Recentemente mi sono trovata a prendere una decisione che non avevo mai preso prima; la crisi si sente anche nel nostro settore, eccome se si sente, anche se tanta gente pensa che non sia così e che gli assicuratori siano tutti pieni di soldi perchè "l'assicurazione è obbligatoria, bisogna pagarla". A parte il fatto che c'è un numero sempre più alto e preoccupante di persone che non lo assolvono, quell'obbligo, e circolano con la macchina o con il furgone da lavoro scoperti (incoscienti come minimo, quando non criminali), ormai tutte le richieste sono a ribasso, per cercare di spendere meno (eliminare coperture non obbligatorie o ridurre all'osso quelle obbligatorie). Le Polizze che restano lì arretrate non si contano, e non ha senso - nella maggioranza dei casi - minacciare l'azione legale per il recupero, tanto non si cava sangue dalle rape. Qualche volta la mando avanti, l'azione legale, ma solo se mi rendo conto che il mancato pagamento è una ripicca, o un tentativo di evitare la disdetta pur volendo assicurarsi altrove; tuttavia in molti casi si è davvero davanti a famiglie che devono decidere se pagare la Polizza della casa o la bolletta della luce, e allora si lascia perdere, sperando che si ricordino del tuo buon cuore e ritornino da te, in futuri tempi di vacche grasse.
Come per le famiglie italiane, anche per me calano le entrate mentre le uscite restano le stesse: affitti, bollette, stipendi & contributi, parcelle del commercialista e del consulente del lavoro, la rivalsa da pagare... La "rivalsa", per chi non è addentro al settore, è l'enorme somma che devo versare alla Compagnia (opportunamente mensilizzata) per avermi "affidato" l'Agenzia che gestisco, perchè non è che te la diano perchè sei bello e bravo, praticamente la devi "comprare". Sono soldi che in teoria poi ti ritorneranno sotto forma di liquidazione quando andrai via, salvo che qualche legislatore intervenga e la sforbici un pochino (chissà se Bersani si è mai chiesto quale ripercussione ha avuto la sua Legge 40 sulle rivalse degli Agenti più giovani: io sto ancora pagando un portafoglio calcolato su Polizze di durata decennale, mentre nel frattempo metà di queste se ne sono già andate anzitempo!). L'anno scorso quindi, nell'impossibilità di aumentare le entrate, ho dovuto metter mano drasticamente ai costi dell'Agenzia, come ogni buon imprenditore che si rispetti e che non voglia chiudere la baracca. In questo modo l'economia si involve e stagna, ma nell'immediato è l'unica soluzione. Anch'io quindi ho chiesto di spendere meno, ho ridotto le spese pubblicitarie, verificato le utenze, ottimizzato gli spostamenti (quel maledetto gasolio!). E poi ho convocato le Ragazze, perchè c'era bisogno di sforbiciare anche lì. Mi era già capitato di interrompere dei rapporti di lavoro, ma era sempre successo perchè c'era qualcosa che non andava nella persona da mandare via; del resto, prima di trovare la persona giusta bisogna fare un po' di prove, come nella vita (chi si sposa con il primo fidanzatino?!). Mai accontentarsi della prima faccia che ti passa il convento. Mi è capitato di dire a una persona "non sei adatto a questo tipo di lavoro" (dopo averle provate tutte, non si può fare beneficenza in ufficio, non con lo stipendio per lo meno), come del resto mi è capitato di sentirmi dire "me ne vado, non mi piace questo lavoro, non è quello che credevo", e ci sta: uno prova, si mette in gioco, può andare bene oppure no.
Questa volta invece è stato diverso, perchè le Ragazze andavano bene, il clima generale tra di loro era buono, ma neanche dalle rape dell'Agenzia si cava il sangue. E' stato brutto per vari motivi: per cercare di essere corretta e di non far cadere dal cielo in un amen una decisione che avrebbe potuto cambiare bene o male le loro vite ne abbiamo parlato insieme con un bel preavviso (vari mesi), in modo che tutte e tre si sentissero responsabilizzate e conscie della situazione. Il risultato è stato che, invece di dare ognuna il meglio di sè, hanno cominciato a guardarsi in cagnesco, e questo "mors tua vita mea" ha portato il clima dell'ufficio a livelli di tensione inaudita, cosicchè sentivo di non potermi fidare di nessuna delle tre. Ho scelto egoisticamente e "per il bene dell'azienda", come doveva essere: poichè gestisco due uffici tre persone mi servono, non puoi tenere aperti due sportelli con due persone sole, perchè ci sono le ferie, le malattie, le recite dei bambini, il mal di testa, lo sciopero degli autobus... E poi le avevo scelte apposta una diversa dall'altra, e una diversa dall'altra mi servivano: la naturale empatia di una mette a suo agio i Clienti, ma poi serve la precisione di un'altra affinchè in ufficio regni l'ordine. La scelta è stata tenerle tutte tre, tutte in part-time.
Sono passati quasi tre mesi da quando c'è questo nuovo stato di cose, e il clima continua a non essere dei migliori; la scelta si è rivelata azzeccata per la realtà dell'ufficio, visto che il lavoro è calato drasticamente, ma lo strascico si sente. Chissà, forse avevo sbagliato fin dall'inizio a cercare di creare un ambiente "familiare", dove fossimo tutti molto uniti, dove si potesse parlare ed essere ascoltati. Forse avrei dovuto mantenere un atteggiamento distaccato, di quelli che fanno pesare la gerarchia, senza raccontare i fatti miei o ascoltare le loro confidenze, le loro storie, le loro speranze ed aspettative. Una di loro (conoscono tutte la mia passione per l'arte) mi ha detto che si è sentita barattata con un quadro. E' stata una frase orribile, che mi ha ferito molto. Le ho dato l'unica risposta possibile, che del resto è la pura verità: cosa faccio io con i soldi miei non è affar suo. Nel senso: ogni mese io mi accantono una sorta di stipendio in qualità di Titolare, e cosa vado a fare con quei soldi e con quelli dei miei risparmi personali (se mi ci pago le ferie, o mi compro vagoni di scarpe facendo in compenso la fame, o mi ci ubriaco, o compro quadri, o BOT, o me li fumo in Borsa) sono solo problemi miei. I loro stipendi, come tutti i costi aziendali, sono pagati con i soldi aziendali; dei miei soldi personali non devo di certo rendere conto a loro. Ma al di là di quello che le ho dovuto rispondere, la cosa mi ha fatto anche riflettere, perchè è naturale che se le cose in azienda non vanno bene un dipendente possa pensare che il Titolare debba calarsi lo stipendio. E' sì o è no? Io critico profondamente gli imprenditori che licenziano i propri dipendenti e poi vanno in giro in Ferrari, ma non è neanche pensabile che io come Titolare prenda a fine mese meno di un mio dipendente! Se perdo Clienti (attività che chiudono, famiglie senza lavoro…) e le mie provvigioni decrementano di un importo pari ad uno stipendio, potrà essere logico eliminare quel costo, posto che la persona che percepisce quello stipendio vuole continuare a svolgere le mansioni abituali, perchè non può o non vuole fare altro? Si fa un gran parlare e sparlare dell’articolo 18 (non mi riguarda come numeri, ma è un concetto che tocca tutti), che al di là di quello che dice esattamente è diventato il simbolo della tutela del lavoratore dipendente: e della tutela del lavoratore autonomo chi si occupa? Io lavoro come minimo il triplo di te mio dipendente, in termini di tempo ed in termini di impegno, non ho ferie e/o malattie pagate, ho obblighi enormi datemi dalle Leggi nei confronti dei consumatori con risvolti civili e penali pesantissimi, mentre tu mio dipendente fai il tuo lavoro con diligenza e la cosa finisce lì. Dovrei forse ridurmi lo stipendio perchè tu fai fatica a pagare il mutuo? Dove devono finire il rispetto e la lealtà per me "persona giuridica" ed iniziare quelli per me "persona fisica"? Domande e dubbi etici senza risposta, credo. Poi, mentre io mi dibatto tra questi pensieri, una di loro va a fare un colloquio da un Collega e a momenti mi dà le dimissioni senza preoccuparsi di chiedere se la assumono a tempo indeterminato piuttosto che per sostituire una maternità, e se non glielo faccio notare io rischia di trovarsi per strada. Della serie, chi ha il pelo sullo stomaco e chi no.