L’Articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori: ultimamente non si parla d’altro. Vai al bar per un caffè e come minimo sono in due che si accapigliano, uno che dà ragione al Governo, l’altro no, e siccome sanno che sei un “datore di lavoro” cercano di coinvolgerti con le argomentazioni più disparate. Tra i dipendenti dall'ospedale alla banca serpeggiano voci discordanti. Lo urlano perfino al mercato. Prima che lo inseriscano nei libri di scuola (“articoli determinativi: il-lo-la-i-gli-le-diciotto”) ho voluto documentarmi un po’ anch’io; nella mia realtà lavorativa è cosa che non trova applicazione, visto che ho tre soli dipendenti, ma non amo molto fare la figura della disinformata. Confido nel profondo che tutte le persone che in questi giorni parlano della riforma del mercato del lavoro abbiano fatto esattamente il percorso che ho fatto io: i due del bar, i dipendenti dell’ospedale e della banca, gli urlatori del mercato. Anche perché in caso contrario, perché riempirsi la bocca di cose che non si sanno (questo è il vero Sport Nazionale, altro che il calcio)?
Cosa ho fatto io è molto semplice: sono andata su Internet, dove tutto ormai è disponibile, e mi sono stampata la relazione del Ministro Fornero, che poi è composta da 26 cartelle scritte larghe in formato A4, molte meno di uno qualunque dei nostri Libretti di Condizioni Contrattuali, quindi scorre via abbastanza velocemente. Volendomi limitare al Grande Accusato, il famoso Articolo, ho sostato un po’ più a lungo sulla parte che disciplina la “Flessibilità in uscita e tutele del lavoratore”; e già che c’ero, mi sono data una spolveratina anche al testo originale dell’articolo leggendolo direttamente dalla Legge 300/1970 (lo Statuto), nonché alla Legge 604/1966 “Norme sui licenziamenti individuali”, che regolamentava i licenziamenti prima della Legge 300, e che ancora vale per le imprese piccoline come la mia (per le più grosse, quelle con più di 15 dipendenti in ambito comunale o 60 in ambito nazionale, vale per tutto ciò che non è stato nel tempo successivamente derogato). La 604 è particolarmente rapida, consta in tutto di 14 articoli, si può anche leggere per intero senza sbuffare rispetto alla 300. Tutta questa operazione non porta via tanto tempo, non più di un’oretta, ricerca su Google compresa.
La conclusione che ne ho tratto è altrettanto semplice: o c’è qualcosa che mi sfugge, qualcosa che non ho capito bene, qualcosa che non so interpretare - ed è possibile, ci mancherebbe, del resto quel signore del bar che era così incavolato con il Ministro Fornero che “sta-mandando-tutti-a-casa” e che “fa-il-gioco-dei-padroni” (possibile che nel 2012 si debba ancora sentire in giro gente che dice “i padroni”? Quasi quasi domani chiamo Le Ragazze e da una mi faccio lustrare le scarpe, da un’altra mi faccio servire il pranzo ed alla terza ordino di stirarmi le tende, ovviamente dopo averle lavate al mastello, sempre che tornino in tempo dai miei campi di cotone) sarà più abituato di me alla lettura di testi scritti in burocratese, io con il lavoro che faccio in effetti ne vedo ben pochi, vero – oppure ho letto i testi sbagliati.
La prima considerazione che mi viene è che dal 1966/1970 ad oggi è passata un po’ di acqua sotto i ponti, e che anche un primate capirebbe che è ora di svecchiare certe Leggi. Non ho mai lavorato in fabbrica, ma comunque ne ho viste più di una per lavoro (se non altro quelle che ho visitato per poi assicurarle), e si converrà con me che rispetto ai primi anni ’70 le condizioni di igiene, sicurezza e tutela dei lavoratori sono mutate, diverse, migliorate. Come c’è stata una naturale, sacrosanta e doverosa evoluzione in queste cose, dovrebbe esserci anche nella parte normativa, altrimenti si rischia di passare da avere solo doveri e niente diritti all’esatto opposto, e non va bene né questo né quello. Ma a parte questa considerazione sul tempo che passa, scrivo quello che ritengo di aver capito dai fogli della Riforma.
Cercando di semplificare al massimo (e bisognerà che mi venga perdonata qualche imperfezione ma quando si semplifica si tende alla banalità) i licenziamenti possono essere di tre tipi:
1) Ti mando via perché sei donna e mi sfornerai un sacco di figli, oppure perché sei nero e qua di neri non ne vogliamo, oppure perché sei musulmano ed è peggio ancora del nero, oppure perché fai attività sindacale: tutti questi esempi sono “licenziamenti discriminatori”
2) Ti mando via perché mi hai rubato dalla cassa, perché sei un grandissimo rompiballe e baruffi con tutti i colleghi, perché ti ho beccato a dormire invece di lavorare: questi invece sono “licenziamenti disciplinari”
3) Ti mando via perché la Ditta va male, c’è la crisi, non riesco più a pagarti lo stipendio e sto per chiudere: questi sono “licenziamenti economici”
Mi par di capire che per quanto riguarda i licenziamenti discriminatori non cambia assolutamente niente: non andavano bene prima e non andranno bene neanche adesso. Se il giudice becca te datore di lavoro a licenziare la gente per questi motivi ti obbliga a riassumerla, ed a pagare i danni con una serie di mensilità. Quindi non capisco tutto questo casino visto che sulle cose più gravi, sui licenziamenti che realmente vanno a colpire dei poveracci che non hanno fatto nulla per essere licenziati, che sono brave persone e bravi lavoratori ma con la sola “colpa” di essere donne, o mussulmani, o chi più ne ha più ne metta, la tutela è sempre garantita e molto ampia. E ci aggiungo un bel "per fortuna, ci mancherebbe!".
Cambia ben poco anche nei licenziamenti disciplinari, quelli cioè dove ci deve essere una GIUSTA CAUSA per mandare via il ladro, o l’attaccabrighe, o l’assonnato. Posto che il giudice appuri che la giusta causa NON c’è (perché SE C'E' è evidente che il datore di lavoro DEVE avere la possibilità di mandar via un ladro attaccabrighe sonnacchioso), il licenziamento è annullato ed il lavoratore viene ripreso ed indennizzato. Esattamente come prima. L’unica cosa in più è che il lavoratore può SCEGLIERE se tornare al lavoro oppure andarsene con in tasca 15 mensilità. E devo dire che non mi sembra poi tutta questa schifezza; non deve essere piacevole tornare a lavorare in un ambiente dove hanno sospettato di te, dove probabilmente i colleghi ti guarderanno in cagnesco, dove il “padrone” (!!) ti starà col fiato sul collo. Se hai pelo sullo stomaco e ti piace giocare alla guerra del “lo-faccio-per-principio” per carità, la vita è tua, ma anche cambiare aria con 15 mesi sicuri di stipendio in tasca non è da buttare. Io da dipendente me ne andrei, ma è un parere personale, nulla ti vieta di rimanere, soprattutto se il giudice ti ha ripulito la coscienza.
L’ultimo caso è quello del datore di lavoro impoverito come l’uranio. Ancora una volta posto che non sia vero che non ha soldi: se io ti licenzio dicendo che sto per fallire e poi si scopre che ho i miliardi in Svizzera il giudice fa bene a rovesciarmi come un calzino. Per contro, se davvero l’Azienda non ha più un centesimo, c’è poco da piangere: si va tutti a casa. Ancora una volta è un parere personale, ma lo griderei ai quattro venti: non sono solo i lavoratori dipendenti che sentono la crisi, prima di loro la sentono le Ditte, e mi dispiace tanto ma non siamo qui a fare beneficenza. Ma mettiamo che l’ipotetico lavoratore venga effettivamente licenziato da un Gran Bastardo che vuole chiudere nascondendo il gruzzolo: con le nuove regole non ne verrà disposta la riassunzione (ma tanto che te frega di lavorare in una fabbrica che sta per chiudere? Perché il tuo datore di lavoro la chiuderà, come ti aveva detto, e poi andrà a godersi i miliardi da qualche parte, sempre che la Finanza non lo becchi prima come speriamo tutti), ma c’è pur sempre il famoso indennizzo di una ventina di stipendi. E in questi casi, se sei davvero un bravo dipendente – onesto, leale, gran lavoratore, magari anche specializzato – ed è il datore di lavoro il cattivone evasore bugiardo, di sicuro trovi un altro lavoro prima di finirli. Certo, a meno che tu non sia davvero un ladro, o uno che dorme, o uno che rompe la merce apposta, o che molesta i colleghi, o che gioca a carte in orario di lavoro, e la cosa sia ampiamente risaputa, ma hai trovato comunque il giudice che ti ha dato ragione. In quel caso no, forse trovare un altro lavoro non sarà così facile, ma avresti anche il coraggio di lamentarti?
Tra l’altro, se proprio vogliamo completare il quadro “alla tedesca”, si potrebbe anche inserire una norma in più per i licenziamenti economici veri, quelli in cui il datore di lavoro è strozzato e deve per forza mettere in strada qualcuno: va bene, sei strozzato e capiamo che devi licenziare, ma se dopodomani le cose gireranno per il verso giusto dovrai dare la precedenza, nell’assumere di nuovo del personale, agli stessi lavoratori che hai mandato via ieri. Se loro nel frattempo si sono sistemati e ti dicono di no allora puoi assumere qualcun altro, altrimenti te li riprendi così come li hai mandati via. In questo modo si evita anche il giochino di approfittare dell’evidente crisi per eliminare chi ti sta antipatico.
Finito qui, a me sembra tutto molto semplice: si bacchettano i datori di lavoro birichini, si proteggono i lavoratori bravi, si cerca di dare una mano in più ai lavoratori in genere sotto forma di soldi, che sono quello che manca adesso. Tra l’altro, al di là della specifica parte sull’Articolo Diciotto, mi pare che si stia anche cercando di mettere un freno a tutto quel marasma di contratti e contrattini anomali (a chiamata, a progetto, intermittente, con le scarpe rosse, con la giacca verde) nati nel 2003 per far girare l’economia e dar lavoro in fretta a tanti, e che in realtà in breve tempo (suvvia, in fin dei conti siamo in Italia, mica in Danimarca!) si sono trasformati nel modo migliore per sfruttare – senza impegnarsi più di tanto – la gente che lavora e che deve tacere e mandar giù fiele perché non c’è altro. Perché ne stanno facendo saltar fuori un putiferio? Non è che PER CASO c’è in giro gente che deve protestare solo per giustificare la propria esistenza, i propri emolumenti, il proprio ruolo? Non è che PER CASO i mass-media, un po’ tutti, con diverse campane, hanno scritto cose incomplete o lievemente fuorvianti, magari anche non volutamente ma per mera superficialità (del resto ne scrivono di boiate sulle assicurazioni, per esempio, boiate a cui la gente crede a prescindere senza documentarsi, e su questo posso dire di saperne qualcosa, non solo per un’oretta persa a leggermi fogli tirati giù da Internet; se lo fanno su un argomento nulla toglie che possano farlo su qualunque altro)? Non è che PER CASO il problema principale in Italia non è il lavoro (fornirlo, trovarlo, normarlo) ma la giustizia, lentissima e spesso di parte se non altro per fare bella figura e creare dei casi da giornale (a doppio senso, difendendo ora imprenditori senza scrupoli ora lavoratori che sarebbero da cacciare a calci, senza una logica precisa)?
Prego chiunque ne sappia qualcosa con cognizione di causa di correggermi se sbaglio!