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lunedì 13 febbraio 2012

Telelegàmi

Mi piace la Vecchiato Arte perché quando ci vai ti trovi a parlare con le stesse persone che presentano le opere in televisione. Vedo in televisione Riccardo Sandonà che si infervora su un marmo di Rabarama, e poi se vado lì ci posso parlare e “sentire” le stesse cose de visu, così capisco che ci crede veramente.
Il mezzo televisivo è potentissimo, perché crea questa sorta di legame psico-fisico tra il presentatore e il telespettatore; cosa che a Telemarket per esempio sanno benissimo (per me sono dei geni del marketing, l’ho detto e ridetto), tant’è vero che certi artisti sono presentati sempre dalla stessa persona. E’ come una sorta di filo interiore. Tuttavia poi il palco cade quando, al momento di concretizzare gli acquisti, devi interfacciare con altra gente. Mi rendo conto che per un’organizzazione immensa come quella del buon Corbelli non è possibile fare altrimenti: mica possono mandarti a casa Gianluca Gaudio con le sue “care amiche”, o in TV o in furgone. E poi di presentatori – parlo per l’arte contemporanea – ne hanno cinque, di addetti alla consegna ne serviranno almeno venti. Lo capisco, però bisognerebbe pensarci su.  
Per questo ad esempio noi preferiamo andare personalmente da Orler a ritirare le cose che compriamo (a costo di rompere un pochino standogli sempre in mezzo ai piedi), a parte il fatto che ci mettiamo dieci minuti scarsi di macchina. Andando lì puoi incontrare chi ti ha guardato negli occhi quando ti ha detto “compralo”, chi ti ha convinto, chi ha avuto – anche se per un momento – la tua totale fiducia; puoi stringergli la mano e capire se quel “compralo” l’aveva detto per copione fissando un obiettivo nero, oppure se davvero ci vedeva i tuoi occhi, dall’altra parte. Senza nulla togliere ai ragazzi Orler, soprattutto adesso che ci siamo fissati con i tappeti; ai tappeti ci sono molti della terza generazione Orler (i nipotini di Ermanno), e ci piacciono: gran lavoratori, educati, gentili. Sempre detto da una che non ha avuto figli, e che quindi tutte le volte che interagisce con gente dai vent’anni in giù usa come metro di giudizio il semplice “l’avrei voluto come figlio mio”. Sì/no. Elementare, forse banale, immediato.
E’ importante per chi vende arte in televisione capire quanto può essere rischioso interrompere il legame che il presentatore crea: si riduce tutto a sola vendita, affossando sia l’aspetto consulenziale della trattativa, sia l’emotività data da un acquisto d’arte. Intendo, non sto comprando un’automobile che oltre che piacermi deve essere funzionale: avere il volante, quattro ruote, un buon motore. Non sto comprando una penna, che deve sostanzialmente scrivere bene, o un ombrello, che deve essere robusto e fermare la pioggia. Con l'arte acquisti cose in cui la componente del “mi piace” (cioè il massimo del soggettivo) è altissima, unita ad un po’ di rischio dovuto alla speranza di non buttar via i tuoi soldi.
Lo vedo anche in Agenzia da me, sebbene sia vendita senza televisione, ma è comunque vendita di un qualcosa che non si vede e non si tocca: l’assicurazione è fumo, che cavolo paghi? Paghi la fiducia in una persona, visto che la prova se una Polizza è ben fatta e utile l’avrai solo in caso di sinistro (potenzialmente quindi anche mai, si spera). Si crea quindi un legame umano con chi vende che va oltre la firma momentanea, tant’è che cominciano ad accorgersene anche le Compagnie che operano in Internet e ti danno il “consulente personale”, in teoria sempre lui (mi chiedo come fanno, a livello Italia, e con il turnover che un Call Center ha abitualmente). Capita che miei Clienti chiedano di me anche solo per sapere a che ora chiude l’ufficio distaccato, cosa che ovviamente sa bene anche la signora che ha risposto per prima. Anche le Ragazze hanno i loro aficionados, che non vengono al mattino o al pomeriggio casualmente, ma proprio per trovare in reception la loro prediletta.
Credo sia normale. E credo sia importante aver ben chiaro quale tipo di messaggio si vuol far passare tramite l’onnipresente occhio nero.

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