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venerdì 28 dicembre 2012

Duemilatredici

Mi viene naturale guardare il più delle volte il bicchiere mezzo pieno; forse quando ero piccola mi ci sforzavo anche, affinchè diventasse un modus vivendi. Ed in effetti col tempo ho capito che non c'era più bisogno che mi sforzassi: si vive molto meglio cercando di evidenziare la positività delle cose, a discapito dell'altra parte. Certo, questo non comporta che io non veda e non sappia analizzare i problemi e i crucci che inevitabilmente la vita mi presenta: semplicemente, provo un senso di fastidio quando tendono a farmeli vedere più grossi ed insormontabili di quanto siano realmente.
Appare chiaro che questa è una delle mie solite premesse per affrontare un discorso diverso, e il discorso nella fattispecie riguarda LA CRISI e ME. "La Crisi" c'è, ed è innegabile, ha ormai toccato tutti ad ogni livello sociale ed economico. Nel mio lavoro l'ho vista arrivare dapprima colpendo le aziende produttrici, con decrementi violenti di fatturato, quando non chiusure totali, e parliamo ormai di due-tre annetti fa. Poi, a catena, ha addentato e dilaniato la distribuzione, il commercio (ormai nella mia città ci sono intere strade di negozi tutti chiusi con il cartello "Cessata attività", nemmeno si prova più ad attaccare quello con "Cedesi").
Infine, come un castello di carte che cade in sequenza, è arrivata a mordere noi, che siamo la coda di tutto, gli uffici dei servizi (io lo ammetto, ho cominciato a soffrire da quest'anno, fino all'anno scorso si stava ancora bene, seppure con le dita incrociate, anche quelle dei piedi). In mezzo a tutto ciò, ad ogni passo, l'ho vista travolgere le famiglie, le persone che in queste realtà aziendali vivono, dai titolari ai dipendenti. Ma non è certo di questo aspetto della crisi che voglio parlare: parlo di quello che la crisi ha fatto a ME come persona, e ci vedo comunque un bicchiere mezzo pieno.
Molti conoscono il famoso discorsetto di Albert Einstein in proposito; per chi ancora non lo conosce, seppure inflazionatissimo, lo riporto:
"Non possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose. La crisi è la più grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi. La creatività nasce dall'angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura. E' nella crisi che sorge l'inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera se stesso senza essere superato. Chi attribuisce alla crisi i suoi fallimenti e difficoltà, violenta il suo stesso talento e dà più valore ai problemi che alle soluzioni. La vera crisi, è la crisi dell'incompetenza. L' inconveniente delle persone e delle nazioni è la pigrizia nel cercare soluzioni e vie di uscita. Senza crisi non ci sono sfide, senza sfide la vita è una routine, una lenta agonia. Senza crisi non c'è merito. E' nella crisi che emerge il meglio di ognuno, perché senza crisi tutti i venti sono solo lievi brezze. Parlare di crisi significa incrementarla, e tacere nella crisi è esaltare il conformismo. Invece, lavoriamo duro. Finiamola una volta per tutte con l'unica crisi pericolosa, che è la tragedia di non voler lottare per superarla."
Io per natura sono portata a programmare, ad organizzare, a pianificare. Del resto, ho già raccontato come sia cresciuta praticamente in una sorta di clima da caserma; non poteva essere altrimenti, con una adorabile mamma universalmente soprannominata "Il Colonnello". Valori familiari molto forti, un senso del dovere estremamente sviluppato, un rigore estremo in ogni approccio (studio, lavoro, vita). Tutte cose molto belle, che tra l'altro da grande ti renderanno una persona appetibilissima per qualunque azienda.
Ma che magari - da piccola - fanno sì che se non ti piacciono i cavoletti di Bruxelles (ma diciamoci la verità, c'è davvero qualcuno al mondo a cui piacciono?) e li rifiuti a cena, non solo non mangerai niente per cena, ma ti ritroverai quegli stessi cavoletti di Bruxelles (ormai freddi) per colazione il giorno dopo. Con o senza caffelatte, a tua scelta. E meglio farteli piacere, perchè va da sè che se rinunci alla colazione te li ritrovi per pranzo, e saranno anche duri come sassi, oltre che freddi.
Da adolescente, invece, fanno sì che tu debba rientrare a casa assolutamente prima delle otto di sera, perchè alle otto di sera si cena tutti assieme, che in sè è bello, vedere una famiglia riunita che parla in una sala senza la televisione, ma se diventa un obbligo e non puoi neanche salutare come si deve il fidanzatino sotto casa perchè sai che ci sono quattro persone che ti aspettano per cominciare a mangiare fa un po' l'ansia. E dovevano aspettare per forza! Tu salivi le scale sognante con il sapore dei primi baci sulle labbra, e ti trovavi la famiglia a tavola con le posate in mano ed il cibo lì nei piatti, a fissarti (sia famiglia che cibo fissavano, anche se in modi diversi). Quindi ti beccavi i rimproveri dalla mamma ("Sei in ritardo di sei minuti"), e gli insulti dei fratelli ("Per colpa tua mangiamo il purè freddo").
Mai stata in discoteca una volta in vita mia, anzi, una volta sola sì, perchè c'era la festa di compleanno di una mia compagna di classe del Liceo - la mitica Tatiana, e sarei stata l'unica a non andarci, ma tassativamente dovevo rientrare a mezzanotte: praticamente il papà mi aspettava con la macchina fuori mentre tutti gli altri entravano. Anche in piena estate, coprifuoco alle dieci. Libera uscita senza limiti solo due giorni l'anno: martedì grasso - ho pur sempre genitori veneziani - e Capodanno. Ma tanto, a qualunque ora si tornava a casa, estate o inverno, a sedici anni o a ventidue, la domenica mattina la mamma entrava ad aprirti luce e finestre alle otto in punto: "In questa casa alle otto ci si alza, se siete stanchi andate a dormire prima; le regole vostre ve le farete quando avrete una casa vostra". Heil!
Comunque io ci ho messo molto del mio, sopra: ambizione, applicazione, intuizione, acume, lealtà, coerenza, volontà ferrea e testardaggine all'ennesima potenza. E, negli anni, sono diventata quello che sono.
Ebbene, mi sono resa conto che questa crisi mi sta cambiando, dentro. E' evidente che non posso più programmare un tubo: dalle campagne di vendita agli investimenti aziendali (persone, strutture, attrezzature), dalle ferie estive al cambiare la Delta che ormai veleggia ben oltre i 100.000 Km nonostante abbia due anni di vita e la pelle dei sedili che sa ancora odore da nuovo. Oggi non sai più cosa farai domani; non sai  se quel grossissimo Cliente che, per anni, ti ha garantito quel tot di entrate domani sarà ancora in piedi o avrà chiuso. O magari avrà dovuto far entrare un socio con soldi freschi, che però oltre a quelli ha anche un amico assicuratore, nè più nè meno di come sei tu per il grossissimo Cliente momentaneamente in bolletta, e quindi detta legge lui. Non sai quanti Clienti perderai, tra tutti coloro che, a loro volta, hanno perso il lavoro. Non sai nemmeno se la Compagnia per cui lavori sarà ancora così, visto che sono arrivati i nuovi nomi, e a prima vista non sembrano molto ben disposti. Non sai se la Banca che ti presta i soldi continuerà a far finta di niente, o se improvvisamente ti chiederà di fare il punto della situazione. Non sai cosa si userà, domani. Non sai nemmeno di che colore sarà, il domani.
Questo è l'oggi, per tutti come per me. Ma io, in un "oggi" fatto così, mi sto sbucciando come un'arancia, perchè sotto sotto (chi mi vuole bene e sa vedere "oltre" lo sa) io sono una sognatrice. Ho fantasia, curiosità, inventiva, stelle negli occhi e vento forte nel cuore. E nuvole bianche e gonfie. So amare, tanto, e sorrido, spesso. Solo che per abitudine e per lavoro tendo a castrarmi, a soffocarmi giusto un po', perchè è necessario, è fondamentale per preparare il terreno solido su cui camminare domani (e un pelino anche fa scena, in un ambiente maschilista come il mio, che accetta una donna solo se è stronza).
Ma non più, ora. Mi sto gustando una sorta di volo libero, tanto qualunque cosa io programmi va sballata, non c'è più alcuna certezza. Cammino, non corro, e scopro un'infinità di cose nuove: è come fare a piedi o in bicicletta un tragitto che normalmente fai in treno. Scopri i sentieri alternativi, e le osterie dove trovare formaggio e crostini caldi, e vino buono. Non dico che non me ne freghi più niente, sarei una pazza incosciente, ho pur sempre un'attività che dà da mangiare a sei persone me compresa, e io certo non gioco con le vite altrui; tuttavia mi sento meno... "inquadrata". Più modellabile, meno spaventata se, per una volta, non rispetto i soliti schemi. Se per una volta non dico i miei ponderatissimi "ma" davanti ad ogni scelta, anzi: in molte mi tuffo di pancia senza soppesare più di tanto. Con le cose. Con le persone. Con la vita.
E, tutto sommato, mi sono scoperta un intuito incredibile, un istinto non da poco. Voli da brivido senza paracadute che si sono rivelati interi mondi di bellezza. Bicchiere mezzo pieno per il mio carattere, quindi, questa crisi, nonostante tutto. Infatti molti Colleghi e molti Clienti, incontrati negli ultimi “giri” natalizi, mi hanno chiesto cosa avrò mai da sorridere, visto come butta qui fuori (mica mi taglierò le vene per far piacere a voi!!). E quello che mi fa divertire da matti è che, se continua così ancora per un po', non sarà più un qualcosa di temporaneo, un adattamento momentaneo al periodo economico, un cambiar pelle per qualche minuto come fanno i camaleonti, solo finchè stanno fermi nello stesso posto: io cambierò davvero DENTRO. Diventerò entrambe le cose: saprò essere volo e treno, bicicletta e passeggiata insieme, perchè avrò sperimentato tutto ai massimi livelli. Avrò il rigore e la fermezza di una vita, ma mischiati ai miei sogni, ed alla consapevolezza che le incognite non sono da temersi. Voglio proprio vedere chi mi ferma, poi.





P.S. Un brano che non c'entra niente con i bicchieri pieni, le passeggiate e le arance che si sbucciano. Però mi piace, ogni volta che lo sento, delicato come un bacio ben dato (io finisco sempre per innamorarmi di quelli che bacio, oppure per baciare quelli di cui mi innamoro...).
Così lascio che mi giri attorno mentre ringrazio tutti coloro che mi hanno accompagnato fin qui. Anonimi e non anonimi, juventini ed interisti, messaggi amichevoli, commenti brevi e commenti lunghissimi, critiche costruttive (che aiutano a crescere) e distruttive (che aiutano la consapevolezza di essere dalla parte giusta, e magari anche un pelo meno scemi e scontati di altri). Non so ancora se per il 2013 arriveranno nuovi post, o se lascerò Trecose fermo com'è oggi, giusto per ricordarmi la strada che ho fatto per arrivare fino a qui.
Mi piacerebbe scrivere meno e meglio, come fa l'amico Tra Cenere e Terra, che stimola una riflessione con una frase di quattro parole; mi piacerebbe, in sostanza, imparare a scrivere poesie oltre che a viverle, ma mi sa tanto che poeti non si può diventare, bisogna nascerci.
Per imparare a parlare meno è fondamantale imparare a tacere. Il silenzio è un grande dono, apprenderlo, e soprattutto desiderarlo ed amarlo, non è da tutti. Oggi stringo in un abbraccio silenzioso, forte e profumato come pane, avvolgente come una coperta di cielo, chiunque capisca cosa voglio dire. Sempre.

4 commenti:

  1. Buon anno Paola e agli altri anonimi, non anonimi, juventini e poeti...
    Le tue sensazioni le ho anch'io. Per carità, da lavoratore dipendente un pò più protetto lo sono rispetto a chi è esposto direttamente alle intemperie, ma neanche più di tanto. La paura che gli spettri della cassaintegrazione, delle chiusure aziendali, mobilità,... possano arrivare anche in quello che credevi il tuo nido invalicabile, la sento, eccome. Poi per carità sono giovane, non ho figli, ho un buon percorso formativo alle spalle... da qualche parte riuscirei- spero a ricollocarmi. mal che vada (debiti scongiuri...) è la volta buona che butto tutto all'aria e corono il mio sogno di commerciare tappeti in un suk, sorseggiando tè alla menta...michele svegliati, chi li compra di questi tempi i tappeti?
    Nonostante mi ritenga un pò più protetto del 30enne medio, sono pervaso da questo malessere diffuso comune, dell'incertezza del futuro, dell'impossibilità di pianificare (io che come te adoro pianificare e programmare...). Io ne esco così: penso che fossi nato in Corea del Nord, oppure durante una guerra, una carestia, nel buio Alto medioevo, starei molto molto peggio. Certo dieci anni fa forse si stava meglio, ma è meglio guardare il bicchiere mezzo pieno, o un quarto pieno, quel che l'è...
    L'altra cosa in cui credo è che la vita è effimera, un tuo caro può lasciarti in un soffio...l'ho imparato bene sulla mia pelle. E allora sono molto catulliano, non nel fare la cicala tutta la vita, ma togliersi, sempre usando il cervello, qualche soddisfazione. Per non avere rimpianti...
    p.s. bella la canzone, andavo ancora al liceo..me l'ero dimenticata...
    un saluto
    l'anonimo Michele

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    1. Ma è forte questa cosa dei tappeti! Si vede che sono vecchia, io sono rimasta al mio carrettino dei gelati ai Caraibi (che poi, se fosse, tutti lì ci troveremmo, con enormi problemi di concorrenza, ANCORA!...).
      Comunque è verissimo Michele: mai rimpianti, con cervello (e guardando il tuo Scuffi!). Che sia un 2013 di bellissime sorprese anche per te.

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  2. Mia cara amica... cerco di utilizzarne di più di parole in questo periodo. A volte i silenzi non li reggo nemmeno io! Ti abbraccio e arrossisco per il "meglio", perchè tutto è estremamente relativo. Io vorrei rubare la tua facilità di scrittura, perchè quando scrivo... soffro. Credimi, accade più spesso che il contrario. E purtroppo non è un bene.

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    1. Bentornato, e non arrossire! Ciò che penso della tua anima grande l'ho scritto come commento al post del tuo "parto", e... dalla risposta so che hai compreso. E' un viaggio comune, mio, tuo, e di molti altri.

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