è una cosa che mi colpisce, mi sono resa conto che nelle nostre scelte fatte tutte con la pancia (e quindi presumibilmente non troppo intelligenti, dal punto di vista collezionistico) abbiamo seguito questo filo conduttore: ad istinto evidentemente ci piacciono gli artisti che hanno una loro impronta ben visibile, uno stile nettamente proprio, e possibilmente inventato e delineato da loro stessi. Mi spiego meglio: Antonio Nunziante, ad esempio, è un pittore più che eccellente; ho una sua maiolica che sembra abbia trattenuto ogni scintilla del forno che l'ha generata, tanta è la luce che emana, non la cambierei per nulla al mondo. Ma non ha “inventato” nulla di suo. La metafisica l’aveva già sperimentata qualcun altro. Certe sue visioni, le Farmacie, gli ultimi interni chiaroscurali sono meravigliosi, ma non sempre si può dire “ecco Nunziante” (se uno non lo sa magari dice: bellissimo, chi è?). Infatti io di Nunziante ne ho uno, di Scuffi quattro.
Salvo è Salvo, i suoi paesaggi mi fanno tornare bambina, mi sembra di sprofondare in una fiaba. Per gusto mio preferisco le sue sere, dove ogni cosa prende quella tipica luce azzurro-rosa cupo, oppure addirittura le notti, con le luci dei lampioni e le nevicate, ma non escluderei a priori un bel quadro con alberi e montagne, di quelli con tante nuvolette che sembrano grosse mozzarelle appoggiate alle pendici del bosco, e ti vien voglia di morderne una. Una bella mozzarella di bufala, di quelle con il pippiolino sopra. Già ho declamato Montale davanti ai quadri di Scuffi, potrei sempre partire con Quel ramo del Lago di Como e Salvo. Mi è sempre piaciuto, fin da quando studiavo, l’accostamento tra la letteratura e l’arte, perché entrambe coinvolgono testa e pancia, e dove non arriva una arriva l’altra (e quindi cadono a fagiolo anche le mozzarelle). Siamo fatti di sensi, mi piace poterli usare tutti quando qualcosa mi coinvolge così profondamente. Ci sono testi (poesie, ma non solo) che fanno piangere; perché non un’opera d’arte? Riso e pianto, lacrime ed estasi. Potrei starmene per ore a rimirare un quadro che mi piace, immaginando di saltarci dentro e viverci.
Altro pittore che mi fa provare le stesse sensazioni è Tino Stefanoni (magari sarà l’alternativa a Salvo, se non ci arrivo). Anche lui è uno di quelli che riconosci tra mille, e anche lui gioca con il colore e la semplicità come pochi altri: i suoi mulini, i campanili, gli alberi innevati, tutto sotto strati e strati di colore intenso e luminoso al tempo stesso. E’ incredibile come, quando guardo i suoi quadri, mi viene voglia di stare zitta, e sì che per me è praticamente impossibile. Vedo questi lunghi prati, questi cieli così rosa o così blu, ed è come se non volessi disturbare la loro quiete con suoni inutili: sono perfetti così, nel loro silenzio, sospesi nel tempo. Ma un saltino dentro ce lo farei, una corsetta veloce, giusto per sentire l’intensità delle sue stelle (non mozzarelle nel suo caso, magari neve di panna montata sui tetti). E’ pazzesco se si pensa che, per giudicare economicamente un pittore contemporaneo, si usa il “coefficiente” (base più altezza per il fatidico numerino); in una cosa così soggettiva come l’arte! Tutto uguale, tutto appiattito, zero emozione zero. Io uso le mozzarelle, invece, ma di quelle che tolgono il fiato.
Salvo e Stefanoni riempiono allegramente le Fiere d’arte, un po’ tutte le ultime che abbiamo visitato, il che vuol dire – e mi fa tanto piacere – che siamo in molti ad amare questa figurazione volutamente infantile e bellissima. Adesso che ci penso, un altro filo conduttore dei pittori figurativi che amo è la quasi totale assenza di figure umane: personificazione di natura e cose. Che strano (come nell’arte islamica, allora è naturale che sia tanto attratta dai tappeti).
Ci piace da matti andar per Fiere, è come visitare un museo, ma senza dover tenere atteggiamenti compunti. Ogni cosa a suo tempo, per i pittori: quando li rimireranno nelle sale dei Musei susciteranno eco di sospiri, come vecchie signore aristocratiche; ora alle Fiere sono come tante ragazze il sabato sera: occhi sgranati, risate e quattro salti in compagnia. In un museo devi stare attento a non avvicinarti troppo alle opere esposte, alle Fiere in ogni stand ti invitano a guardarle, a toccarle quasi (con discrezione), ad immaginarle tue. E poi è bello essere lì, tutti accomunati da un’unica passione, da Nord a Sud. Ragionavamo proprio di questo con Giovanni ed Eva della Rizzuto Arte di Palermo (è uno dei miei “Siti Amici”, da visitare assolutamente, ricco di opere importanti e di belle novità), in occasione del loro primo “sbarco” dal Web ad ArtePadova: storie diverse, provenienze diverse, professioni diverse, ma siamo in tanti, tutti qui a goderci un'immensa tela piegata di Berlingeri. Vorrà pur dire qualcosa.

2 commenti:

  1. Ciao
    Salvo lo conosco (le opere, dico), eh sì costa maledettamente tanto. Oltre a Stefanoni un altro pittore che me lo ricorda è Luca Dall'Olio, non so se ce l'hai presente. Anni fa lo vendevano a Telemarket, costava molto meno di Salvo, poi è sparito...boh...
    p.s. con grande letizia sono riuscito a beccare sul digitale terrestre i tuoi amici di Orler :-), canale 127, con il grande Vanoni...sempre bravo, vedo che non è più il capellone dei tempi di Telemarket...imposizioni dalla Direzione? ;-)(come Boniperti ai giocatori della Juve?). più che altro interessante come Orler stia cercando di diventare una venture capital dell'arte, cercando di trovare gli artisti di domani. se vedi i fratelli Orler fa loro i miei complimenti su questa scelta. Telemarket aveva lanciato un progetto simile tempo fa, tipo Accademia Telemarket non ricordo, ma opere a mio gusto inguardabili...
    Michele

    RispondiElimina
    Risposte
    1. In effetti quando io parlo del mio affetto e della mia stima per gli Orler intendo proprio i "fratelli Orler"; spesso tramite il mezzo televisivo si tende ad associare i nomi delle varie aziende ai loro presentatori più o meno bravi, preparati e/o caratteristici (apprezzo molto anch'io il buon Carlo Vanoni, come ho già detto in "Polizze in saldo", anche se come gusto e sensibilità personale mi sento più affine ai dipinti amati da Dario Olivi). Con gli Orler la faccia ed il cuore sono proprio quelli della famiglia, che porta avanti gli ideali, i valori ed i sogni di quel genio dell'imprenditoria che è stato Ermanno Orler. E poi, cosa fondamentale, apprezzo tanto la loro serietà e la loro coerenza: difficilmente da Orler si vedono opere (ma anche tappeti e gioielli) prima "pompate" e poi "svendute" secondo strani giochini di listino che fanno solo male al mercato. Il momento è duro per tutti, ma al ridicolo c'è un limite.

      Elimina