(Questo è l’ultimo dei post che avevo scritto in Agosto; ultimo, e particolarmente intimo e “privato”, tant’è vero che sono rimasta incerta fino all’ultimo se postarlo o meno, perchè certe cose, finchè non le superi, non le vuoi vedere scritte nero su bianco. Poi, come sempre, quel Gran Signore che è il tempo – probabilmente è anche lui di Venezia, secondo il noto detto – ha fatto quello che doveva fare, facendomi arrivare sana, salva ed obiettiva a fine Novembre. Pronta per non temere, una volta in più ancora, la parte più nascosta della mia emotività, e dominarla).
In più di un post ho accennato al Grande Amore della mia vita, che ovviamente non si chiama così ed ha un suo nome e cognome normalissimi come chiunque di noi (che poi, nel caso, mi chiedo quale sarebbe il nome proprio, forse "Grande"). Ma un po' per la situazione ambigua che c'era ai tempi della nostra storia, un po' perchè di quella immensità è stato l'unico, l'ho sempre chiamato così, e così continuerò a chiamarlo. Situazione ambigua forse neanche più di tanto, visto che alla fin fine lo sapevano tutti, e quando ha lasciato la moglie e me per la terza del gruppo, sua moglie (che conoscevo bene) mi ha chiamato in lacrime dicendo che questa nuova non le piaceva per niente, non le era mai piaciuta, ed aveva sempre preferito l'idea di essere lasciata, piuttosto, per me. In pochi momenti della mia vita mi sono sentita così sollevata e così stupida, contemporaneamente.
Immensità ed unicità invece c'erano, come in tutti i grandi amori che si rispettino; io sono molto pratica, e so bene che quelle sensazioni le puoi provare una sola volta nella vita, due se ti va davvero bene. Le vivi a fondo (e se l'età è quella giusta tolgono il fiato, perchè non sei più tanto acerbo e non sei ancora tanto cinico) e poi le conservi nei famosi cassetti dei ricordi, per sempre. Ho sempre guardato con un po' di commiserazione le mie amiche/conoscenti che ogni volta che andavano a letto con uno nuovo (magari roba di una sera, o di una settimana) giuravano e spergiuravano di esserne perdutamente innamorate, quasi a darsi un alibi, perchè non è carino ammettere di essere state un po' troppo facili, e parlare d'amore giustifica tutto, o quanto meno ti mette due belle fettone di prosciutto sugli occhi. Io non sono mai riuscita a saltellare da un letto all'altro, anche se non nego che alcune volte sarebbe stato davvero divertente (ed altre volte mi avrebbe aperto nuove strade), ma non solo per una questione di morale, più che altro una questione di rispetto. Rispetto di me, soprattutto! Non per questo, tuttavia, giudico quelle che lo fanno. Sono cavoli loro, purchè però non me la si butti ogni volta sul sentimento, perchè mi arrabbio. Credo sia fisicamente impossibile innamorarsi a certi livelli più di una o due volte in un’intera vita, e a dire il vero nemmeno tutti hanno la fortuna di provarlo: c'è anche chi non si innamora mai (cosa molto triste, perchè saper provare amore fa stare bene dentro, a prescindere).
Un sentimento del genere mantiene un legame per sempre; quando, un po' di tempo dopo la fine della storia, c'è stata una cena di gruppo alla quale io partecipavo con il mio futuro marito e lui con la nuova compagna col pancione, ricordo che la mia dolce metà mi disse che non c'era bisogno che gli dicessi chi era. Si capiva da come mi guardava, da come ci guardavamo, si "avvertiva" nell'aria. E ancora adesso, quando - ogni mai - ci capita di rivederci (perché dobbiamo rivederci - ogni mai - per sapere come sta l'altro, cosa sta facendo, se è felice oppure triste), io sto bene attenta che sia sempre a pranzo, mai a cena. E mai bere vino, che condiviso piace tanto ad entrambi, ma fa fare tante sciocchezze. Perchè l'immenso può essere negato, ma non spezzato.
Io per lui avevo letteralmente perso la testa, perchè lui fa questo effetto alle donne. Non che sia bello, neanche brutto: è assolutamente normale. Ma ha QUEL qualcosa! Ho cercato di spiegarmelo molte volte, sia per me stessa e per la mia razionalità, sia per mio marito, che a volte fa il sociologo curioso (e si chiede COSA è esattamente che attira certe donne verso certi uomini), ma non ci sono spiegazioni. Del resto, è come con le donne: ce ne sono alcune, magari non bellissime, che però sanno come girarsi gli uomini sulla punta delle dita, come marionette. Entri in un locale, in un negozio, vai ad una cena, ne vedi venti su una volta che non ti dicono niente, ma ce n'è UNA che ha qualcosa di diverso. Quante volte infatti veniamo a conoscenza di situazioni di uomini che si sono rovinati per una donna, che si sono indebitati, che si sono distrutti, e mica è sempre questione di bellezza. O di potere/ricchezza per quanto riguarda gli uomini che piacciono alle donne, come sostiene mio marito: quando l'ho conosciuto, il Grande Amore aveva trentadue anni, era squattrinato, e non ricordo particolari poteri, solo tanti sogni da far brillare gli occhi, una mente molto sveglia e un sorriso devastante.
Come certe donne fanno con tutti gli uomini che incontrano, lui riusciva a farti sentire una regina, una dea, l'unica ed irraggiungibile, in tutti i sensi. Ma attenzione, con la stessa facilità ti scaraventava a terra, perchè non c'eri mai solo tu. Raccontava una valanga di balle, un mare infinito di balle, ma mai per cattiveria, mai per uno specifico tornaconto, forse solo per modificare lievemente o abbellire situazioni che non gli piacevano, che non trovava abbastanza divertenti; ero arrivata a pensare che non si rendesse neanche conto di mentire spudoratamente, in continuazione. Perché, poi, ci sono le due varianti della cosa, e cioè quando la domanda è “Cosa hai fatto di bello ieri sera?” la risposta può essere “Sono andato all’inaugurazione del Posto Tale” (e non essere assolutamente vero, nel senso che invece è andato nel Posto Tal Altro), oppure sempre “Sono andato all’inaugurazione del Posto Tale” (per davvero questa volta, ma omettendo la coda della frase, cioè “… e ci sono andato con due mie amiche spogliarelliste strafighe”). Con lui ho imparato che, in amore, è meglio non fare mai domande se poi non si ha la forza di sopportare le risposte. O di dire basta.
Viveva costantemente sul filo del rasoio delle emozioni, DOVEVA essere sempre adrenalinico, ed era una cosa fantastica se quella sera eri lì con lui, non certo se lo stavi aspettando a casa perchè aveva detto "passo a prenderti alle otto, fatti trovare pronta che c'è una bella sorpresa", ma poi all'ultimo momento si ricordava che l'aveva detto anche ad altre due, per la stessa sera. O più semplicemente non aveva voglia di mangiare fuori. Sarà per causa sua che detesto tanto le sorprese, oggi. Sorprese che potevano esserci davvero, e negative, come telefonate che ti avvisavano di incidenti, di automobili distrutte, di patenti ritirate per mesi. Oppure bellissime, come anelli fatti fare apposta con quattro pietre del colore dei tuoi occhi e dei suoi, insieme.
Potevi giurare a te stessa, versando lacrime ora gelide ora bollenti sopra il cadavere del tuo orgoglio, che quella era l'ultima volta, e quel grandissimo bastardo sapeva sempre come farsi perdonare, con quel modo di guardarti, di ascoltare, di farti sentire speciale. Magari di lasciarti le tre rose sul parabrezza della macchina (noi donne siamo davvero deficienti, i fiori recisi sono pur sempre materia organica che sta per decomporsi, seppur ancora esteticamente gradevole, cosa ci troveremo mai?!). Quel modo quasi di umiliarsi per te, quando invece dentro è tuttora un presuntuoso strapieno solo di se stesso, nonostante l'età tenda a mitigare; del resto, lui sa benissimo di essere quello che è (cioè il Migliore, il più delle volte; quanto meno, professionalmente di sicuro). Tanto poi succedeva puntualmente di nuovo, perchè era un ballista e, sopra ogni cosa, un gran puttaniere. Ogni lasciata per lui era persa, una cosa più forte di lui, se si fissava su una (per una sera, per due sere, o per una settimana) potevi scommetterci l'appartamento che ci riusciva, tutte le volte.
E poi tornava, sempre, e io ci ricascavo, sempre. E mica per una questione pruriginosamente fisica, dove - per quanto lui si credesse chissà chi - ho ricordi assolutamente normali di Quella-Cosa-Lì. Perchè, tra parentesi, Cari Uomini, non so se non ve l'ha mai spiegato nessuna, per noi non è assolutamente come per voi: per noi è principalmente una questione di testa. Beh, a meno che uno non sia VERAMENTE fuori categoria, in senso negativo tipo l'Uomo-Matita o Mr. Cinque Secondi, oppure in senso positivo tipo il buon vecchio Rocco, del quale anche le sue colleghe (che recitano nel vero senso della parola) dicono meraviglie. Voi ragionate sempre come se il vostro amichetto là in basso facesse la differenza, ma non è affatto così. Se siete riusciti a coinvolgere una donna mentalmente ed emozionalmente potrete farla andare fuori di testa anche senza quasi toccarla, farà tutto lei e si ricorderà di voi in eterno come Il Divino; in difetto, potete anche sudare come un operaio al tornio, agitarvi per ore, imprecare, che lei neanche se ne accorgerà, e tanto per non farvi sentire umiliati magari farà anche finta che le piaccia, mentre invece sta pensando che il giorno dopo deve portare l'auto a rifare la convergenza (anzi, che dico, la fa portare a VOI, così vi sentite quello-importante-che-si-occupa-della-sua-auto, e pagate anche il conto al gommista). Voi ed il vostro stramaledetto essere convinti che ci piacciano da morire giusto quei venti minuti di pistone-da-macchina, tanto per restare in tema di meccanica! Parlo ovviamente per me e per tutte quelle della mia età, che a certe cose ci sono arrivate lentamente, per gradi, e possibilmente gustandosele, non certo per le ragazzine di oggi che si danno via per una ricarica del telefono come niente fosse, e mi terrorizzano se le penso adulte (se fossi madre di questi tempi morirei ogni sabato sera).
Ho conosciuto, da adulta, uomini, anche tra i colleghi di cui non rivelerò il nome neanche sotto tortura, che hanno un modo di parlare, di muovere le mani, di ridere, di camminare, di guardarti mentre ti ascoltano, che è talmente sexy e prende da morire; gente che non avrebbe neanche bisogno di sfiorarti per farti sentire appagata, perchè sei già tutta agitata solo perchè si siedono a meno di un metro da te (e taci che non lo sanno, così ti eviti la tentazione). Poi con tutte ci provano puntualmente quelli col fare tanto macho, che disturba come un’alitosi cronica.
Lui era uno convinto di saperci fare, ed in effetti era esattamente così, ma non per quello che credeva lui. Era la sua essenza, la sua intelligenza, la sua follia sempre una spanna sopra, il suo mostrarsi “dentro” più degli altri, il suo modo di raccontarsi, di metterti a conoscenza dei suoi segreti più intimi, delle sue aspettative, mentre poi mi chiedeva le chiavi di casa perchè doveva dormire almeno tre ore per non crollare, e mi lasciava il frigo aperto tutto il pomeriggio, o la doccia che andava! In casa mia! Che non era il Museo che abbiamo adesso, ma è sempre stata particolarmente curata e a posto (come se uno, ora come ora, pretendesse di toccare i miei due Pedretti con le mani unte). Oppure mi chiedeva soldi in prestito, a me che all’epoca avevo una busta paga risicata giusto per l’affitto, la benzina e la spesa. O di mentire per lui, di nascondere cose importanti, e questa è stata la peggiore di tutte.
Con lui ho vissuto quattro anni di picchi emozionali mostruosi, con nessun altro mai ho raggiunto o raggiungerò certe gioie infinite, e certe infinite disperazioni. Per fortuna, perchè quelli come lui alla lunga distruggono, o per lo meno distruggono le persone come ME, che danno tanto senza ricordarsi (ogni tanto) di chiedere o prendere, e finiscono per svuotarsi, prosciugarsi, azzerarsi per l'altro. Cosa sbagliatissima, perchè quando sei diventata un niente per causa sua, lui ride e fa spallucce, mica gliene frega più di tanto.
Come per esempio la volta in cui, al telefono per la buonanotte (che mi dava tutte le sere), mi ha detto di essere solo a casa e di raggiungerlo: follia pura, visto che abitavamo distanti, era tardi, e io non sono mai stata propriamente una scheggia alla guida. Però insisteva, e io sono partita, mi sono macinata una cinquantina di chilometri immaginando chissà quale nottata, e sono arrivata da lui che era tutto buio, con il cane che abbaiava come un matto nel silenzio totale. Lui ha aperto la porta in accappatoio dopo due interminabili minuti (tic-tac-tic-tac centoventi eterne volte) e mi ha guardato con una faccia che ricorderò in eterno, dicendo: "Ma sei qui? Io scherzavo! Sei proprio una bambina!" Ancora oggi chi osa chiamarmi "bambina" rischia un diretto in piena faccia. Lui "scherzava", ed era verbo che ripeteva spesso, quando l'asticella della sopportazione cominciava ad alzarsi un po' troppo. Adesso non ci faccio caso più di tanto, ma all'epoca era devastante; qualche settimana fa ci siamo sentiti al telefono, di corsa, e mi ha detto "ti chiamo domani prima delle otto così parliamo con calma", perchè sa benissimo che fra le sette e le otto e mezza io sono in ufficio a gustarne il risveglio, è la mia ora d’aria (quella in cui scrivo, rifletto, mi fermo, respiro a fondo, per poi rimettermi in moto ed in gioco). Ovviamente non ha chiamato per niente, nè quel giorno nè dopo, magari si farà vivo tra due mesi cadendo dal pero, se glielo faccio notare. Io ho sorriso, perché ora la cosa mi scivola ben bene sulle spalle, ma quando capitava anni fa era una spada rovente cacciata nel cuore, ogni volta.
La differenza profondissima fra lui e mio marito, che ho conosciuto in seguito, dopo la fine di quella storia (e che è stato un amore meno pazzo, più cauto, più responsabile, più voluto e costruito giorno dopo giorno, piuttosto che violento ed improvviso come la bufera), sta esattamente qui; cioè nel chiedersi: e se fosse per sempre? Se lo pensavo quando stavo con lui la cosa mi turbava e mi spaventava, quando l'ho pensato di mio marito mi si è squagliato il cuore per la dolcezza. Lui che è la mia forza, la mia coerenza, la mia sicurezza. Lui che davvero mi dà, tanto. Lui che ha l’occhio lungo, tanto lungo, e mi protegge, sempre, a volte anche da me stessa.
Perchè mi sto facendo tutti questi ragionamenti interni. Perchè - Dio non voglia - temo di aver conosciuto qualcuno pericolosamente simile a lui. Ballista uguale, senza rendersene neanche conto, o forse sì, ma crede che la gente non se ne accorga, oppure lo fa solo per compiacere chi lo ascolta. Quel giusto di presuntuoso ed egoista che basta. Puttaniere uguale, neanche lo sa di piacere alle donne, figuriamoci, di quelli che fanno le crocette sul calendario, e possono anche permettersi di scegliere. Stesso modo di guardarti ed ascoltarti, di farti sentire indispensabile per dieci infiniti minuti, e di dimenticarsi completamente della tua esistenza per un mese subito dopo. E ovviamente sento che c'è qualcosa che non va, mi prende troppo di pancia, è come la teoria degli iceberg che ti spiegano in tutti i corsi di comunicazione: noi esseri umani siamo come iceberg che galleggiano a mollo nell'acqua gelida. Ne affiora solo una minima parte, la nostra parte sotto il pelo dell'acqua è enorme rispetto al resto. Quindi quando due iceberg si "avvistano" (con la parte affiorante), in realtà la loro parte sommersa si è già toccata da un pezzo. C'è già stato un contatto di fondo, qualcosa di inconscio, che con la testa non comprendi (anzi, quando arrivi a comprenderlo sei ben già oltre l'urto frontale). Tutte cose che un buon comunicatore, un buon venditore, deve saper sfruttare sul lavoro, ma sono metafore che vanno bene anche più semplicemente nella vita di tutti i giorni, nei rapporti umani ordinari e straordinari.
Visto che sono passati quasi vent’anni, visto che adesso sono più grande, meno istintiva e tre cose - solo tre, almeno tre - le so, questa volta vedrò di allontanarmene, in fretta e di corsa, con la pancia e con la testa. E non lo farò per rispettare il mio matrimonio, o mio marito, o il nostro “per sempre”.
Lo farò per rispettare ME.
Ok.Confesso subito così mi tolgo il pensiero. Ti leggo da un pò. Non tantissimo, ma non so dirti esattamente da quando. Mi piace quel che scrivi, mi piace come scrivi..(e malgrado l'assonanza, Madagascar non c'entra molto, ma mi piace!)
RispondiEliminaMa fino a questo post, mai sentita l'esigenza di commentare.
Sentivo forte l'empatia, questo si, ma non la necessità di comunicare.
Qui, invece, hai toccato qualcosa di diverso in me.
E potrà importarti poco e di sicuro lo sai già(molto probabile..), ma desideravo dirti che, di quella RAZZA lì, la stessa del tuo Grande Amore, ce n'è parecchi. E non sono loro ad essere speciali, se non per una cosa. Hanno in loro la chiave. Quella che, per usare una parafrasi familiare alle nuove generazioni, sblocca il livello superiore. Uno step necessario per chi ha dentro grandi potenzialità. Perchè se non passi da lì, non puoi diventare migliore.
E' bello leggere che ora tu lo sei e mi viene da ringraziarlo il tuo Grande Amore, perchè str..., egoista e narciso come solo quella RAZZA può essere, ha contribuito a renderti la bella persona che traspare da queste pagine. Ma non l'ha fatto consapevolmente, perciò il mio ringraziamento, come dire, si ferma a metà. Quello che sei, eri già, lui ti ha prestato solo la chiave per aprire quella porta (ma puoi chiamarla, spada o ferro ritorto e solo chi ha provato sa quanto fa male).
Uno nuovo della stessa Razza? Avrebbe il sapore che ha un cibo che tanto ti piaceva da bambina (qui non rischio il diretto in piena faccia, spero!). Quello della delusione di scoprirlo..banale, senza più la sua magia.
Perdona l'intrusione e la mancanza di sintesi (che, invero, un pò ci accomuna), me ne torno al mio silenzio. Grazie per l'ascolto e soprattutto per le belle cose che scrivi..
Questo commento mi ha colpito tantissimo, direi decisamente più di qualunque altro sin qui ricevuto (ma devo dire che l'argomento in effetti aiuta l'introspezione). Invece di rispondere subito di getto, ho preferito riflettere e aspettare un pochino. Con un briciolo di commozione. Perchè se le emozioni condivise mi toccano nel profondo, figuriamoci quando la condivisione tocca certa intimità dell'anima, certi ricordi, certi dolori privati che sono compresi a fondo solo da chi ci è passato (e se di "quella razza" ce ne sono molti, va da sè che lasciano molte scie...).
EliminaSiamo il prodotto di ciò che viviamo, e, sì, sono conscia che molto, moltissimo di quello che sono ora è il risultato di quei quattro anni. Nel bene e nel male: più consapevole, più forte, più attenta a cercare di non ferire, a mia volta, nel limite del possibile. Ma anche meno pronta a lasciarmi andare, più sospettosa.
Paradossalmente, per certo devo a lui ciò che sono ora professionalmente, perchè lui faceva e fa il mio stesso mestiere, e mi ha insegnato (quasi) tutto quello che so. E visto che è grazie a questo mestiere che ho quattro soldi da spendere nel meraviglioso mondo dell'arte e del bello, forse tutto ciò che mi sta capitando nell'ultimo periodo ha queste radici lontane. Anche l'empatia che nasce dentro Trecose.
Grazie per il tuo intervento, caro Anonimo (ma sarei più propensa a dire cara Anonima, credo), ti abbraccio a lungo. Il tuo è un silenzio prezioso.