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venerdì 20 gennaio 2012

Intermezzo

Un po’ di introspezione visto che da qualche giorno ho fatto il giro del paletto, sono arrivata alla metà dell’impegno preso con me stessa di postare tutti i giorni, una volta al giorno, per quaranta giorni (che poi è come una Quaresima, vale a dire un percorso di sofferenza e redenzione verso una gioia più grande, ma me ne sono resa conto solo adesso; quando avevo fissato questo termine avevo solo pensato prosaicamente ad un periodo che fosse sufficientemente breve e sufficientemente lungo allo stesso tempo). Sono estremamente soddisfatta, questa prova del blog mi ha fatto un gran bene, e lo noto non solo perché lo sento – sento che sto meglio – ma anche perché mi sono andata a rileggere i primi post e la scrittura era nettamente diversa: più cupa, secca, meno fluida, senza ironia (magari con sarcasmo, che però è cosa diversa, più pesante e buia). Ora invece la sento scorrere che è una meraviglia, mi sembra di essere tornata a scuola quando arrivavano le tre ore del compito in classe di italiano. Solitamente quel giorno la classe si spaccava in due: quelli che amano scrivere e quelli che ne sono terrorizzati. Non perché siano meno intelligenti, assolutamente, anzi! Ma solo perché come in tutte le cose anche per scrivere bisogna essere portati: per alcuni è un tormento, per altri gioia pura. Io ricadevo in questa seconda categoria, e con un po’ di immodestia devo dire che era una categoria in cui in quanto a gioia dominavo nettamente. Ricordo bene ancora adesso l’adrenalina che provavo durante la dettatura dei titoli, solitamente quattro: tema di letteratura, tema su La Divina Commedia (Inferno in terza, Purgatorio in quarta, Paradiso in quinta), tema di attualità e tema di introspezione. Ricordo il fremito alla mano destra pronta, paragonabile al vroom-vroom delle moto alla partenza di un Gran Premio, ancora tutte ferme ma pronte al balzo fulmineo in avanti. Io fin dalle medie ho sempre usato la stilografica, sempre lo stesso modello, una Aurora liscissima color acciaio con il pennino in oro bianco che mi era stata regalata come buon augurio e che è diventata il mio simbolo. L’ho portata fino all’Università, e quando il fusto si usurava ne compravo un’altra uguale, leggerissima, mai un crampo (altro che le biro), e gli appunti scorrevano come olio. Poi alla fine dell’Università sono arrivati i computers: i primi, enormi e rumorosi, video ad un colore solo, arancione su fondo nero o verde su fondo nero (vecchissimi Intel386-486). Ho battuto la tesi con un programma terrificante che si chiamava Writing Assistant su un 8086. E da lì il predominio dell’elettronica è stato “rapidissimo e vorace” (questa  è una citazione da “Quando la moglie è in vacanza”, sono certissima che Maxrik0104 l’ha beccata subito), tant’è che adesso se devo scrivere qualunque cosa che vada oltre la lista della spesa è più immediato farlo a video; negli anni mi è anche sparito il callo all’anulare (non al medio, perché tengo la penna in modo non corretto fin dalle elementari, ma pare che la cosa non abbia mai inficiato il risultato).
Tornando al giorno dei temi, ricordo come “vedevo” immediatamente, d’istinto, la traccia per tutti e quattro: incipit arguto, sviluppo dei punti fondamentali, approfondimento, chiusura. Ed indugiavo nel sottile piacere di sceglierne uno per me, che avrei scritto direttamente in “bella” (non ho mai capito a cosa servisse la “brutta”, non concepisco neanche l’accostamento del termine “brutta” a qualcosa che c’entri con lo scrivere) e quindi in un’oretta e mezza. L’altra oretta e mezza la passavo a scrivere qualcosa per chi aveva scelto gli altri titoli, gratis per le amiche e a pagamento per tutti gli altri (magari un panino alla ricreazione, ma bisogna imparare fin da ragazzini che le cose o le sai fare o devi pagare qualcuno che te le faccia, o forse l’idraulico i tubi a te li giusta gratis?). Poi il tema di letteratura e quello su Dante, uno fatto in aula e l'altro a casa per piacer mio (o entrambi a casa nel caso in aula avessi scelto uno degli altri titoli) venivano rigorosamente fotocopiati e venduti come alternativa al Bignami a mezzo Liceo, questi sì per soldi (100 lire a facciata). Ragazzi, la vita costa, di cosa vi scandalizzate?
Comunque sono contenta, è stata davvero “scrittura terapeutica”; certo, per ora resta solo il mio Diario, visto che non c’è gran scambio di idee, ma forse è anche colpa mia perché in teoria dovrei promuovermi in qualche modo, dire a chi conosco che vada a leggermi, passare qualche bigliettino in giro, mentre io mantengo volutamente un profilo bassissimo traendo benefici immensi solo per il fatto di averlo, questo blog, di entrare e vedere quello stratosferico Dalì che campeggia in apertura. E’ la mia ora d’aria: c’è chi va in palestra in pausa pranzo, chi va a farsi fare un massaggio o le unghie, io ho quest’ora MIA. Al mattino mi alzo e mentre mi lavo, o faccio colazione, penso ad un argomento, immagino la traccia, indugio sui termini da usare. E prima o poi durante il giorno il momento di scrivere arriva, quasi quasi preferisco non subito, così mi gusto l’attesa prima della stesura, molto leopardianamente. Tutto per me. Tra l'altro, proprio perchè è un Diario, mi piace un sacco poter usare un linguaggio colloquiale che lasci spazio a qualche lieve errore (so perfettamente che "l'idraulico i tubi a te li giusta" non andrebbe bene, ma rende), e che giochi a rivolgersi ad una sorta di auditorium. Mi sembra come scrivevo alle medie, prima che la solerte e lungimirante montaliana mi modificasse drasticamente, spiegandomi il modo corretto di svolgere un componimento scolastico "asettico". Così facendo ho sempre scritto bellissimi temi, ma sicuramente meno divertenti. Allora avanti! 
A proposito, il commento che Maxrik0104 ha lasciato al post “Un segreto” non vale ai fini dell’impegno dei 40 giorni, perché Maxrik0104 è persona che conosco benissimo da innumerevoli anni, e che mi conosce da altrettanto innumerevoli. A dire il vero, molti degli argomenti dei miei post sono per noi argomenti di conversazione (non tutti, non ci declamiamo a vicenda le liriche di Montale). Quindi niente da fare, attenderò l’interesse di un vero estraneo per decidere.

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