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mercoledì 4 luglio 2012

Praticità spiccia

Ieri mi sono divertita, tutto sommato nonostante la crisi vado spesso a casa con il sorriso sulle labbra, prima o poi i miei post vireranno decisamente verso il comico, nonostante io abbia scoperto l'esistenza di Ringhia.
E' venuto da me un carissimo Cliente veneziano, anzi per l'esattezza della Giudecca; praticamente per venire da me alle quattro di pomeriggio è partito alla mattina presto con il sacchetto dei panini imbottiti e il bottiglione di prosecco. E' sempre un'esperienza nuova parlare con i veneziani veri, dal momento che per noi terraioli già è difficile capire bene tutto quello che dicono, non parliamo poi di me che a dialetto sono messa malissimo, e un po’ mi dispiace. I miei genitori mi hanno sempre parlato in italiano, mentre tra di loro - o con le zie, o i nonni - parlavano dialetto; in questo modo io ed i miei fratelli siamo cresciuti capendo bene o male il dialetto ma senza parlarlo, ed è una perdita di un pezzo di storia (però ho vissuto per alcuni anni in Friuli, e nonostante non fosse poi così distante gli amici friulani comunque ridacchiavano del mio modo di parlare un italiano perfetto, ma altrettanto perfettamente cantilenante). Preciso che ho sempre ritenuto abbastanza ridicola la proposta che la Lega aveva fatto anni fa di reinserire lo studio dei dialetti nelle scuole, visto che le classi dei bambini sono composte praticamente da venti etnie diverse, e già deve essere complicato gestire il tutto in un italiano corretto (al limite posso capire qualche ora extra per dialetti che dialetti non sono, tipo il ladino che è una vera e propria lingua). Ma è certo che a livello di tradizione, di senso di appartenenza ad un passato, molte cose vanno perse, ed è un peccato, quindi quando me ne arriva uno in ufficio cerco di sfruttare l'occasione. E poi la mia mamma è giudecchina anche lei, quindi da me i giudecchini hanno una corsia preferenziale.
Questo signore ha preso in affitto un "magasen par roba", un magazzino, vale a dire uno spazio che mi immagino angusto, senza finestre, con tutta probabilità con i fili della corrente a vista e qualche bestiaccia pelosa in giro, in cui in teoria dovrebbe mettere gli scatoloni con i ricordi di famiglia, mentre in pratica ci si ammucchieranno merci "da banchetto" tra le più disparate: magliette, felpe, ombrellini, bottigliette piene, bottigliette vuote, scarti di vetrini di Murano, maschere, cartoline e guide turistiche, palle di vetro con la neve finta sul campanile o sul leone, macchinette fotografiche usa-e-getta, gondole in plastica con l’omino e le lucine, gondole in vetro senza omini e senza lucine, sciarpe delle squadre di calcio europee (perchè tutti sanno che un tedesco viene a Venezia solo per comprarsi una sciarpa dell'Arsenal...), eccetera eccetera. Ovviamente era preoccupato per eventuali incendi (non tanto per il suo cumulo di ciarpame da turisti, quanto per le svariate centinaia di migliaia di Euro rappresentate dagli appartamenti di sopra), e voleva assicurarsi. Attenzione encomiabile, tra l’altro, che non è da tutti (tre punti ai giudecchini).
Ora, quando si redige una Polizza Incendio per un deposito commerciale la prima cosa da fare è identificare la categoria merceologica della merce, perchè da quella deriva tutto il resto: è evidente che tenere a deposito del marmo in lastre non ha lo stesso rischio che tenerci risme di carta. Le Polizze cosiddette "standard" (quelle con un codicino che vale per tutto, onde poter stampare la Polizza con un clic senza doverla dattiloscrivere in ogni parte, visto che per un contratto da 100 Euro non posso perdere una giornata) hanno una lista dalla A alla Z che dovrebbe rendere l’operazione più semplice. Ma qui non ne venivamo fuori, ed il mio povero Assicurato cominciava ad agitarsi, credendo che fossi io a non volergli rilasciare la copertura, per chissà quale atto di sfiducia nei suoi confronti. In realtà una parola per definire tutta la "roba" del suo magazzino esiste, una parola veneziana che va oltre il significato di "cianfrusaglie", una parola che racchiude esattamente tutto il sapore di un "vecio magasen" di 15 metri quadri, pieno di umidità, di ragni e chissà quale altra fauna, ed è STRIGOSSI. Quando l'ho detta lui si è illuminato, ha tirato un respiro di sollievo e ha detto: "Ecco, méta pur quéo". Poi mi ha buttato lì 200 Euro ed è uscito tutto soddisfatto, alla faccia del Questionario di Adeguatezza.

1 commento:

  1. da dizionario.babylon.com:
    definizione di "strigosso": -it "cianfrusaglia, ninnolo, fronzolo, gingillo"; -en "knickknacks, gewgawgs, gimcracks"; -ia "bagatella, joculo". Chissà quale delle categorie merceologiche della lista si avvicina maggiormente a tutti quei GEWGAWS!

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