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giovedì 29 marzo 2012

Diciotto

L’Articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori: ultimamente non si parla d’altro. Vai al bar per un caffè e come minimo sono in due che si accapigliano, uno che dà ragione al Governo, l’altro no, e siccome sanno che sei un “datore di lavoro” cercano di coinvolgerti con le argomentazioni più disparate. Tra i dipendenti dall'ospedale alla banca serpeggiano voci discordanti. Lo urlano perfino al mercato. Prima che lo inseriscano nei libri di scuola (“articoli determinativi: il-lo-la-i-gli-le-diciotto”) ho voluto documentarmi un po’ anch’io; nella mia realtà lavorativa è cosa che non trova applicazione, visto che ho tre soli dipendenti, ma non amo molto fare la figura della disinformata. Confido nel profondo che tutte le persone che in questi giorni parlano della riforma del mercato del lavoro abbiano fatto esattamente il percorso che ho fatto io: i due del bar, i dipendenti dell’ospedale e della banca, gli urlatori del mercato. Anche perché in caso contrario, perché riempirsi la bocca di cose che non si sanno (questo è il vero Sport Nazionale, altro che il calcio)?
Cosa ho fatto io è molto semplice: sono andata su Internet, dove tutto ormai è disponibile, e mi sono stampata la relazione del Ministro Fornero, che poi è composta da 26 cartelle scritte larghe in formato A4, molte meno di uno qualunque dei nostri Libretti di Condizioni Contrattuali, quindi scorre via abbastanza velocemente. Volendomi limitare al Grande Accusato, il famoso Articolo, ho sostato un po’ più a lungo sulla parte che disciplina la “Flessibilità in uscita e tutele del lavoratore”; e già che c’ero, mi sono data una spolveratina anche al testo originale dell’articolo leggendolo direttamente dalla Legge 300/1970 (lo Statuto), nonché alla Legge 604/1966 “Norme sui licenziamenti individuali”, che regolamentava i licenziamenti prima della Legge 300, e che ancora vale per le imprese piccoline come la mia (per le più grosse, quelle con più di 15 dipendenti in ambito comunale o 60 in ambito nazionale, vale per tutto ciò che non è stato nel tempo successivamente derogato). La 604 è particolarmente rapida, consta in tutto di 14 articoli, si può anche leggere per intero senza sbuffare rispetto alla 300. Tutta questa operazione non porta via tanto tempo, non più di un’oretta, ricerca su Google compresa.
La conclusione che ne ho tratto è altrettanto semplice: o c’è qualcosa che mi sfugge, qualcosa che non ho capito bene, qualcosa che non so interpretare - ed è possibile, ci mancherebbe, del resto quel signore del bar che era così incavolato con il Ministro Fornero che “sta-mandando-tutti-a-casa” e che “fa-il-gioco-dei-padroni” (possibile che nel 2012 si debba ancora sentire in giro gente che dice “i padroni”? Quasi quasi domani chiamo Le Ragazze e da una mi faccio lustrare le scarpe, da un’altra mi faccio servire il pranzo ed alla terza ordino di stirarmi le tende, ovviamente dopo averle lavate al mastello, sempre che tornino in tempo dai miei campi di cotone) sarà più abituato di me alla lettura di testi scritti in burocratese, io con il lavoro che faccio in effetti ne vedo ben pochi, vero – oppure ho letto i testi sbagliati.
La prima considerazione che mi viene è che dal 1966/1970 ad oggi è passata un po’ di acqua sotto i ponti, e che anche un primate capirebbe che è ora di svecchiare certe Leggi. Non ho mai lavorato in fabbrica, ma comunque ne ho viste più di una per lavoro (se non altro quelle che ho visitato per poi assicurarle), e si converrà con me che rispetto ai primi anni ’70 le condizioni di igiene, sicurezza e tutela dei lavoratori sono mutate, diverse, migliorate. Come c’è stata una naturale, sacrosanta e doverosa evoluzione in queste cose, dovrebbe esserci anche nella parte normativa, altrimenti si rischia di passare da avere solo doveri e niente diritti all’esatto opposto, e non va bene né questo né quello. Ma a parte questa considerazione sul tempo che passa, scrivo quello che ritengo di aver capito dai fogli della Riforma.
Cercando di semplificare al massimo (e bisognerà che mi venga perdonata qualche imperfezione ma quando si semplifica si tende alla banalità) i licenziamenti possono essere di tre tipi:
1) Ti mando via perché sei donna e mi sfornerai un sacco di figli, oppure perché sei nero e qua di neri non ne vogliamo, oppure perché sei musulmano ed è peggio ancora del nero, oppure perché fai attività sindacale: tutti questi esempi sono “licenziamenti discriminatori”
2) Ti mando via perché mi hai rubato dalla cassa, perché sei un grandissimo rompiballe e baruffi con tutti i colleghi, perché ti ho beccato a dormire invece di lavorare: questi invece sono “licenziamenti disciplinari”
3) Ti mando via perché la Ditta va male, c’è la crisi, non riesco più a pagarti lo stipendio e sto per chiudere: questi sono “licenziamenti economici”
Mi par di capire che per quanto riguarda i licenziamenti discriminatori non cambia assolutamente niente: non andavano bene prima e non andranno bene neanche adesso. Se il giudice becca te datore di lavoro a licenziare la gente per questi motivi ti obbliga a riassumerla, ed a pagare i danni con una serie di mensilità. Quindi non capisco tutto questo casino visto che sulle cose più gravi, sui licenziamenti che realmente vanno a colpire dei poveracci che non hanno fatto nulla per essere licenziati, che sono brave persone e bravi lavoratori ma con la sola “colpa” di essere donne, o mussulmani, o chi più ne ha più ne metta, la tutela è sempre garantita e molto ampia. E ci aggiungo un bel "per fortuna, ci mancherebbe!".
Cambia ben poco anche nei licenziamenti disciplinari, quelli cioè dove ci deve essere una GIUSTA CAUSA per mandare via il ladro, o l’attaccabrighe, o l’assonnato. Posto che il giudice appuri che la giusta causa NON c’è  (perché SE C'E' è evidente che il datore di lavoro DEVE avere la possibilità di mandar via un ladro attaccabrighe sonnacchioso), il licenziamento è annullato ed il lavoratore viene ripreso ed indennizzato. Esattamente come prima. L’unica cosa in più è che il lavoratore può SCEGLIERE se tornare al lavoro oppure andarsene con in tasca 15 mensilità. E devo dire che non mi sembra poi tutta questa schifezza; non deve essere piacevole tornare a lavorare in un ambiente dove hanno sospettato di te, dove probabilmente i colleghi ti guarderanno in cagnesco, dove il “padrone” (!!) ti starà col fiato sul collo. Se hai pelo sullo stomaco e ti piace giocare alla guerra del “lo-faccio-per-principio” per carità, la vita è tua, ma anche cambiare aria con 15 mesi sicuri di stipendio in tasca non è da buttare. Io da dipendente me ne andrei, ma è un parere personale, nulla ti vieta di rimanere, soprattutto se il giudice ti ha ripulito la coscienza.
L’ultimo caso è quello del datore di lavoro impoverito come l’uranio. Ancora una volta posto che non sia vero che non ha soldi: se io ti licenzio dicendo che sto per fallire e poi si scopre che ho i miliardi in Svizzera il giudice fa bene a rovesciarmi come un calzino. Per contro, se davvero l’Azienda non ha più un centesimo, c’è poco da piangere: si va tutti a casa. Ancora una volta è un parere personale, ma lo griderei ai quattro venti: non sono solo i lavoratori dipendenti che sentono la crisi, prima di loro la sentono le Ditte, e mi dispiace tanto ma non siamo qui a fare beneficenza. Ma mettiamo che l’ipotetico lavoratore venga effettivamente licenziato da un Gran Bastardo che vuole chiudere nascondendo il gruzzolo: con le nuove regole non ne verrà disposta la riassunzione (ma tanto che te frega di lavorare in una fabbrica che sta per chiudere? Perché il tuo datore di lavoro la chiuderà, come ti aveva detto, e poi andrà a godersi i miliardi da qualche parte, sempre che la Finanza non lo becchi prima come speriamo tutti), ma c’è pur sempre il famoso indennizzo di una ventina di stipendi. E in questi casi, se sei davvero un bravo dipendente – onesto, leale, gran lavoratore, magari anche specializzato – ed è il datore di lavoro il cattivone evasore bugiardo, di sicuro trovi un altro lavoro prima di finirli. Certo, a meno che tu non sia davvero un ladro, o uno che dorme, o uno che rompe la merce apposta, o che molesta i colleghi, o che gioca a carte in orario di lavoro, e la cosa sia ampiamente risaputa, ma hai trovato comunque il giudice che ti ha dato ragione. In quel caso no, forse trovare un altro lavoro non sarà così facile, ma avresti anche il coraggio di lamentarti?
Tra l’altro, se proprio vogliamo completare il quadro “alla tedesca”, si potrebbe anche inserire una norma in più per i licenziamenti economici veri, quelli in cui il datore di lavoro è strozzato e deve per forza mettere in strada qualcuno: va bene, sei strozzato e capiamo che devi licenziare, ma se dopodomani le cose gireranno per il verso giusto dovrai dare la precedenza, nell’assumere di nuovo del personale, agli stessi lavoratori che hai mandato via ieri. Se loro nel frattempo si sono sistemati e ti dicono di no allora puoi assumere qualcun altro, altrimenti te li riprendi così come li hai mandati via. In questo modo si evita anche il giochino di approfittare dell’evidente crisi per eliminare chi ti sta antipatico.
Finito qui, a me sembra tutto molto semplice: si bacchettano i datori di lavoro birichini, si proteggono i lavoratori bravi, si cerca di dare una mano in più ai lavoratori in genere sotto forma di soldi, che sono quello che manca adesso. Tra l’altro, al di là della specifica parte sull’Articolo Diciotto, mi pare che si stia anche cercando di mettere un freno a tutto quel marasma di contratti e contrattini anomali (a chiamata, a progetto, intermittente, con le scarpe rosse, con la giacca verde) nati nel 2003 per far girare l’economia e dar lavoro in fretta a tanti, e che in realtà in breve tempo (suvvia, in fin dei conti siamo in Italia, mica in Danimarca!) si sono trasformati nel modo migliore per sfruttare – senza impegnarsi più di tanto – la gente che lavora e che deve tacere e mandar giù fiele perché non c’è altro. Perché ne stanno facendo saltar fuori un putiferio? Non è che PER CASO c’è in giro gente che deve protestare solo per giustificare la propria esistenza, i propri emolumenti, il proprio ruolo? Non è che PER CASO i mass-media, un po’ tutti, con diverse campane, hanno scritto cose incomplete o lievemente fuorvianti, magari anche non volutamente ma per mera superficialità (del resto ne scrivono di boiate sulle assicurazioni, per esempio, boiate a cui la gente crede a prescindere senza documentarsi, e su questo posso dire di saperne qualcosa, non solo per un’oretta persa a leggermi fogli tirati giù da Internet; se lo fanno su un argomento nulla toglie che possano farlo su qualunque altro)? Non è che PER CASO il problema principale in Italia non è il lavoro (fornirlo, trovarlo, normarlo) ma la giustizia, lentissima e spesso di parte se non altro per fare bella figura e creare dei casi da giornale (a doppio senso, difendendo ora imprenditori senza scrupoli ora lavoratori che sarebbero da cacciare a calci, senza una logica precisa)?    
Prego chiunque ne sappia qualcosa con cognizione di causa di correggermi se sbaglio! 

lunedì 26 marzo 2012

Normalità è quando la Juve batte l'Inter

Ho passato un bel weekend tranquillo, di quelli che piacciono a me: arte, coccole e la Juve che batte l’Inter. Perché non è solo il fatto che vinca, è il fatto che batta l’Inter, visto che mio marito è interista. Ieri sera quindi assicuratori battono idraulici 2-0.
Abbiamo fatto toccata-e-fuga a Rimini per vedere la Mostra organizzata per il compleanno di Linea d’Ombra nel Castel Sismondo, e devo dire che è bella. Non enorme, ma bella, con bei pezzi scelti bene, commentati bene, ed in una cornice molto scenografica; non avevo mai avuto occasione di vedere il Castel Sismondo prima. Merita: è possente, crudo, monocromatico, tortuoso con improvvisi spazi aperti. Le opere, illuminate come si deve, appaiono improvvisamente come macchie di colore, storia appesa alla storia. Come sempre il Mago Goldin sforna cose di qualità, peccato per la solita pecca (che comunque è ricorrente nelle mostre organizzate da lui) dei trecento gruppi fatti entrare tutti insieme. Trecento è un modo di dire, ovviamente, ma erano comunque tanti, soprattutto quando l’ambientazione è in stanze relativamente piccole. Puoi trovare il gruppo di studenti che vive la mostra come una gita, dei quadri non frega niente a nessuno ma vuoi mettere quanto romantico è dichiararsi alla compagna di scuola in un castello? Oppure (e questo capita di solito a noi) le comitive di anzianotti, con la guida che ulula e così risolve i problemi di udito del gruppo creandone a te, mentre per i problemi di vista non c’è nulla da fare, devono tutti appiccicare il naso al quadro. Una meraviglia rimirare da lontano Vermeer+schiena di anziana coppia. Alla fine noi ce la caviamo guardando le sale in ordine sparso, tanto i quadri non sono meno belli, saltando di palo in frasca ed approfittando dei vuoti che si vengono a creare. In questo caso era più penalizzante di altri, visto che l’intera Mostra è pensata come un percorso di storia dell’arte in ordine cronologico, ma ce la siamo cavata lo stesso. E poi basta criticare, anche noi invecchieremo e ci abbracceremo orbi e sordi davanti ad un Vermeer, alla fine. L’abbiamo fatto anche al Rijksmuseum di Amsterdam, dopotutto, davanti al filo di luce della Lattaia.
Ciliegina sulla torta, ieri sera c’è stata la partita, il Derby d'Italia n. 200 e rotti (facendo i conti a spanne), nonchè Derby di casa nostra, ed è finita come annunciato dalle Sacre Scritture, del resto noi abbiamo giocato meglio. E’ sempre un piacere battere l’Inter. Anche mio marito era tranquillo, è tutto tornato alla normalità: soffre, si agita, impreca, e poi perde e si rilassa. Negli ultimi anni era evidente che qualcosa non andava, soprattutto l’anno del Triplete lo vedevo particolarmente frastornato, si vede che non c’è l’abitudine a gioire; mancava poco che mi chiedesse suggerimenti su come festeggiare, dopo tanta agitazione: e adesso, voi, di solito cosa fate? L’interista soffre per definizione. Ai nostri primi anni di casa insieme non avevamo la TV satellitare, ed andavamo ogni weekend a vedere le partite in un bar di un paese vicino; difficilmente Juve e Inter giocano in contemporanea, dato il richiamo (a parte ovviamente i due scontri diretti), per cui dovevamo mettere in conto ogni volta due uscite di cui mediamente una serale quando non due (con cena a panini, salsette e patatine, che costa più di una cena normale e fa male al fegato). Conti alla mano ci è convenuto l’abbonamento a Stream e Telepiù, tutti e due per poter vedere casa+trasferta, e poi oltre al calcio c’è tanta altra roba, soprattutto una volta diventati SKY; sei a casa tua, in comodità, in tuta, senza il fumo del bar (c’è sempre qualche milanista che fuma anche se è vietato). Però un po’ mi manca l’atmosfera, i salti con le mani in alto ad ogni goal bianconero, tutta la sala in piedi, le gomitate d’intesa perché io posso anche essere laureata e libero professionista, e tu un giovanissimo muratore con la faccia da cattivo (due mondi opposti che non si incontreranno mai, anzi fuori dal bar avrei anche un po’ di paura ad incontrarti per strada), ma in questo momento siamo tutti juventini che saltano. 
Adesso siamo in casa, c’è meno atmosfera, ma è sempre un godimento, adoro mio marito quando fa le orecchie basse da interista, mi sa che ci marcia un po’. Andiamo a dormire con un bacio e la buonanotte: “’Dormi bene amore” “Anche tu tesoro” Pausa “Amore abbiamo perso. Di nuovo” “Sì tesoro abbiamo vinto noi. Di nuovo.”. Zzzzzz.   

venerdì 23 marzo 2012

Riflessioni agrodolci

Che brutto invecchiare. Quando ero più giovane ero convinta che l’avrei vissuta come una cosa naturale, e invece col cavolo! Non è per niente graduale, non vedi apparire qualche rughetta qua e là, qualche capello bianco, tanto da abituarti: è lo sfascio che sopraggiunge di colpo. Una mattina ti guardi allo specchio e vedi che, improvvisamente, le guance sono scivolate sotto al mento. Non ci sono più le braccia. Il tuo mediterraneo, ma tutto sommato gradevole, 92-65-93 è diventato una sorta di 94-88-94. E per fortuna che il 94 di sopra tiene ancora!
Io sono sempre stata un tipo assolutamente “acqua e sapone”, mi truccavo solo per le occasioni speciali, ma in quelle occasioni ero davvero speciale anch’io. Complici le lenti a contatto, ma su grandi occhi verdi dotati di naturali foltissime ciglia. E poi mai tanto sole o tante lampade, per cui la pelle non si rovina, basta appena un po’ di fondotinta per evitare l’effetto “color-morto” ed è fatta. Adesso, nelle occasioni speciali, mi metto la stessa roba e non basta: devo mettercene come minimo due chili, e sperare che l’occasione speciale non sia mai di mattina, perché mi sveglio con due borse che vanno via solo per pranzo, se le avessi così grandi di Prada potrei metterle su Ebay e viverci un anno. Le ciglia sono sempre meno folte, e gli occhi non sembrano più così grandi. Almeno il colore è rimasto…
Avevo già provato qualcosa di simile due anni fa, quando abbiamo cambiato casa. Io sono andata ad abitare per conto mio abbastanza presto (avevo 25 anni, ma considerando il tempo per laurearmi e trovare lavoro rispetto agli attuali standard è quasi un record), e per ovvie ragioni economiche ho sempre abitato in piccoli gradevoli buchi da 40 metri quadri o giù di lì. Anche in due, alla fine, basta solo volersi un po’ di bene in più. In questi spazi di solito è difficile piazzare uno specchio grande, così per anni ho tenuto d’occhio solo l’evolversi della parte superiore del mio corpo, quella che vedevo nello specchio del bagno. La casa nuova, un po’ più grande, ha permesso uno specchio a tutta altezza, con la sorpresa di trovarsi un’estranea davanti (perché la visione di pancia, fianchi e sedere che si ha negli anni da sopra non è proprio quella che si ha guardandosi di fronte): mi sono resa conto che io avevo di me stessa l’immagine di quando avevo trent’anni o giù di lì. E la sgradevole sensazione mi ripiglia quando mi preparo con trucco e parrucco, visto che ho anche la sfortuna di essere molto abitudinaria, e di usare/aver usato sempre gli stessi colori, gli stessi prodotti: se chiudo gli occhi e focalizzo il ricordo del mio viso, è il mio viso di quindici anni fa. Poi li riapro e… gli occhi sono quelli, il naso è quello, la bocca è quella, i denti pure, ma è l’INSIEME che è cambiato.
Lo so bene che non è la fine del mondo, ci mancherebbe, ma mi secca. E più mi secca più mi sento stupida, perché mi conosco, e mai e poi mai avrei pensato di cascarci. Soprattutto sull’aspetto fisico, che non è poi che mi abbia mai aiutato granchè. Eppure mi secca di più del fatto di essere completamente rimbambita la mattina dopo una serata prolungata (dovrebbero fare una sorta di manuale con la scaletta dei tempi di recupero), più del mal di schiena, più del fatto che ormai certi cibi me li posso scordare, io che adoro mangiare e incenerivo qualunque schifezza; adesso va tutto o in chili o in crampi. Non saprei quale preferire, prendo una “c” a caso.
E’ strano perché, sugli altri, l’effetto è diverso: i miei genitori ad esempio. Li ho visti invecchiare piano piano, loro, non ho avvertito questa sorta di crollo improvviso; li guardo adesso e VEDO due persone anziane, ma non ho un ricordo preciso di quando hanno assunto l’aspetto che hanno ora. Invece su di me non funziona. Anche se, comunque, nelle rimpatriate di classe o di amici d’infanzia sono tra quelle che sembrano dormire in frigo, e mi becco sempre un sacco di complimenti (forse su ciascuno il proprio occhio è particolarmente critico).  
Non ho niente contro chi “si rifà”, sono scelte e ognuno fa della sua vita e dei suoi guadagni quello che vuole. Io personalmente non mi rifarei, non mi rifarò, ma solo perché è comunque un qualcosa che poi cede nuovamente, non ti danno la garanzia a vita. Piuttosto mi compro una sfera di Meggiato, costa come un lifting, ma dura per sempre, e mi fa felice lo stesso.

lunedì 19 marzo 2012

Vénghino signori vénghino

Mi fa molto sorridere l’espressione “la nostra migliore offerta”, e pure anche io ci casco, qualche volta, e la uso per iscritto nei preventivi (ma mai quelli RC Auto!). Caro Consumatore, ti dirò una cosa con il cuore in mano perché questa mattina mi sento in vena di confidenze:  “la nostra migliore offerta” NON ESISTE. Nel modo più assoluto, e soprattutto nel Ramo che a te interessa di più, la RC Auto, per la quale giri e rigiri ogni anno e ti fai fare trenta preventivi. Io potrò SEMPRE farti qualcosa meno della cifra che fino a ieri era “la nostra migliore offerta”, se non con lo sconto “ufficiale” magari con un abbuono: posso pure rinunciare a 10 Euro se mi interessa averti come Cliente. Certo, probabilmente non te lo dirò così papale papale: da noi costa 500 Euro; oh, ha trovato 470? Allora le facciamo 430. Messa così ti sentiresti un po’ preso in giro, ma vedo che ultimamente non è che te ne freghi più di tanto, vero, ti basta andare al sodo e spendere meno. Magari ti dirò che devo farmi autorizzare dalla Direzione un qualcosa tipo “sconto concorrenza” (usa pure tutti i sinonimi che vuoi), che è una balla clamorosa.
Il punto è: dammi una ragione valida perché io debba farti spendere meno A PRIORI. Non sono un volontario di qualche associazione umanitaria, non sto qua a distribuire elemosine, o generi di prima necessità. Ti farò volontariamente spendere meno solo nel caso in cui tu mi dimostri che hai trovato meno e io sia interessata ad averti come Cliente (e devono verificarsi ENTRAMBE queste due condizioni, attenzione, perché come ho già detto e ridetto a me non interessa poi più di tanto acquisire e/o trattenere un Cliente che puntualmente ogni anno va a fare shopping dalla concorrenza per mettermi in croce).
E il bello è che la domanda “ma è davvero il minimo che potete farmi? È davvero la vostra migliore offerta?” non viene quasi mai da pensionati, lavoratori dipendenti, casalinghe o studenti. Li capirei, loro: gente che primo non ha tanti soldi, e secondo fa abitualmente questa domanda anche quando fa la spesa, quindi lo trova naturale. Apro una parentesi: la mia mamma, che è un’anima pura, una meraviglia di ingenuità, per molto tempo ha CHIESTO ai banchetti della frutta al mercato: “Ma sono buone queste pere?” E le comprava, perché la risposta era “Certo Signora, buonissime, succosissime e dolcissime!” Poi poteva succedere che le pere fossero uno schifo unico, e allora la volta dopo lei - non paga - tornava allo stesso banchetto dicendo “Sa quelle pere? Non erano mica buone come mi aveva detto”. Mamma, tesoro, ci sei o ci fai? Davvero pensi che il fruttivendolo ti dirà mai: “Signora oggi le pere sono terrificanti, vada a comprarle dall’altro banchetto”? OPS, questo mi ricorda qualcosa: i famosi tre preventivi… Post “Liberalizzazioni”: vada, vada dall’altra Compagnia, che le fa meno… Allora non c’è solo mia mamma di ingenua in Italia, c’è mezzo governo. “Ma ti me ga fato ben?”. “Sì, va tranquìo, xe ben”. Allora, con le paroline magiche "FATO BEN", siamo tutti contenti.
Ma torniamo alla richiesta, che invece viene il più delle volte da commercianti, artigiani, imprenditori. Tu che vendi scarpe, e metti le Geox di quel tal modello alla tal cifra, perché sai che tanto tutti quelli che vendono Geox mettono quella cifra: che senso avrebbe chiedere metà? Guadagneresti meno. Tanto se voglio  quelle Geox, quello devo pagare, da te o da un altro. Perché dunque IO dovrei “farti meno” se so benissimo che meno di così non trovi? A parità di condizioni, ovviamente (ma questo è un altro film). Intanto mi posso tenere buona quella fetta di sconto per un altro, dove davvero mi serva (anche questo detto e ridetto: non si può fare sconto a TUTTI, quando è finito è finito). E poi, vogliamo essere meno ipocriti? Guadagnerei meno anche io, o solo tu puoi fare certi conti? Oppure tu che vendi meravigliose maglie di cachemire, costosissime: cosa risponderesti se ti dicessi “Ne ho trovata una uguale al mercato a 40 Euro, me la vende anche lei a 40?”. Mi daresti dell’idiota, primo, perché è evidente che se costa un decimo NON PUO’ essere cachemire, non può essere la stessa cosa; e secondo mi diresti che forse non sono neanche degna di indossare le tue maglie, se vado a curiosare al mercato, altro che “migliore offerta”.
La morale è sempre quella (Girella a parte): trovate un motivo che non sia solo il premio per fidarvi della Compagnia e dell’assicuratore. Prima o poi arriverà il momento in cui vi renderete conto che il gioco valeva la candela, che tutta la differenza che credete di aver buttato vi torna indietro con gli interessi, che c’è un “valore aggiunto” su cui vale la pena - SEMPRE - di investire. Il continuo trastullo della “migliore offerta” è una delusione, alla fine.

domenica 18 marzo 2012

Aggiornare il profilo

Poiché questo è il sessantesimo post di questa mia nuova esperienza, ho deciso di perdere un po’ di tempo per valutare quanto di me si capisce da tutto quello che ho scritto finora, da come l’ho scritto, dal momento che scrivo come parlo. A proposito, questa del fatto che scrivo come parlo me l’ha detta mio padre, nel complimentarsi con me l’altra mattina, dopo che con un po’ di timore, guardinga ed imbarazzata gli avevo stampato i vari post scritti chiedendo se per caso aveva voglia  e tempo di darci una letta. Lui, come ho già detto, il computer non lo sa neanche accendere, e quindi non ci sarebbe arrivato mai al mio blog – volente o per caso, come invece altri. Però mio padre è un grande lettore, ed intendo lettore da letture impegnate e svariatissime (non credo andrà mai pazzo per Glattauer, lui, per intenderci), corredato come sempre in questi casi dall’accoppiata con il piacere di guardarsi quei film d’essai che vengono seguiti a notte fonda da tre spettatori di cui uno solitamente è un parente del regista. Sono tutte cose che ho preso da lui (unitamente alla fluidità nello scrivere che anche lui non ha coltivato) visto che anch’io spesso saccheggio SKY alla ricerca di titoli iraniani che nessuno si prende la briga neanche di doppiare - ma come lui comunque non disdegno, all’occorrenza, qualcosa alla Bruce Willis al cinema perché non si può vivere esclusivamente tirandosela come finti intellettuali. Ad ogni modo, ci tenevo da morire al suo giudizio, e ho lacrimato un pochino quando è stato positivo, anche perché credo sia stato l’unico complimento mai ricevuto – a memoria di donna – da mio padre. Per lui non eravamo mai “bravi” (neanche con pagelle da tutti nove, neanche con una Laurea con 110 conseguita esattamente a 23 anni e 15 giorni, neanche quando ti danno l’Agenzia storica della tua città da sola, senza nessun Socio, senza essere figlia di Agenti, a 36 anni e DONNA, che nel mio settore è un po’ come in politica, bisogna essere brave il doppio per ottenere gli stessi risultati, posto di ottenerli con la testa e non con altre parti del corpo), era solo un dovere da compiere. Per carità, non avrei smesso se mi avesse detto che facevo schifo, ma così è meglio.
Oggi quindi farò questo gioco di non conoscermi per niente, e vedere cosa scopro di me da quello che ho scritto sin qui:
Ho un’età indefinita compresa tra i 40 e i 50, non magrissima, tutto sommato ancora decente anche grazie ad un minimo di manutenzione (visto che cito estetista e parrucchiere), ma decisamente ricado tra quelle che vengono definite “simpatiche” piuttosto che “belle”. Cosa questa – peraltro - che a vent’anni senti come una condanna a vita, e dopo i quaranta capisci essere una fortuna inimmaginabile. Vivo nel Nordest, in un punto da cui è relativamente facile raggiungere in un salto sia Jesolo ed il suo Presepe di Sabbia, sia le Gallerie Orler. Ho un fratello più piccolo ed una sorella più grande. Sono cattolica. Amo le regole e le tradizioni, e ho sempre votato centro-destra, anche se adesso sono abbastanza delusa/disillusa/amareggiata e non so cosa farò alle prossime elezioni (come qualunque elettore di centro-destra sano di mente… ed è alquanto curioso come anche l’altra metà del cielo, cioè gli elettori di centro-sinistra, siano nella stessa identica situazione, magari è la volta che disertiamo i seggi in massa e li mandiamo TUTTI a casa a calci). Sono molto ma molto juventina, nel tennis tifo Nadal e se guardo Formula1 tifo Ferrari (questo non l’avevo detto, ma credo sia un dovere che ogni italiano sente nell’anima). Non mi piace guidare ma mi piacciono le automobili. Non ho figli, ma ho un meraviglioso marito con cui rido e scherzo meglio che se ne avessimo. A tal proposito ci sarebbe un aneddoto, che risale ai tempi in cui mio marito praticava le piste da cross (anche questa cosa era scritta, per chi sa cos’è una KTM 350 SXF). C’è una cosa che cerchiamo sempre di fare tra di noi come coppia: realizzare i sogni dell’altro. Lui aveva questo sogno fin da adolescente, ma per questioni di tempo e/o denaro non se l’era mai permesso, e così ad un certo punto ho voluto che lo facesse. Per la cronaca ha smesso anche, perché ad una certa età non sei elastico come un adolescente, per quanto tu ne mantenga i sogni, e quando cadi e ti rompi ti rompi a lungo. Ma l’aneddoto risale al tempo in cui aveva appena iniziato, e girava - ancora integro - in una pista libera assieme a dei ragazzini, lui con un 250 nuovo fiammante e quelli con l’ottantino. Con la tuta ed il casco sembrava proprio uno di loro, perché ha una corporatura non esattamente alla The Rock, di quelle che non ti puoi permettere di litigare con nessuno. Io stavo in apprensione a bordo pista, e mi si avvicina una mamma per i classici commenti: “Eh, che timore, vero, signora, ogni caduta un tuffo al cuore” e simili. Poi va sul personale: “Qual è il suo?” “Quello lì con l’Honda 250” “Già con un 250, ma da quanto fa cross?” “Da quattro mesi” “Complimenti davvero”. Pausa. “Il mio è quello lì, ha dodici anni. E il suo?” “Il mio quarantatre, signora”.
Mi piace girare l’Italia e l’Europa a caccia di musei e meraviglie artistiche. Amo la montagna, odio la sabbia. Che io sia un Agente di Assicurazione visceralmente monomandatario perché monogamico credo si sia capito fino alla nausea, ho tre impiegate ed un Subagente (sorpresa, questo non l’avevo ancora detto) su cui un giorno mi sa che farò un libro perché in loro quattro sono racchiusi tutti i luoghi comuni e non comuni dell’umanità. Sono una che si impegna e si batte per i valori in cui crede, un po’ trasmessi dalla mia famiglia (non benestante, visto che andavamo in vacanza dai parenti, ma che mi ha dato tutto ciò che è necessario per cavarsela nella vita: l’intelligenza, il rigore, la possibilità di studiare eccetera), un po’ imparati e fatti miei durante il mio binario personale. Valori tra cui c’è l’amicizia, quella vera, quella reale, quella da due-tre persone ma per sempre, non quella da clic-settantaquattro-clic-settantacinque-clic-settantaquattro. Preferisco un buon libro al computer, sempre e comunque. E già che ci sono, aggiungo qualche cosa nuova, tanto chi è arrivato a leggere sin qua un post decisamente inutile come questo può sopportare le novità: mi piacciono i vini rossi "tosti" (e com'è naturale preferisco la carne al pesce), e amo i gatti. E le citazioni, come "Coloro che non amano i gatti probabilmente erano topi in una vita precedente". Assolutamente non odio i cani, ma quelli piccoli mi infastidiscono e quelli grossi - bellissimi! - mi terrorizzano, vedi Sansone degli Orler, che è un amore di San Bernardo, ma sempre enorme San Bernardo resta. I gatti invece li adoro tutti alla follia, anche se da bambina alle elementari nel classico "Disegna un animale che vorresti essere" non avevo messo il gatto, e nemmeno un felino più grosso, ma l'aquila. Non che mi piacesse come bestia (avevo paura delle sue zampe giallastre ed artigliate anche in fotografia), ma VOLAVA: alta, libera, forte ed indipendente. Evidentemente già alle elementari avevo idea di come avrei voluto essere, non mi bastava essere la leonessa, felina bellissima, astuta, meravigliosa cacciatrice, buona madre, ma sottomessa al Re della Savana. Io volevo essere direttamente il Re (tant'è che un bambino difficilmente pensa a uccelli, pesci e rettili come esseri dotati di sesso, come invece i mammiferi: c'è il leone e c'è la leonessa, ma l'aquila è un tutt'uno). O al limite Regina, ma quella degli Scacchi, che fa le stesse mosse del Re, ma meglio. E a volte viene sacrificata per salvare il Re, ma mica sempre, anzi possibilmente no.  
Sì, direi che sono abbastanza io, abbastanza reale e poco virtuale, e come sempre mi soddisfo; nel senso, se fossi un uomo questa me mi piacerebbe. Manca solo una foto, ma di me si sa anche la naturale avversione per rendere troppo pubbliche certe cose, e la totale incapacità di manovrare la tecnologia (è già tanto che riesca a postare!), quindi niente.

mercoledì 14 marzo 2012

Perchè l'idraulico si arrende

Si chiacchiera, e pare che la frase che ho buttato lì circa mio marito che, da idraulico, si è arreso all’Umanità abbia suscitato qualche domanda. Quindi, visto che in questo mio spazio parlo di assicurazioni (un po’ troppo, ultimamente), arte e uomini, direi che possiamo inquadrare la cosa nella categoria “uomini” e parlarne.
Nell’immaginario collettivo l’idraulico ricade spesso nella categoria dell’evasore fiscale riccone (riccone perché evasore, ovviamente), al pari di tutti coloro che operano nel mondo dell’edilizia. Ricordo che quando nella mia famiglia (zii ed affini) si diffuse la voce che mi ero messa con un idraulico risuonarono dei “però!”, manco la cosa comportasse automaticamente la garanzia di benessere economico a vita. Magari l’idraulico non va in SUV, come il costruttore, ma ha sicuramente i sedili del furgone con cui si sposta imbottiti di rotoli di soldi. Infatti quando arriva tardi, o non arriva (altro luogo comune è che l’idraulico non arrivi mai), è sicuramente perché sta rassettando le mazzette.
Come in tutte le cose, bisogna usare il buonsenso. Ho conosciuto lui e molti altri che facevano il suo stesso lavoro, tutti onesti artigiani che – come me, come voi, come tutti i comuni mortali – si alzano alla mattina per andare a lavorare, si prendono i loro impegni, li onorano, e pagano le tasse. Come me e come voi hanno una casa (una, comprata col mutuo), una famiglia, ogni tanto vanno in ferie. Stranamente, molti idraulici sono interisti, ma su questa cosa non riesco a trovare una spiegazione logica.
La professione di idraulico è totalmente cambiata negli ultimi decenni, come del resto la mia (trent’anni fa anche gli assicuratori facevano soldi a PALATE, rispetto ai miei attuali guadagni, e sicuramente con molte meno responsabilità). E’ evidente che prima della Legge 46 dell’anno 1990, che mise sull’attenti e regolamentò tutto il mondo dell’impiantistica, idraulici ed elettricisti facevano un po’ quello che volevano. C’erano paesi interi da costruire e storiche città da ristrutturare (almeno qua nella mia zona), gli idraulici che se li spartivano erano i soliti tre-quattro, e spesso il tutto veniva fatto alla buona, con costi esagerati (ecco la nascita del mito) perchè i tre-quattro riuscivano a fare "cartello", e senza troppe scartoffie, senza timbri, senza regole (e quindi senza costi per uffici, impiegati, eccetera). E poi, diciamocelo francamente, una volta i controlli fiscali erano nulli, tanto l’Italia andava e c’era benessere per tutti; se ci fosse stata la lotta all’evasione che c’è ora, invece di chiudere uno-due-cento occhi perché comodava a molti, non si sarebbe arrivati a questo punto.
E’ un bel pezzo che non è più così, ma l’idraulico può comunque lavorare tranquillamente, la legge glielo consente, il lavoro non manca, l’evoluzione tecnologica ha portato novità interessanti nelle case e potremmo essere tutti felici. Dico “potremmo”, perché c’è sempre la variabile dell’Umanità che – a volte – impazzisce. Io, abituata ai problemi di un’Agenzia di assicurazione, ho veramente scoperto un Nuovo Mondo con quelli della Ditta di mio marito. E pensavo anche di essere esperta nell’interpretare la gente (analisi bisogni, superamento delle obiezioni, tutte le nostre menate insomma)! Non è solo il problema della gente che NON PAGA, che noi non abbiamo. O meglio, lo abbiamo nel senso che se uno non ci paga “perdiamo” il premio assicurativo e quindi c’è un decremento di incassi, che infastidirà la Compagnia mandante, ma di certo non ce lo rimettiamo di tasca nostra: se il Cliente vuole la copertura (il pezzetto di carta in mano) mi deve dare il soldino, altrimenti va via scoperto, e cavoli suoi. Sorrido perché mi è capitato (due volte) di avvenenti signorine che sbattendo gli occhioni mi hanno chiesto “Ma come? Devo pagare l’assicurazione?”; a una l’Amico aveva regalato una BMW X5, ma voleva che almeno l’assicurazione se la pagasse lei, ed il risultato è stato che non ha girato in X5 (per lo meno non da me). Un’altra invece mi ha confidato che la sua, dove era assicurata prima, gliela pagava l’Agente, e se si poteva trovare un modo... Mah, io sarei abbastanza etero, per cui su di me fa poca presa. La variante di queste signorine è stata quella che mi ha obiettato (sempre donne, però) che non è giusto pagare il premio anticipatamente: bisognerebbe pagarlo alla fine dell’annualità assicurativa trascorsa. Che fine umorista, già mi immagino la coda di tutti quelli che non hanno provocato o subito incidenti (che sono ancora fortunatamente la fetta più grossa) che corrono convinti ed allegri a pagare posticipatamente una cifra che A LORO non è servita… Mi sa che non pagherebbero nemmeno quelli a cui è servita, altro che.
Comunque, l’idraulico ha il problema che, se non viene pagato, non ci rimette solo il guadagno della sua manodopera, ma anche tutto il materiale che al fornitore, lui, invece paga. E nel caso degli idraulici – a differenza degli elettricisti – parliamo di un costo importante (caldaie, sanitari, rubinetteria, docce & vasche, non costano propriamente come quaranta metri di cavo e tre interruttori). Ma questo è un problema prevedibile, purtroppo. Adesso sono in molti, a non pagare, ma te lo aspetti, anche se mi innervosisce lo stesso perché non puoi dare il via a lavori che SAI GIA’ che ti costeranno tot se quel tot tu non ce l’hai! O lo spendi per altre cose (questo è successo anche a me, una Signora mi ha telefonato perché non aveva 246 Euro per pagare la Polizza Casa: “Non è che me la può levare via – mi ha chiesto – perché sa, siamo appena tornati dalla Polinesia e farei fatica”. Almeno stai zitta, magari ti credo).
No, il problema è tutto quello che NON PUOI prevedere. Perché quando pensi di aver sentito e visto tutto, trovi ancora qualcuno che riesce a stupirti, qualcuno che pretende di saper fare il tuo lavoro e farti i conti in tasca, qualcuno che ti fa scrivere dall’Avvocato raccontando le cose a modo suo (gli ho sempre scritto io le Raccomandate di risposta, e nessuno si è MAI – e dico MAI – rifatto vivo; una gran soddisfazione). Questi sono alcuni esempi di quello che è capitato solo nell’ultimo anno, prima che dicesse “basta”, e poi davvero andremo tutti a lavorare sotto Mamma Stato, perché il piccolo professionista in Italia è trattato come una bestia, chi te lo fa fare di tenere aperta la Partita IVA…
Categoria “Scuse fantasiose per non pagare”:
- Avevo letto solo la prima pagina del preventivo (rispettato - incredibilmente - al centesimo!!) e quindi le pago solo quella.
- Lei ha la macchina nuova (una Golf, peraltro, non una Bentley) ecco dove vanno i miei soldi, non è giusto.
- Voglio aspettare l’inverno per vedere se l’impianto scalda davvero  (e siamo in Maggio).
- Non ho soldi, ma possiamo metterci d’accordo (detto da donna sola in casa in sottoveste, e questo ben due volte! Mio marito era seccato, ma solo perché una era troppo vecchia e l'altra troppo brutta).
- Il radiatore scalda troppo, soffochiamo (scalda troppo perché sovradimensionato rispetto al bagno, e te l’avevo detto e ridetto, ma tua moglie ha insistito per avere quello perché aveva una bella forma!!).
Categoria “Ecco perché l’idraulico lascia”:
- Non so come funziona nelle grosse città come Milano ad esempio, dove la gente paga cifre inaudite per farsi cambiare la guarnizione di un rubinetto che fa la goccia; forse c’è più corporatività fra gli artigiani. Qui costa ancora poco, perché se in casa c’è ancora la nonna, o la mamma casalinga, e la casa è per strada tra un cantiere e l’altro, è chiaro che non è un problema fermarsi ad un’ora qualunque e risolvere la cosa in pochi minuti e per pochi Euro (o un caffè). Ma se abiti in centro in piena ZTL vicino alla zona pedonale, a casa non c’è mai nessuno e devo venire esattamente tra le 19.55 e le 20.05 perché prima il bambino  ha nuoto e poi tu vai in palestra, e magari mi fai fare anche tre giri a vuoto perché ti eri dimenticata che oggi avevi l’estetista, mi devo pagare il parcheggio e fare tutta la strada con la borsa dei ferri in spalla, non puoi darmi del ladro se ti domando 50 Euro. Non puoi.
- Ok, fai fare il bagno nuovo al tuo amico dopolavorista (poi dai a me dell’evasore!), perché costa metà; del resto, lui non ha dipendenti, e non ci paga le tasse sopra ai soldi del tuo bagno. Ma per la caldaia serve il Certificato di conformità, come la mettiamo? La mette che te lo chiede lo stesso, con candore: “Ho fatto fare il lavoro a lui perché costava meno, me lo fai tu il Certificato? Ti do 100 Euro”. Crepa, te e i tuoi 100 Euro.
- Dolce Vecchietta che pretende, per risparmiare sul rifacimento dell’impianto, che vengano riutilizzati i suoi vecchi radiatori, e poi fa scrivere dall’Avvocato che non scaldano bene (infatti, li volevamo cambiare proprio perché funzionavano benissimo).
- Stessa Dolce Vecchietta (brutta strega) che pensa che, solo perché l’idraulico le ha cambiato la caldaia, d’ora in poi tutti i costi connessi alla caldaia (attivazione e BOLLETTE comprese) saranno a carico dell’idraulico – e trova anche l’Avvocato che la bada!!
- Gente che ti chiede la sola manodopera, e pretende di comprarsi da sola TUTTO il materiale (guarnizioni, viti e rondelle comprese!), un po’ come andare dalla parrucchiera con il pacchettino della tinta fai-da-te per farsela applicare da lei che è più brava, cosa che comunque succede (la mia lo fa pagare 20 Euro questo servizio, del resto ogni lasciata è persa oggigiorno). Ma se ti sei comprato della roba di quarta scelta o di recupero, tipo i sanitari di ceramica che si scrosta o che non è perfettamente allineata al muro perché non è stata levigata bene, non puoi rompere le balle a me.
- Cosa sarà mai mettere su un condizionatore? Basta appenderlo al muro e lui va (a Lourdes, probabilmente, sì).
- Cliente che, ad impianto deciso e finito, pretende di cambiare idea e stravolgere tutto (“quel radiatore era meglio lì, la cucina la vorrei sull’altra parete”…). All’obiezione che ciò significava SPACCARE tutto e ricominciare (con i corrispondenti costi) ha risposto che dovevamo prevedere eventuali suoi ripensamenti e fare un “impianto flessibile” (Di gomma? A vista?). E non ha pagato il saldo. Fatti ed accoppiati: era il marito di quella che ha voluto il radiatore enorme con bella forma. Per la cronaca, è stato l'ULTIMO lavoro prima di issare bandiera bianca, definitivamente. 
- Signora molto per bene (di quelle sussiegosissime, col colorante blu nel sangue per l’invidia) chiama perché ha il WC nel bagno della suocera intasato. Solo che è così da due settimane, e nel frattempo la suocera ha continuato ad usarlo, diciamo “ammassando la materia”. Farle usare un altro bagno non se ne parla, per carità! Non è un lavoro lungo, anzi è una sciocchezza per un idraulico, solo che bisogna perderci prima mezz’oretta per “rimuovere la materia” a MANO, metterla in sacchetti e portarla via. Se ti chiedo 140 Euro per questa mezz’ora non strepitare, non rivolgerti all’Associazione Consumatori, non chiedermi “ma quanto prende all’ora”, perché c’è lavoro e lavoro bella mia. Un conto è mezz’ora in cui ti attacco il flessibile del gas alla cucina, e un conto è mezz’ora a spalare la m/da di tua suocera che tu, in compenso, non fai nemmeno venire a pisciare nel tuo bagno.
- Costruttore che ti dice che se vuoi lavorare nei suoi cantieri devi dargli il 10% di tutto quello che guadagni nei citati cantieri (compreso sul materiale, che lui peraltro NON fornisce), e lo dice parlando al telefono con uno dei suoi maggiordomi mentre sceglie il vino per gli importanti ospiti serali. Che caro.
- Beh, come per me assicuratore c’è sempre quello che ha l’amico dell’amico dell’amico che sa tutto di idraulica (anche se in realtà lavora in macelleria, ma sicuramente “usa il computer”), quindi l’idraulico vero sta sbagliando tutto…

Leggendo queste righe si può pensare che io ritenga gli idraulici una categoria di santi, non è ovviamente così, anche tra loro ci sono i buoni ed i meno buoni, i precisini ed i cialtroni, i puntuali ed i ritardatari (e poi non sopporto quella cosa dell’Inter). Vorrei solo che ciascuno di noi, quando critica qualcosa che non conosce direttamente (idraulici, assicuratori, panettieri, meccanici, notai, dipendenti del Comune, eccetera), lo facesse per lo meno senza astio. L’astio no, non lo sopporto; buttiamola in ridere, piuttosto.

domenica 11 marzo 2012

Sindrome Ikea

(Questo mi è venuto lunghissimo, evidentemente è un argomento che mi fa aprire le cateratte. Ma non sapevo come e dove tagliarlo per farne due, e quindi oggi va così)

Che stufa che sono. Anche oggi il solito teatrino: arriva il Cliente che è convinto di sapere tutto lui (più spesso, lei, strano come in questa cosa le donne siano sempre le più agguerrite, forse temono di mostrarsi deboli se si fidano di qualcuno), oppure che ha il figlio genio, o l’amico polivalente, e il copione è sempre lo stesso.
-          Guardi, vorrei disdire questa Polizza perché ho trovato meno.
-          Davvero, tanto meno? Ma, mi scusi, con quali garanzie? Perché, sa, Lei non ha solo la RC Auto in Polizza…
-          Uguale alla mia, con tutto.
-          Sicuro, proprio uguale-uguale? Con tutto-tutto? Con quali massimali, ad esempio?
-          Come i miei.
-          Cioè?
-          Quelli di legge, i tre miliardi di lire.
-          No, guardi, i tre miliardi di lire erano il minimo un po’ di tempo fa, adesso siamo casomai a  tre milioni di Euro, e comunque Lei ne avrebbe dieci, di milioni.
-          Beh, è uguale.
-          Proprio uguale-uguale non direi, comunque vediamo se possiamo fare qualcosa: cosa si è messo su questa nuova offerta: conducente esperto o guida libera?
-          Esperto.
-          Bene, qui ha la guida libera, se le mettiamo guida esperta anche noi è evidente che il premio cala! Ma dopo stia attento, perché se la guida suo figlio sono guai.
-          No, mio figlio non la guida mai. Non che io sappia, e poi è lo stesso.

Potrei continuare, di solito lo scambio di battute dura mezz’oretta. Ha in mano un’offerta con il minimo del minimo, mentre la sua Polizza attuale prevede un massimale più alto, la rinuncia a tutte le rivalse, la libera scelta per le Carrozzerie, e magari anche l’Incendio e Furto, la copertura per il Conducente e chissà cos’altro ancora. Perché quando parla con me, che lo guardo in faccia e gli faccio capire quali rischi si possono (o si devono!) assicurare, dove si può – volendo - risparmiare  e dove invece non è il caso (perchè il rischio di vedersi portar via anche la casa è troppo alto, e il gioco non vale la candela), allora capisce, ragiona e fa scelte oculate; quando si trova davanti ad uno schermo, o magari si trova in mano un pezzo di carta stampato dopo che un altro è stato davanti ad uno schermo al posto suo, l’unica cosa che guarda è la scritta in cifre dopo la parola “Euro”. Nient’altro.
E non sto parlando di casi in cui passano anni tra una visita e l’altra, nei quali potrei giustificare il fatto che il Cliente si dimentichi delle garanzie che ha in Polizza (noi un ripassino cerchiamo di farlo sempre almeno un anno sì e uno no, minimo); parlo di gente che evidentemente come si connette alla rete dimentica totalmente i discorsi fatti la SETTIMANA PRIMA.
Io voglio bene a molti miei Clienti, sono persone gentili, educate, simpatiche. Il fatto stesso che instaurino spesso dei dialoghi (anche se del tipo indicato sopra) depone a loro favore, perché ci sono anche quelli che – pensando di sapere tutto – neanche ti lasciano parlare. Ma comincio ad essere stufa del fatto che tutti siano convinti di essere assicuratori, magari in cinque minuti, con il famoso computer. Dov’è finito il valore della professionalità? Perché io, che faccio questo lavoro da vent’anni e passa, con formazione continua, evidentemente sono deficiente, se per stipulare una Polizza basta una connessione Internet e l’uso della mano (il cervello è un optional).
Mi piace il fatto che nei nuovi Decreti si tenti – nebulosamente – di dare un po’ di lustro alla figura degli intermediari. E’ da un po’ troppo tempo che assistiamo da parte dei media ad un battage mostruoso sul fai-da-te assicurativo, e sarebbe ora di finirla. Una delle mie Ragazze l’ha chiamata “Sindrome Ikea”,  e mi è piaciuto tantissimo! Mr. Ikea infatti ha fondato il suo impero sul “prezzo basso” che puoi avere se accetti di montarti da solo la camera, portandoti via i pezzi in tanti scatoloni. Poco importa che tu sia un bancario che non sa riconoscere un cacciavite a stella da uno a taglio, l’importante è spendere meno (con tutto il rispetto per i bancari, potevo dire anche “un assicuratore”, io per prima ho manualità meno di zero, mi limito a cambiare le lampadine, anche se avendo un marito ex-artigiano riconosco i cacciaviti).
Fresca di ieri e a fagiolo: la gentile signorina del piano terra suona e chiede in lacrime a mio marito di aiutarla perché le si sta allagando la cucina (mio marito ha fatto l’idraulico per trent’anni). Lui va giù, e vede che qualcuno ha messo le mani sul sifone, montato storto, senza le guarnizioni eccetera. E’ stato il simpatico fidanzato della gentile signorina, perché il lavabo non scaricava bene; e perché non hanno chiamato un idraulico? Semplice, perché costa. Solo che adesso hai fatto un danno peggiore, simpatico fidanzato, e dopo che il buon cuore e le capaci mani dell’EX-idraulico ti hanno sistemato gratis alla bell’e meglio questa porcheria, dovrai chiamare un IN-idraulico che probabilmente ti chiederà più di quanto ti avrebbe chiesto la prima volta.
Quando mio marito lavorava come idraulico, prima di arrendersi di fronte all’Umanità, quante ne ha viste di cose del genere! Commercialisti che distruggevano rubinetti nel tentativo di montarli, insegnanti che scassinavano radiatori costosissimi… E vogliamo parlare dell’impianto elettrico, o dei lavoretti di falegnameria, o di intonacatura? Io sono una frana completa, sono brava solo a fare assicurazioni, e se mi serve qualcosa chiamo un artigiano, mai mi metterò a dipingere i muri di casa: così mi sporco, mi agito, mi incasino, e sicuramente il lavoro viene da schifo!
Per i professionisti esistono apposta gli ALBI, perché non ci si può improvvisare avvocati, notai, medici, architetti, magari perché “l’ho visto su Internet”, o perché “me l’ha detto mio genero”. Per gli assicuratori c’è il Registro Unico, che è la stessa cosa. Devi studiare, sostenere un esame, aggiornarti. Tutte sciocchezze, a quanto pare, il Dio Computer rende tutti abili ed arruolati.
Non so se la responsabilità è più di chi lo usa, il computer (e solo per il fatto di usare Facebook pensa di dominare il mondo con il potere dell’informatica), o della generazione precedente, quella che non lo sa/sapeva usare, e quindi pensa che il solo fatto di saperlo ACCENDERE sia prova di un’intelligenza superiore. E’ capitato a me personalmente, di mamme che mi chiedevano se potevo “far fare qualcosa” al proprio figlio nel mio ufficio (da notare che, come non ci si può improvvisare assicuratori, non ci si può improvvisare nemmeno impiegati di assicuratori), ed alla obiezione che  detto figlio non sapeva un tubo di cosa vuol dire lavorare in un ufficio (dare una ripassata ai miei post “Curriculum”, uno e due) mi hanno risposto “ma usa il computer!”. Cosa che - evidentemente - per le mamme già vale uno stipendio, come no. E’ capitato in compenso a mia cognata, che fa la parrucchiera, di trovarsi in negozio una ragazza che chiedeva lavoro, ed alla domanda se aveva mai lavorato nel settore ha risposto “NO, ma ho visto su Internet come si devono fare i vari tagli!” (e questo – ovvio – ti dà automaticamente la presunzione di saperli realizzare perfettamente; anche i parrucchieri, come gli assicuratori, devono essere tutti deficienti a fare anni ed anni di gavetta). Altra categoria di cerebrolesi per i nostri genietti di Internet sono i meccanici (parlo di esperienze successe a me o a miei parenti, quindi escludo  leggende metropolitane): in una Concessionaria d’auto in cui lavorava mia sorella cercavano meccanici ESPERTI per una delle officine (Concessionaria di brand molto di lusso, quindi non si possono fare troppe cazzate, perché con quelle cifre la gente si aspetta la perfezione). Dal capo officina – uomo semplice, di poche parole e non sempre pulitissime, un po’ rozzo, ma indiscusso Supremo Mago dei Motori – si presenta un Cravattino, e lui prima di innervosirsi gli chiede se abbia mai messo le mani sotto un cofano. Il Cravattino lo guarda con occhio misto tra il dubbioso, l’ironico e il supponente e gli dice “Guardi che oggi le macchine si aggiustano con il computer”. Per la cronaca, in ALCUNI modelli di PARTICOLARI macchine si fa la DIAGNOSTICA con il computer, ma per le riparazioni sempre l’oliaccio sotto le unghie ti ritroverai. Non mi hanno riferito la fine del Cravattino, credo stia ancora scappando. 

martedì 6 marzo 2012

Colpi di fulmine

Mi sa tanto che il quinto Scuffi, quello dei treni, dovrà aspettare, con buona pace di mio marito che ogni sera va a dare la buonanotte alla nostra Piazza d’acqua. Sono troppo innamorata della pittura di Salvo, e se mai avrò la possibilità di comprare un altro quadro (dopo aver onorato tutti gli impegni presi per i tappeti) vorrei tanto averne uno suo. C’è da dire che parliamo di cifre diverse, ma comunque ancora abbordabili per i comuni mortali, non si sa mai, magari se l’economia riprende a girare e con lei si rianima anche il mondo assicurativo vedremo tutto più rosa.
Salvo fa parte di quel gruppo di pittori “riconoscibili” da lontano: vedi un suo quadro e non puoi che dire “ecco un Salvo”. Ed è una cosa che mi colpisce, mi sono resa conto che nelle nostre scelte fatte tutte con la pancia (e quindi presumibilmente non troppo intelligenti, dal punto di vista collezionistico) abbiamo seguito questo filo conduttore: ad istinto evidentemente ci piacciono gli artisti che hanno una loro impronta ben visibile, uno stile nettamente proprio, e possibilmente inventato e delineato da loro stessi. Mi spiego meglio: Antonio Nunziante, ad esempio, è un pittore più che eccellente; ho una sua maiolica che sembra abbia trattenuto ogni scintilla del forno che l'ha generata, tanta è la luce che emana, non la cambierei per nulla al mondo. Ma non ha “inventato” nulla di suo. La metafisica l’aveva già sperimentata qualcun altro. Certe sue visioni, le Farmacie, gli ultimi interni chiaroscurali sono meravigliosi, ma non sempre si può dire “ecco Nunziante” (se uno non lo sa magari dice: bellissimo, chi è?). Infatti io di Nunziante ne ho uno, di Scuffi quattro.
Salvo è Salvo, i suoi paesaggi mi fanno tornare bambina, mi sembra di sprofondare in una fiaba. Per gusto mio preferisco le sue sere, dove ogni cosa prende quella tipica luce azzurro-rosa cupo, oppure addirittura le notti, con le luci dei lampioni e le nevicate, ma non escluderei a priori un bel quadro con alberi e montagne, di quelli con tante nuvolette che sembrano grosse mozzarelle appoggiate alle pendici del bosco, e ti vien voglia di morderne una. Una bella mozzarella di bufala, di quelle con il pippiolino sopra. Già ho declamato Montale davanti ai quadri di Scuffi, potrei sempre partire con Quel ramo del Lago di Como e Salvo. Mi è sempre piaciuto, fin da quando studiavo, l’accostamento tra la letteratura e l’arte, perché entrambe coinvolgono testa e pancia, e dove non arriva una arriva l’altra (e quindi cadono a fagiolo anche le mozzarelle). Siamo fatti di sensi, mi piace poterli usare tutti quando qualcosa mi coinvolge così profondamente. Ci sono testi (poesie, ma non solo) che fanno piangere; perché non un’opera d’arte? Riso e pianto, lacrime ed estasi. Potrei starmene per ore a rimirare un quadro che mi piace, immaginando di saltarci dentro e viverci.
Altro pittore che mi fa provare le stesse sensazioni è Tino Stefanoni (magari sarà l’alternativa a Salvo, se non ci arrivo). Anche lui è uno di quelli che riconosci tra mille, e anche lui gioca con il colore e la semplicità come pochi altri: i suoi mulini, i campanili, gli alberi innevati, tutto sotto strati e strati di colore intenso e luminoso al tempo stesso. E’ incredibile come, quando guardo i suoi quadri, mi viene voglia di stare zitta, e sì che per me è praticamente impossibile. Vedo questi lunghi prati, questi cieli così rosa o così blu, ed è come se non volessi disturbare la loro quiete con suoni inutili: sono perfetti così, nel loro silenzio, sospesi nel tempo. Ma un saltino dentro ce lo farei, una corsetta veloce, giusto per sentire l’intensità delle sue stelle (non mozzarelle nel suo caso, magari neve di panna montata sui tetti). E’ pazzesco se si pensa che, per giudicare economicamente un pittore contemporaneo, si usa il “coefficiente” (base più altezza per il fatidico numerino); in una cosa così soggettiva come l’arte! Tutto uguale, tutto appiattito, zero emozione zero. Io uso le mozzarelle, invece, ma di quelle che tolgono il fiato.
Salvo e Stefanoni riempiono allegramente le Fiere d’arte, un po’ tutte le ultime che abbiamo visitato, il che vuol dire – e mi fa tanto piacere – che siamo in molti ad amare questa figurazione volutamente infantile e bellissima. Adesso che ci penso, un altro filo conduttore dei pittori figurativi che amo è la quasi totale assenza di figure umane: personificazione di natura e cose. Che strano (come nell’arte islamica, allora è naturale che sia tanto attratta dai tappeti).
Ci piace da matti andar per Fiere, è come visitare un museo, ma senza dover tenere atteggiamenti compunti. Ogni cosa a suo tempo, per i pittori: quando li rimireranno nelle sale dei Musei susciteranno eco di sospiri, come vecchie signore aristocratiche; ora alle Fiere sono come tante ragazze il sabato sera: occhi sgranati, risate e quattro salti in compagnia. In un museo devi stare attento a non avvicinarti troppo alle opere esposte, alle Fiere in ogni stand ti invitano a guardarle, a toccarle quasi (con discrezione), ad immaginarle tue. E poi è bello essere lì, tutti accomunati da un’unica passione, da Nord a Sud. Ragionavamo proprio di questo con Giovanni ed Eva della Rizzuto Arte di Palermo (è uno dei miei “Siti Amici”, da visitare assolutamente, ricco di opere importanti e di belle novità), in occasione del loro primo “sbarco” dal Web ad ArtePadova: storie diverse, provenienze diverse, professioni diverse, ma siamo in tanti, tutti qui a goderci un'immensa tela piegata di Berlingeri. Vorrà pur dire qualcosa.

domenica 4 marzo 2012

Ragionamenti da venditore

Ai sommi vertici delle Compagnie d’assicurazione spesso siede gente che, quando va bene, qualcosa sulle assicurazioni (magari di tecnico) sa, e quando va male neanche quello. Ormai le Compagnie sono industrie, fuse tra loro in grossi gruppi articolati che comprendono attività di ogni genere, con partecipazioni di altrettanto grosse Banche che cacciano nuovi soldi quando quelli vecchi stanno finendo, e giustamente vogliono dei risultati (e per ottenerli mettono a prendere le decisioni uomini loro, di estrazione bancaria e non assicurativa, così si ricade al cane che si morde la coda). In ogni caso, dubito fortemente che ai vertici sieda o siederà mai qualcuno che sia partito dalla base di un’Agenzia, qualcuno che abbia un’idea ancorché vaga del mondo reale, qualcuno che abbia stretto la mano ad un Cliente incavolato, lo abbia guardato negli occhi e si sia seduto a tavolino con lui per capire cosa c’è che non va. Qualcuno che – di questi tempi – abbia toccato con mano la crisi (a casa sua, facendo conti per arrivare a fine mese).
Dico ciò perché in questi giorni stavo ragionando sulle tariffe RCA della Compagnia che rappresento, che – adesso si può dire visto che si sono decisi a rivederle – sono state per gli ultimi anni tra le più care, almeno qui nella mia zona, dove poi la forbice con la concorrenza era particolarmente sentita essendo zona storicamente virtuosa (al Sud le tariffe di TUTTI sono carissime, magari i problemi sono altri visto che ormai lì le Compagnie cercano di eludere anche l’obbligo a contrarre, ma per lo meno la concorrenza non sarà così agguerrita). Lavorare era diventato un incubo, potevamo solo incrociare le dita che (grazie alla nostra competenza e professionalità, alla nostra gentilezza ed alla nostra simpatia) nessun Cliente si sognasse mai di fare un minimo confronto con chiunque altro, perché se l’avesse fatto l’avremmo perso di sicuro. Piccole limature di premio a pioggia per tutti, e tanti abbuoni per cassa di tasca mia. Clienti nuovi praticamente impossibile. E con il rischio che, persa la RCA di un Cliente “storico” che magari ti porta anche i cioccolatini per ringraziarti mentre ti dà la disdetta (ma te la dà, perché 150 Euro di differenza con una Polizza UGUALE sono tanti), l’anno dopo ti arrivino le disdette anche della sua Polizza Casa, Infortuni, eccetera, perché il Collega della concorrenza non sta certo a guardare, e giustamente fa il suo mestiere come va fatto.  
Adesso si sono decisi finalmente a calare i premi, e sono contenta perché potremo lavorare di nuovo, proporci in giro, essere interessanti. Perché il punto è questo: se le tariffe calano la Compagnia è terrorizzata perché pensa “perdo premi”, io invece sono felice perché penso “acquisisco nuovo Clienti”, ed è esattamente la differenza che c’è tra chi siede dietro una scrivania e fa i conti, e chi invece guarda la gente in faccia e ragiona. Io lo trovo di una logica disarmante, e non capisco come mai lassù non lo vedano. Negli anni in cui le tariffe salivano a dismisura, il numero delle Polizze RCA che la mia Agenzia gestisce è sempre sceso, in modo preoccupante, così come sono decrementati i premi che incasso - contrariamente a quanto la Compagnia aveva "programmato", ma è normale! Se la tariffa cresce TROPPO gli assicurati vanno via! Anche se vendi Polizze fatte bene, senza rivalse, con garanzie accessorie utilissime, ci sarà di sicuro un’altra Compagnia altrettanto brava… che costa meno. Si deve arrivare ad un equilibrio, prima o poi. Il buffo è che quando durante le riunioni ci presentavano le tariffe (quelle sempre più alte) ci dicevano: in questo modo contiamo di recuperare un xx per cento di premi. Io ed i miei Colleghi locali ci guardavamo sbigottiti: in questo modo finiremo per perdere quello che non abbiamo perso finora. E’ come con i ristoranti: se si mangia un buon filetto posso pensare di pagare 5 Euro in più rispetto a dove si mangia filetto cattivo, ma non 50. Piuttosto vado a mangiare una pizza. Così il ristorante del filetto buono ha sempre meno Clienti, e per recuperare qualche soldo aumenta ancora, e finisce che li perde tutti e chiude.
Io sono sicura che quest’anno chiuderemo con il segno + nonostante le tariffe più basse. Perché è normale, perché è logico. Mi rendo conto che è un pensiero da venditore e non da attuario (l’attuario calcola tante variabili “tecniche” che però non comprendono il fatto che la gente normale non ha più un centesimo da buttar via), ma è grazie ai venditori – ed ai premi pagati dalla gente normale – che l’attuario e chi gli sta sopra ricevono uno stipendio a fine mese.

giovedì 1 marzo 2012

A volte lavorano

Questo l'avevo scritto qualche giorno fa, mentre eravamo tutti in trepida attesa; in realtà il Senato nella scorsa notte ha terminato il suo lavoro con gli emendamenti al Decreto Legislativo 01/2012. Lo posto ugualmente, tanto non si sa ancora nulla di definitivo, vedremo che piega prenderanno le cose nei prossimi giorni.
  
Siamo nel mezzo dei fatidici sessanta giorni che intercorrono tra la pubblicazione del Decreto Cresci-Italia ed il termine per la sua conversione in Legge. Per la prima volta mi sento particolarmente coinvolta, ed è strano, perchè Bersani aveva dato il via nel 2007 a qualcosa di molto più "epocale", eppure non ho ricordi di uguali sensazioni se ripenso a quel periodo tra Febbraio ed Aprile in cui il mondo assicurativo venne stravolto. Anzi, il mondo degli assicuratori venne stravolto: le nostre liquidazioni future, le nostre provvigioni, il nostro modo di rapportarci alle Compagnie mandanti, il naso fuori della porta per parlare per la prima volta di plurimandato in modo serio. Per i consumatori in realtà non ci fu questo gran cataclisma, le Polizze pluriennali sono state nel frattempo ripristinate, e la porcheria della classe di merito buona per chiunque (neanche stessimo giocando a Mea-Libera-Tutti) ha portato ad un rialzo generalizzato delle tariffe. Evidentemente nel 2007 avevo altre cose per la testa. Invece adesso sto osservando con forte curiosità gli sviluppi, anche perchè le giovani facce nuove del Sindacato Nazionale Agenti ci tengono informati circa il lavoro della X Commissione: questo è il link che permette di leggere tutti gli interventi dei Senatori relativamente all'articolo 34, quello della buffonata dei tre preventivi (chi ha voglia può andarsi a vedere i miei tre precedenti post sulle Liberalizzazioni RCA scritti a Gennaio).
http://www.senato.it/documenti/repository/commissioni/comm10/Emendamenti%20al%20decreto-legge%20liberalizzazioni/Emendamenti%20articoli%2028-36.pdf
 Li ho letti tutti con estrema attenzione, e devo dire che sono altrettanto estremamente colpita. Innanzitutto positivamente, perchè vedo che lavorano: in effetti si sono presi la briga di ragionarci sopra. Purtroppo sono colpita anche negativamente, perchè troppi Senatori pare non sappiano assolutamente nulla dell'argomento di cui stanno parlando, e mi chiedo perchè ne parlino, allora. Nella mia ingenuità, credo che in democrazia funzioni così: poichè non possiamo governare tutti (milioni di persone insieme), scegliamo dei signori che ci rappresentino. Questi signori, quando devono prendere delle decisioni, dovrebbero venire da noi che li abbiamo scelti per chiederci cosa ne pensiamo, e cosa vogliamo che facciano, con il classico schema ad albero: ognuno di loro lo chiede a quelli della sua cerchia più vicina, che a loro volta lo chiedono ad altri e via fino in fondo, e ritorno. Fin da bambina io ero comvinta che funzionasse così, ma forse sbaglio in qualcosa, perchè se fosse realmente così allora questi signori dovrebbero quanto meno informarsi da qualche operatore del settore prima di scrivere delle baggianate colossali. Alcuni lo hanno fatto, in verità, perchè ci sono emendamenti che riportano alla lettera, virgole comprese, quanto proposto dal Sindacato Agenti, e quindi vuol dire che quella imbeccata è andata a buon fine (anche se non tutti gli Agenti sposano in pieno le idee del Sindacato...). Innanzitutto l'entità delle multe, mostruosa e controproducente (ma alcuni Senatori propongono di innalzarle - gentilmente tutte a carico delle Compagnie - da 500.000 Euro ad un milione di Euro... un milione di Euro se non ci sarà un'Agenzia aperta in ogni provincia italiana per ogni Compagnia assicuratrice...); poi c'è il discorso dei tre preventivi, che ogni intermediario dovrebbe rilasciare da tre Compagnie diverse quanto meno se "da lui rappresentate". Evviva, si è capito che non ha senso mostrare quanto è valido il rapporto qualità/prezzo Citroen se io vendo BMW. Oppure, sempre sui tre preventivi, si propone l'obbligo di rilasciarli solo a chi "ne faccia richiesta", che detta così sembra cosa buffissima tanto è banale, ma solo in apparenza; in questo periodo di interregno ho costretto molti Clienti ad ascoltare la tiritera sulle Compagnie altrui, anche se continuavano a ripetermi: "Non me ne frega niente, voglio fare la Polizza con te! Ti pago di più basta che stai zitta e mi fai andare!" E invece no, ti lego alla sedia e ti leggo i tuoi diritti, contento?
Poi - si sa - in ogni gruppo di amici c'è chi ha più fantasia degli altri (cito testualmente alcuni  emendamenti che mi hanno a dir poco incuriosito):
- "I soggetti che distribuiscono coperture assicurative relative alla circolazioni di veicoli sono tenuti a mettere a disposizione nei propri locali un adeguato ed agevole collegamento informativo per consentire ai propri Clienti di connettersi con il preventivatore tariffario (...). Il Cliente che abbia stipulato un contratto assicurativo RCA in locali sprovvisti di quanto previsto potrà chiedere il rimborso totale del premio versato" (magari mentre chatta gli diamo anche un panino con la mortadella)
- "E' fatto obbligo a tutte le Compagnie assicuratrici abilitate nei Rami Danni all'esercizio del Ramo RC Auto di estendere la propria presenza organizzata almeno nel settore di cui sopra e nei limiti dell'obbligatorietà come da L. 990/69 e ss.mm. in tutte le aree geografiche italiane in misura non inferiore al 25% del loro portafoglio RC Auto" (cosa vuol dire?)
- "Calmiere per gli aumenti RC Auto: l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato fissa le tariffe massime, che devono prevedere una riduzione di almeno il trenta per cento" (trenta per cento di che? E perchè non venti? O quaranta?)
- "Introduzione del Tasso Unico di Costo della Polizza Assicurativa - TUCPA" (questo è per gli amanti dell'acronimo, strano che non abbiano proposto una bella sigla in inglese)
Fa sorridere anche la nebulosa che avvolge i nostri Senatori circa i tempi di attuazione/adeguamento agli obblighi dati dal Decreto: chi dice sessanta giorni, chi 4 mesi, chi 6 mesi... Come se programmare un'Agenzia in plurimandato fosse semplice ed immediato come comprare il pane: due rosette, prego. Un clic sul computer e mi arriva bello e pronto un mandato dalla Assital Dei Tali. Come no, una firma e sei operativo.
Leggendo fra le righe si torna a quanto ognuno di noi sa, anche il più piccolo Agente di provincia, senza scomodare chissà quanti Senatori: se non c'è un modo pragmatico per realizzare un vero plurimandato (che dia nuove opportunità, e non nuovi costi), allora è meglio che si torni - e alla svelta - alle tariffe RCA ministeriali. Molti emendamenti infatti invocano un intervento drastico dell'ISVAP per calmierare, verificare, mettere dei minimi e dei massimi alle tariffe delle varie Compagnie, tracciando linee guida e/o parametri base, di fatto quindi riducendo ogni margine di personalizzazione. Andrà a finire che l'articolo 34 verrà stralciato di sana pianta e si dovrà ricominciare tutto daccapo.